Gli americani di Chateaubriand

Gli americani di Chateaubriand Nuova edizione del «Viaggio in America Gli americani di Chateaubriand Soltanto oggi si è potuto stabilire con certezza che i «ricordi» del celebre cadetto di Bretagna sono in gran parte frutto di fantasia - Ma è anche vero che lo scrittore ha saputo interpretare con acutezza lo spirito del nuovo mondo Brutti anni corrono per Chateaubriand. Il celebre cadetto di Bretagna aaaiate impotente alla lenta diminuzione del suo prestigio tanto presso il grande pubblico come presso gli specialisti. Fatto significativo di una decadenza allarmante è che sul luogo della sventura sia giunto, proprio in questi mesi, il critico più inclemente del nostro tempo, lo studioso sempre pronto a firmare l'atto di decesso di un'opera o di uno scrittore. Henri Guillemin, dopo aver dato prova della sua forza corrosiva sfigurando Vigny, Constant. Zola ed altri scrittori dell'Ottocento, proprio ora ha messo in opera il suo metodo denigratorio divulgando, con poca comprensione e molta severità, i più segreti episodi della vita del padre del Romanticismo francese (L'homme des « Mémoires d'outretombe», Paris, Gallimard, 1964, pp. 332). Sulla vittima illustre il giudice severo ha attirato altre curiosità. E subito gli specialisti hanno collaborato, unanimi, all'ulteriore sfortuna del nostro scrittore, studiando e ristampando le opere minori, quelle in cui Chateaubriand è più vulnerabile, dove denuncia un gusto ormai lontano, uno stile troppo sontuoso. Fra le opere minori, il Voyage en Amérique rappresenta, non soltanto da oggi, una delle croci più pesanti che 1 lettori e i critici abbiano posto sulle spalle di Chp.teaubriand. Appena 11 Voyage fu pubblicato nel 1827 i lettori, soprattutto, americani, misero in dubbio le esperienze ricordate e, da allora, con critiche sempre più severe gli storici hanno dimostrato l'impossibilità che un racconto, presentato come veritiero e preciso, rifletta la realtà americana della fine del Settecento. A poco a poco, tutti si sono .convinti di una - falsità che soltanto la disinvoltura di Chateaubriand poteva pensare d'imporre come vera. Adunque, verso il 1826, quasi a quarant'anni di distanza, lo scrittore riprende a raccontare il- viaggio compiuto attraverso gli Stati Uniti nel 1791. Giunto nel luglio di quell'anno a Baltimora, Chateaubriand passa, subito dopo, a Filadelfia per visitare Giorgio Washington dal quale racconta di essere stato ricevuto a pranzo nella sua casa modesta. Poi, il viaggiatore visita New York, Boston e a Lexington ammira i ricordi delle guerre d'indipendenza. In seguito, risalendo l'Hudson, giunge al Albany e si spinge fino alle cascate del Niagara. Sempre percorrendo lunghe distanze del territorio americano, raggiunge Pittsburgh, visita il paese dei Natchez e, discendendo l'Ohio e il Mississippi, percorre i vasti deserti della Luisiana e della Florida. La notizia dell'imprigionamento di Luigi XVT interrompe il viaggio. Allora l'esploratore, in cammino dalla primavera, decide di ritornare in Francia dove giunge nei primi giorni del nuovo anno. Che il nostro scrittore abbia potuto percorrere così lunghe distanze nel tempo indicato è quanto è stato, messo subito in dubbio. In seguito, lettori attenti scoprirono nel racconto non poche illogicità e sottolinearono quanto nel testo, non meno che nell'Essai sur les révolu- tions (1797), o in Atala (1801) e nei Natchez (1826) la fantasia, il gusto del pittoresco, l'amore dell'esotico avessero tradito o, per lo meno, deformato 1 ricordi americani del viaggiatore. Oggi, al momento in cui R. Switzer ci offre una edizione critica del Voyage en Amérique (Paris, Didier, 2 voli, di pp. 453) e R. Lebègue in un saggio pubblicato nel « Journal des Savants » (gennaio-marzo 1965, pp. 456-465) fa il punto di tutti i problemi dibattuti da oltre un secolo e mezzo, possiamo dire con certezza che di un viaggio cosi avventuroso Chateaubriand, in realtà, compì soltanto la prima parte e, precisamente, 11 tragitto che da Baltimora conduce alle cascate del Niagara. Tutto il resto è inventato. Non- vide la Luisiana e neppure la Florida, del tutto immaginari sono tanti episodi pittoreschi. Il Catone che cercava per ogni dove 1 severi costumi dei Romani si compiacque di narrare sentimentali incontri con gli Indiani, descrisse paesaggi parafrasando racconti di viaggiatori contemporanei, cadde in sconcertanti ingenuità che da sole denunziarono l'opera della fantasia. Più sconcertante è il fatto che l'incontro con Giorgio Washington sia stato del tutto inventato. La lettera che lo doveva introdurre presso il presidente americano è stata ritrovata; anche è stata ritrovata la risposta di Washington al marchese de la Rouerie che intendeva presentare il giovane Chateaubriand. Nulla è detto del visitatore francese in questo ultimo scritto; al contrario, esso ci assicura che l'incontro non è mai avvenuto. Adunque, quale valore possiede il Voyage en Amérique? Dobbiamo credere che questa America, né amica né amara, rappresenta soltanto una creazione letteraria non priva di un suo autentico valore artistico? Rispondere positivamente a questa domanda costringe, a mio parere, a trascurare un meno evidente significato di questo testo, utile per riscattare la fama di Chateaubriand. Mi riferisco alle osservazioni storiche che l'autore aggiunge alle sue parafrasi e, diciamo pure, ai suoi plagi. Se la mistificazione dell'incontro con Washington è deludente, del tutto caratteristico è il confronto tra Washington e Napoleone. Nel confronto non trionfa il generale francese. Washington trionfa perché ha saputo creare gli Stati Uniti, mentre Napoleone non ha unito l'Europa. Lo scrittore osserva ancora che Washington ha saputo elevare una nazione all'indipendenza, mentre il Buonaparte ha sottratto l'indipendenza alla sua nazione. Fedele al concetto della libertà frutto del progresso della ragione, Chateaubriand giudica la politica degli Stati Uniti e la paragona a quella europea e a quella delle repubbliche sud-americane. Il confronto è tutto a vantaggio degli Stati Uniti e dimostra la perspicacia dello scrittore-diplomatico. Il quale, se non fu un esploratore coraggioso, se come scrittore ha creduto ai suol sogni, proprio per quanto confermano pagine trascurate del Voyage en Amérique fu acuto nel valutare l'esperimento politico degli Stati Uniti e felice nel prevederne l'avvenire. Franco Simone mm Il viso di Chateaubriand — che i contemporanei descrivono come « uomo affascinante » — è staio ritratto più volte dagli artisti del tempo; si va dal pastello anonimo del 1786 appartenente al conte di Vesins alle famose tele del Girodet-Trioson (1808) e Paulin Guérin (1818) - Sopra, a sinistra, una caricatura di Delécluze (182%), a destra il busto di David d'Angers (182%)