Le donne americane hanno tutto a non si può dire che siano felici di Enzo Biagi

Le donne americane hanno tutto a non si può dire che siano felici Incanirò von la direttrice della più diffusa riiista femminile degli S. U. «Vogue» Le donne americane hanno tutto a non si può dire che siano felici La signora Vreeland dice che la donna perfetta deve avere quattro qualità essenziali: salute, vanità, fisico vivace, gusto nel vestire - Giudica le brasiliane « magnifici uccelli selvatici », le italiane « eccitanti », le inglesi « un mistero » - Ma sulle americane non si pronuncia - Si sposano prima dei 18 anni, per sfuggire alla monotonia della casa paterna, ma un matrimonio su quattro fallisce - Neppure l'amore proibito le soddisfa, reca con sé troppe complicazioni e troppa angoscia (Dal nostro inviato speciale) New York, agosto. Sono andato a trovare Diana Vreeland. E' la direttrice di Vogue ed è considerata, a quanto afferma Time, « la forza più potente, più venerata, più rispettata nel mondo della moda ». Ni . è stato facile ottenere l'appuntamento, e mi convinco che questo incontro, più che una visita, va considerato un pellegrinaggio. Mrs. Vreeland è di certo una figura insolita, ima delicata creatura che ha il carattere di un colonnello dei «Marines» («non comanda, "trasmette >, dicono le sue collaboratrici), e contemporaneamente la volubile e capricciosa psicologia di una fanciulla in flore. Ha usato le stesse scarpe per trent'anni; quando viaggia, si porta dietro lenzuola e cuscini; detesta la macchina per scrivere (« nessuno ha mai buttato giù una lettera d'amore, o un messaggio di congedo prima del suicidio, picchiando sui tasti», afferma), e il suo successo non nasconde niente di programmatico, perché ha cominciato a lavorare per scherzo. Credo che Diana Vreeland abbia un debole per le idee semplici e per la perentorietà delle massime. Ce ne sono due, infatti, anche sulle pareti del suo studio, fra strane foto della Callus, del- la Hepburn, di Consuelo Vanderbilt, di Jucqueline Kennedy, e della famosa ragazza-squillo Christine KeeIcr. Una dice: «La fortuna ò aiutata dalla efficienza»; l'ultra, dovuta a due pensatori che si nascondono dietro le sigle M.C.B. e J.W.B., assicura: * L'eleganza è importante, il coraggio e la dignità sono essenziali ». C'è in questa stanza dalla tappezzeria rossa, che ha la moquette e la fodera dei divani color pelle di leopardo, una vaga aria da « Viale del tramonto », ma la signora Vreeland, che indossa un abito dalle tìnte sgargianti, qualcosa che alla mia scarsa competenza in fatto di haute couture suggerisce il ricordo delle tende dei pellirossa, la signora Vreeland, dicevo, dissolve l'allucinante atmosfera col giovanile piglio della conversazione, con l'ottimismo, con la sicurezza delle opinioni. Una sua amica ha detto: « Dev'essere felice, perché si è sposata una sola volta», e questa letizia traspare dalle considerazioni che fa sul nuttrimonio, mentre dai discorsi si capisce die ha lungamente meditato sui vantaggi e i pericoli della condizione femminile. Invitata a precisare quali devono essere le qualità essenziali della donna perfetta, la signora Vreeland le fissa concisamente in quattro punti: 1) salute, 2) vanità, 3) fisico vivace, li) saper vestire. La conversazione, all'inizio, ha toni un po' divaganti. « Le brasiliane », spiega la direttrice di Vogue, «sono come magnifici uccelli selvatici, le italiane sono eccitanti, le inglesi sono un mistero, le francesi, quelle giovani, sono divine », ma io vorrei intrattenerla sulla donna americana e sull'uonio americano;, vorrei sapere qualcosa di più, se è possibile, di quello che si scopre nelle statistiche e dalle inchieste. E così Mrs. Vreeland mi fa un ritrattino delle sue compatriote, precisando che non si può dire « l'americana », perche c'è una notevole differenza fra una signora di Dallas e una signora di New York, anche se hanno lo stesso passaporto, ma i caratteri e le abitudini sono diversi, devono affrontare climi e circostanze spesso contrastanti. Accontentiamoci, dunque dell'apprassimazione. « La donna americana — dice Diana Vreeland — non è sicura di se stessa, è sempre tesa, preoccupata, ha una vita materialmente più facile della europea, ma gode di una minor felicità. L'americana deve essere una buona moglie, una buona madre, una buona donna che lavora, dev'essere troppe cose, e non può far bene tutto, non ci riesce. Per questo ha sempre paura che la ignorino, che non l'apprezzino a sufficienza, come meriterebbe. Credo che le giovani saranno più felici, che il futuro sarà migliore, perché hanno visto, nelle loro famiglie, un campionario di errori. Le ragazze non aspettano che la vita vada a loro, ma sono loro che vanno incontro alla vita. Adesso i matrimoni sono in crisi, perché si sposano senza pensarci abbastanza, non tengono l'uno all'altro, non sono disposti a soffrire, a sacrificarsi, e nemmeno i tigli li salvano. Neppure le esperienze preconiugali li aiutano; ora la promiscuità è accettata, è prevista, è quasi un fatto convenzionale, e questa, a mio parere, non è una conquista, ma qualcosa che si è perduto, perduto per sempre. Perché non c'è uguaglianza fra i sessi, non ci può essere; se esistesse, del resto, il mondo diventerebbe noioso e terribile, ma non c'è neppure uguaglianza fra uomo e donna, la donna resta sempre ad un livello inferiore, anche se per lei è più facile affermarsi, diventare qualcuno. Ma da noi l'uomo non l'aiuta, non credo che l'uomo sia molto generoso con la donna. L'uomo vuol essere curato, ha bisogno di compagnia, ma poi impone che sia rispettata la sua indipendenza. No, l'americana non è felice ». Dice una ballata popolare: « Se una donna è presa dalla malinconia, Signore, abbassa la testa e piange. Ma quando è preso dalia malinconia un uomo, salta su un treno e se ne va ». La diajmosi di Diana Vreeland trova conferme. Dal 1S70 ad oggi, ci sono state molte più lacrime e molte più partenze. In un secolo ha camminato il progresso, e il divorzio gli ha tenuto dietro. Leggo, in uno studio sulle vicende coniugali negli Usa, che cent'anni fa saltava un matrimonio su trentaquattro, all'inizio del Novecento, uno su dodici andava all'aria, nel 1930 si era già arrivati ad uno su sei, oggi la situazione è ancora peggiorata: uno su quattro. Ma, nonostante il panorama poco incoraggiante, anche quest'anno un milione e ottocentomila americane andranno davanti ad un pastore, a un prete, o a un rappresentante del sindaco a pronunciare il rituale « si ». Pare che nel matrimonio le ragazze vadano a cercare un rifugio, una evasione, qualcosa che non trovano vivendo col padre e la madre; diciotto anni è l'età media della giovane sposa, ma se non è andata al liceo, se non ha voluto tentare l'università, il limite scende anche a quattordici e a sedici. Troppo presto: sono immature, e le inevitabili delusioni si faranno sentire. Il problema è grave. La Fondazione nazionale delle Scienze ha offerto duecento milioni di lire alla Boston University per finanziare un'indagine sui rapporti che corrono fra coppie sposate e suocere, e la dottoressa Sweetser ha già cominciato il difficoltoso lavoro indagando, intanto, su come vanno queste faccende in Finlandia, per avere qualche termine di paragone. Gli insuccessi non sono dovuti, come e indotto a pensare chi ha la tendenza, al romanzesco, o è portato..ad immaginare situazioni colorite, a immotivate ma pressanti incomprensioni determinate dal sesso, che fatalmente vanno poi a sfociare nel peccato e nel tradimento, ma piuttosto a una intolleranza di ordine psicologico, al desiderio di nuove esperienze, alla insoddisfazione causata da un rapporto sentimentalmente logorato. Noi siamo indotti u pensare ad un tipo d'uomo americano quasi leggendario, come lo abbiamo scoperto nei film di Hollywood, Burt Lancaster o Paul Newman, o in certe pagine di scrittori realisti, ad esentino Caldwcll: ardente, prepotente, violento. Ricordate Piccolo campo? «E voglio far subito quello che ho sempre avuto voglia di fare dal primo giorno che ti ho vista. Tu sai cos'è, vero Griselda? Io non sono come gli altri uomini. Sono forte quanto Iddio onnipotente ». Tutta la pubblicità tende ad esaltare questo mitico personaggio, la sua straripante virilità; e i manifesti, le inserzioni, il cinematografo, sono invasi da individui pelosi, pieni di tatuaggi, die fumano il sigaro, e che hanno occhi c muscoli che non perdonano. « Forse perché », mi ha detto l'umorista Art Buchicald, « su tutta questa mascolinità è legittimo avere dei dubbi ». Infatti, quando questi scatenati si confidano con i rappresentanti del dott. Kinsey si impara che quattordici su cento arrivano vergini al matrimonio, che gli altri hanno avuto scarse esperienze, e ventisei giovani spose confessano di aver trovato sgradevole il viaggio di nozze, e quarantanove ammettono senza perplessità di essere rimaste « indifferenti ». Poi dui un'occhiata alle pagine di Mary McCarthy, esperta in frustrazioni femminili, c conoscitrice di questa società, e scopri un tipo di donna che non ha niente da invidiare, in materia di Eros, al mitico compagno, le basta niente per metterla in azione: « Tutto ad un tratto sentì lo scatto di un automatico che s'apriva sul dietro del vestito. A questo debole suono, tutti i sensi di Libby entrarono in stato d'allarme; la spina dorsale le si irrigidì. Gli occhi le si spalancarono. Il pomo d'Adamo cominciò ad andare su e giù A tale spasmodica vitalità dovrebbe corrispondere una adeguata, proporzionale vita amorosa, ma in questo Paese, dove le cifre e le macchine elettroniche hanno molta influenza e godono di tanto credito, si fa presto a sgonfiare i miti. Hanno preso in considerazione un gruppo di donne sposate, in età variante dai trentasei ai quaranta (pare sia questa l'epoca migliore per le avventure), e le hanno tenute d'occhio per un lungo periodo, cinque anni. Soltanto una su cinque è risultata infedele. Ed ecco la spiegazione dello psicologo: «Le adultere americane non temono poi molto d'essere scoperte, eppure l'amore proibito è per loro pieno di complicazioni, di un'angoscia che sfiora il piacere, di tragedia. La donna teme che la relazione possa cambiare le sue disposizioni nei riguardi del marito, teme che ciò possa provocare mutamenti anche in seno alla propria casa, e in quel suo tenore di vita raggiunto con tante difficoltà ». Non c'è. Insomma, soltanto il normale turbamento di Emma Bovary o di Anna Karenina, ma, in più, una preoccupazione economica, il timore che si rompa qualcosa in una esistenza costruita con pazienza e con ordine. Nella classe media il peccato è anche metto frequente, perché c'è una rispettabilità da difendere e un benessere da non rischiare. Ed ecco un'altra testimonianza. Il caso più clamoroso di colpa collettiva fu scoperto recentemente a Long Island, dove era scoppiata addirittura una specie di epidemia di prostituzione, ma tra le massaie; il traffico venne a galla perché erano frequenti le risse con le professioniste. La giustificazione delle erranti fu che « i?itendevano aiutare i mariti, i cui guadagni erano insufficiènti». Nonostante l'incombente rischio della malinconia e delle lacrime, l'usura della incertezza, la donna americana, abituata a lottare fin dai tempi dei pionieri per sopravvivere, conduce anche adesso la sua battaglia contro l'alienazione, contro il ritmo imposto dalla civiltà tecnologica, contro la noia, contro la solitudine, e quasi sempre vince. E' forte, più forte del troppo glorificato maschio. Lei campa, in media, sei anni più dello sposo (guardatevi attorno: dagli aerei e dai pullman sbarcano carovane di sorridenti vedove in viaggio di diporto), e arriva al sereno traguardo dei settantadue. Lui la lascia prima, con una buona assicurazione e un buon ricordo, e lei cerca di superare serenamente quello che il poeta Lee Masters chiama « il dolore della vita », perché, non sarà mai detto abbastanza, «per esser felici, bisogna essere in due ». Enzo Biagi

Luoghi citati: Dallas, Finlandia, Hollywood, New York, Usa