Come funziona il mercato dell'oro di Mario Ciriello

Come funziona il mercato dell'oro Uno degli aspetti più affascinanti degli scambi internazionali Come funziona il mercato dell'oro Tutte le richieste e le offerte, di privati, banche e governi, confluiscono a Londra da ogni parte del mondo - Ogni mattina alle 10,20 (sabato escluso) cinque signori si riuniscono in una stanza della City: sulle scrivanie, un telefono e la bandierina inglese - Alle 10,30 le bandierine vengono abbassate e le contrattazioni hanno inizio Solo i cittadini britannici, in base ad una legge severamente applicata, non possono acquistare oro in verghe (Dal nostro corrispondente) Londra, 7 agosto. Un signore, a Torino, decide di comprare un lingotto d'oro. Cosa avviene? La sua richiesta giunge alla Banca d'Italia, che la comunica al « pool » di Basilea, il consorzio delle banche centrali, donde è trasmessa alla Banca d'Inghilterra, a Londra. Un altro esempio. La Cina comunista — come sta facendo da qualche mese — vuole acquistare parecchie tonnellate d'oro. Come se le procura? Le ordina a Londra, a una delle cinque società specializzate in questo commercio. Un altro esempio ancora. La Russia — come fece lo scorso anno — vuole vendere. Manda i suoi lingotti a Londra. Come si vede, richieste e offerte confluiscono tutte alla medesima capitale, a Londra. Se gli assicuratori marittimi, i Lloyd's, possono vantarsi di sapere « dove sia, in qualsiasi momento, qualsiasi nave del mondo », non meno giustamente il « mercato dell'oro » nella City può dire di conoscere quasi ogni movimento del metallo. Anche di quello contrabbandato (scorre dall'Occidente verso Oriente — vedi « Goldfinger » —, dove la fiducia nella valuta è fragile) perché prima o poi riaffiora alla superficie. Londra compera e vende a tutti. Alle banche svizzere come a un gioielliere di Istanbul; al governo cinese come a un dentista di Siviglia. La storia e il meccanismo di questo « gold market » costituiscono uno dei più affascinanti capitoli nella storia della City e degli scambi internazionali. Con un tocco di paradosso: perché tutti possono acquistare oro a Londra, meno gli inglesi. Un decreto dell'ultima guerra, mai abrogato, vieta ai cittadini britannici di possedere oro in verghe, grandi o piccole. La legge è severamente applicata. Un dentista che, improvvisamente, raddoppia le ordinazioni del metallo, è « invitato » a giustificarne il motivo. E la scoperta di un lingotto in possesso di un privato porta a multe e confisca. La supremazia del « gold market » londinese poggia su un pilastro che si chiama « oro sudafricano ». L'intera produzione aurea diì quel ricco paese — tra il 75 e l'80 % della produzione del mondo non comunista — affluisce nei forzieri della Banca d'Inghilterra, responsabile del suo smercio e dei suoi movimenti. Le verghe d'oro giungono a Londra via mare — da Johannesburg a Southampton — sulle grandi navi di linea. Altri, ma più piccoli carichi, arrivano alla Bank of England da vari paesi, Stati Uniti, Russia, Canada, Indonesia, Ghana. Questi viaggiano usualmente in aereo. Il tempo è denaro. Ogni milione di sterline in oro non depositato, come quello sui piroscafi, perde circa mille sterline alla settimana d'interessi. I lingotti hanno tutti un peso standard: 12 chilogrammi. Ognuno vale 14.000 dollari, circa 8 milioni 700.000 lire. Ogni barra ha il suo « pedigree » come un purosangue. I lingotti russi hanno per marchio falce e martello. Il mercato dell'oro funziona con una procedura uni ca al mondo. Ogni mattino, alle 10,20, meno il sabato e la domenica, cinque si gnori, quasi sempre gli stes si, entrano nella « gold room », la stanza dell'oro della Banca Rothschild, nella City. Nonostante il suo nome, la stanza non ha nulla di aureo: è una linda moderna saletta, decorata soltanto da tre antichi dipinti e i cui unici mobili so no cinque tavoli e qualche comoda sedia. Al tavolo centrale, abbastanza ampio siede il « presidente » del mercato, Edward Hawes, il rappresentante della Rothschild. Ai quattro tavolini prendono posto i rappresentanti di altre due banche private, « Mocatta and Goldsmid » e « Samuel Montagu » e di due famose ditte del commercio dell'oro « Johnson Matthey » e « Sharps and Pixley ». bJbszssig Su ogni tavolo vi è un telefono e — simile a un ricordino turistico — una bandierina inglese, l'Union Jack. Alle 10,30 in punto le bandierine vengono abbassate: è il segnale per l'inizio delle contrattazioni. Passano talvolta mesi senza sensibili movimenti d'oro e i « big fi ve », i « cinque grandi » non fanno altro che confermare, e annunciare al mondo, il prezzo precedente. Ma, come nell'ultimo anno, vi possono essere aumenti nella richiesta o nell'offerta e ì cinque, con variazioni frazionali, vi adeguano allora il prezzo, lo « fissano ». Il valore ufficiale dell'oro è di 35 dollari l'oncia. Ma in questi giorni, ad esempio, causa la forte domanda, è salito a 35 dollari 17 cents e 14 di cent, la quota più alta da quattro mesi. Quando uno dei « cinque grandi » vuole chiamare il suo ufficio per consultazione o informazione, dice: « Flags up», «su le bandierine». Le contrattazioni sono sospese fino a quando i minu¬ scoli vessilli tornano ad essere ammainati. Tutto è fatto per telefono. La Banca d'Inghilterra è rappresentata da Rothschild, che, quindi, indirettamente, rappresenta pure gli istituti di emissione esteri. Poniamo il caso che il rappresentante di 'Mocatta and Goldsmid» segnali che la sua Banca ha ricevuto cospicue richieste d'oro e gli altri indichino tendenze simili. Il « presidente » telefona alla Banca d'Inghilterra, che, per stabilizzare il mercato, può de¬ cidere di immettervi un certo numero di lingotti. L'autorità dei « cinque grandi » deriva dal fatto che tutto il traffico aureo passa attraverso loro. Se gli Stati Uniti vogliono accrescere le proprie riserve (circa metà dello stock mondiale) comprano il metallo dal Sud Africa, via Banca d'Inghilterra. Guardiamo il caso della Cina. Pechino ha acquistato, in queste settimane, parecchie tonnellate d'oro. Come ha fatto? La Bank of China di Londra ha telefonato a tutti i-« cinque» per scoprire chi gliele fornisse al prezzo più basso: e sembra abbia affidato l'ordinazione alla « Samuel Montagu ». Pechino ha comperato pure a Parigi, ma — via Banca di Francia e Ban ca d'Inghilterra — anche quella commessa era capta ta dalle universali antenne della « gold room », nella City. Le cifre su questi commerci sono segrete. Ma, per ironico contrasto, una certa noncuranza caratterizza il movimento dei lingotti nella City. Ancor oggi, nonostante le rapine alle banche, è possibile intravedere un impiegato di « Samuel Montagu » o « Johnson Matthey » mentre, con un carrello scoperto, traversa un vicolo per consegnare tre o quattro pani d'oro a un furgoncino in attesa. Ma anche questa apparente disinvoltura rientra nell'atmosfera di snella fiducia che ha fatto la fortuna della City Il rappresentante d'un istituto italiano, che per anni ha comperato oro a Londra, ci diceva: «Ho seìnpre fatto tutto per telefono. Non ho mai visto nessuno. Non ho mai firmato carte ». Mario Ciriello llm L'intera produzione aurea del Sud Africa (pari al 75-80% della produzione mondiale, esclusi i paesi comunisti) affluisce alla Banca d'Inghilterra, responsabile del suo smercio. Nella foto, minatori al lavoro in un giacimento di Johannesburg

Persone citate: Edward Hawes, Goldfinger, Johnson Matthey, Rothschild