Nel Sud America tormentato dalla tempesta sociale la Chiesa ha l'angoscioso ruolo di protagonista di Giovanni Giovannini

Nel Sud America tormentato dalla tempesta sociale la Chiesa ha l'angoscioso ruolo di protagonista SU' 250 MILIONI DI ABITANTI, LA QUASI TOTALITÀ' SONO CATTOLICI Nel Sud America tormentato dalla tempesta sociale la Chiesa ha l'angoscioso ruolo di protagonista Per tradizione, il basso clero è conservatore - Quanto è successo a Cuba sembra dar ragione ai più accaniti anticomunisti: i sacerdoti dell'isola, che prima di Castro erano 750, ora sono ridotti a 240; le religiose sono scese da 3000 a 200 - D'altra parte, pur senza accettare l'ideologia rivoluzionaria, i Vescovi, i grandi ordini (salesiani, gesuiti), lo stesso Vaticano "vedono" la miseria, la fame, l'ignoranza delle masse - E' un momento drammatico per le gerarchie ecclesiastiche, impegnate a rispondere a milioni di uomini che chiedono giustizia (Dal nostro inviato speciale) L'Avana, luglio. Sull'immensa scena latinoamericana, nel dramma di duecentocinquanta milioni di versone alle prese con la miseria, con l'ignoranza e con l'ingiustìzia (e con un pauroso aumento demografico), non compaiono soltanto militari e civili, reazionari e barbudos, comunisti e conservatori; la tempesta politica, economica, sociale, che si addensa sulle Ande impervie, sulle sterminate piane del continente, non scuote solo le fragili strutture degli Stati, investe anche quel¬ le secolari della Chiesa. Oltre che il suo stesso ministero, è la situazione di fatto ad imporre al clero il ruolo superbo ed angoscioso di protagonista: staìtdo alle statistiche, siamo nella più cattolica parte del mondo; anche a tener conto degli indios pagani, i fedeli dì Roma sono una maggioranza che si avvicina alla totalità; perfino per la Cuba di Castro i dati parlano ancora di un 91 per cento, per la Repubblica Dominicuna indicano un 95 per cento. Nessuna fede politica può neppur lontanamente contare su un simile seguito di credenti; nessun centro di potere laico dovrebbe essere in grado di levare così potente la sua voce contro i mali anche terreni. Ma raramente le statistiche si rivelano così fallaci come in questo caso, dicono tutti i sacerdoti con i quali mi sono intrattenuto durante due mesi di viaggio attraverso l'America Centrale: dotti gesuiti pronti a contrapporre la loro alla dialettica marxista e poveri parroci di campagna dalla estrema modestia, salesiani che adoprano le mani per lavorare oltre che per bene- dire, e nunzi apostolici diplomatici nella forma, chiari nella sostanza. Il giudizio è unanime: la percentuale dei cattolici veri è ben più modesta, il clero ha le sue colpe nel passato ed oggi è esso stesso diviso, alla ricerca di una via. Santo Domingo offre l'illustrazione più chiara della validità del giudizio: la percentuale-record statistica del 95 per cento di cattolici copre se non il vuoto almeno una realtà molto diversa] non sembra che la fede condizioni minimamente le azioni degli uomini, che il clero abbia una qualsiasi presa effettiva, sul popolo. Colpa del passotot Certo, nemmeno il più ignorante prete contadino può non arrossire nel ricordare di non essere insorto quando Trujillo in una sola notte del 1937 massacrò almeno quindicimila braccianti haitiani, di aver benedetto fin quasi all'ultimo momento la folle dittatura del « piccolo Cesare dei Caraibì ». Per il presente, però, l'unanimità cessa. Tranne rare eccezioni, nel basso clero si nasconde male l'avversione al « co?nunista » Caamano, la simpatia per l'antirivoluzionario e uomo d'ordine Imbert. Al vertice della gerarchia c'è già dissenso o quanto meno incertezza: solo dopo un mese di lotte sanguinose, i cinque vescovi dell'isola riuscirono a mettersi d'accordo per dire una parola di buon senso e di pace, per invitare i capi dell'una e l'altra fazione a tirarsi da parte e permettere giuste elezioni. Ed alla loro tardiva decisione, non fu forse estraneo il rappresentante del Vaticano: quel romano Monsignor Emanuele Clarizio che vedemmo rischiare la vita a più riprese passando le linee ad impetrare ed ottenere una tregua salvando migliaia di vite e ricevendo in cambio dagli antirivoluzionari, ansiosi di strage, il soprannome spregiativo di Nunzio Rosso. Di questi insulti, non si cura certo Mons. Clarizio (anche l'Arcivescovo di Algeri Mons. Duval fu chiamato « Mohamed» dagli ultras ma elevato alla porpora dal Vaticano). E tanto meno si cura dell'analoga accusa il suo collega a Cuba, il casentinese Mons. Cesare Zecchi: anche lui, più di lui, * rosso », «rossissimo» per tutti gli anticastristi. Attraverso l'intera America Latina, dicono i preti che si schierano a favore, dello status quo: guardate Cuba, ecco cosa succederebbe alla religione se vincessero i barbudos. E' vero, il numero dei sacerdoti che pritna di Castro era di settecentocinquanta si c ridotto a duecentoquaranta; quello delle religiose, da tremila a meno di duecento: il clero non è più in grado di far fronte ai suoi compiti per una popolazione di sette milioni di abitanti. Dall'avvento del regime nel gennaio '59, i rapporti con la Chiesa erano andati fatalmente peggiorando man mano che Cuba slittava in campo comunista; le pressioni per indurre i sacerdoti più itiuisi a partire si erano fatte sempre più energiche fino a culminare nell'espulsione di un vescovo e centodieci preti nel settembre del '61 Si parlò allora di persecuzione ma oggi il termine viene ritenuto eccessivo. Confermando il giudizio consueto per tutta l'America Latina, mi dice testualmente un alto prelato: * Abbiamo avuto anche noi le nostre colpe nel passato: ai tempi di Batista, per la troppo supina acquiescenza ad un regime intollerabile; davanti alle prime ostilità di Castro, per essere fuggiti in seguito a pressioni alle quali si poteva e si doveva resistere. L'unica vera espulsione in massa, nel settembre '61, fu decisa quando una processione religiosa si trasformò in una manifestazione politica contro il regime; e coincise col periodo di maggior influenza dei comunisti di stretta osservanza moscovita tipo Escalante. «Do allora — confinila ij monsignore — la situazione è migliorata. In questi ultimi mesi hanno potuto venire nell'isola una sess<nitina di sacerdoti stranieri preparati; i fedeli sono liberi di frequentare chiese e sacra- cosa rara, di importare le auto necessarie per esercitare il nostro ministero in zone vastissime. Certo, esiste il limite imposto dalla realtà di uno Stato che si proclama comunista: ma non è un motivo per fuggire, per arrenderci; non è una delle virtù teologali la Speranza? ». « Illusi — ribatte furibondo un vecchio prete (comprensibilmente, in nessun altro paese come a Cuba il dissenso tra il clero assume forme così aspre) —. 2v"o?i capiscono che fanno soltanto il giuoco di Castro? che il dittatore rosso oggi ci tollera solo perché ci ha ridotti all'impotenza, e che se in un domani riacquistassimo forza non esiterebbe a spazzarci via? ». Forse non ha tutti i torti; ma davanti all'alternativa Roma ha già scelto: Cuba è l'unico paese comunista col quale il Vaticano intrattenga normali rapporti diplomatici. Il compito del clero, del resto, non è meno difficile nella vicina Haiti dove la Chiesa è alle prese con un regime che non è comunista (ma nemmeno occidentale, se non a parole). Per citare un unico esempio, pochi giorni prima che arrivassi a Port-au-Prince, una ventina di preti canadesi che tentavano di dar battaglia allo spaventoso analfabetismo organizzando una radioscuola, erano stati arrestati come spie dalla polizia di Duvalier, gettati nudi in un carcere, espulsi con la prima nave. A dimostrazione del doloroso travaglio attraverso tutta l'America Latina, mi limiterò a queste citazioni da uno studio di una * anonima ma eminente figura » della Chiesa brasiliana: « Molti vescovi, sacerdoti ed organismi religiosi, nell'anelito di andare incontro alle esigen¬ ze del popolo, si sono allontanati dalla dottrina diventando utili strumenti dei comunisti. Abbiamo visto vescovi e padri scrivere ed agire nella linea delle agitazioni sociali, provocare odii di classe, pregare per la rivoluzione, fare della demagogia, deformare il senso delle encicliche, agitare per le masse la figura di un Papa contro quella di un altro... Allo stesso modo i centri dell'Azione Cattolica si trasformavano in centri di agitazione sociale... Questa dolorosa situazione si estendeva anche ai seminari e perfino alle congregazioni femminili... Il Nunzio Apostolico assiste a tutto questo con la massima impassibilità...». Tralasciamo le assurde esagerazioni, limitiamoci a notare, per tornare concludendo al tema, che reazioni come queste dimostrano quanto la tempesta politico-sociale che squassa le strutture politico-sociali dell'America Latina investa anche il clero. E' indubbiamente un segno di vita: riconoscendo i passati errori, in un rinnovato ,« anelito di andare incontro al popolo », la Chiesa muove alla ricerca di una via tra un sistema che minaccia di crollare ed un altro, altrettanto intollerabile, che è pronto ad imporsi. Ed in questa sua evoluzione, soffre inevitabilmente anche di un suo aspro ed interno travaglio: dalla sua parola, dalla sua azione, molto dipenderà per duecentocinquanta milioni di uomini. Giovanni Giovannini

Persone citate: Batista, Clarizio, Duval, Duvalier, Emanuele Clarizio, Imbert, Nunzio Rosso, Port, Trujillo