E' necessario che la Camera respinga una legge «europea» sulla maternità

E' necessario che la Camera respinga una legge «europea» sulla maternità Governo e senatori hanno sbagliato accettandola E' necessario che la Camera respinga una legge «europea» sulla maternità Una Convenzione del 1962 stabilisce che la madre deve riconoscere il figlio naturale, anche contro la sua volontà, se il suo nome viene indicato da qualsiasi testimone nell'atto di nascita - Questa norma è nociva agli illegittimi : impone la dipendenza del figlio anche dalla madre più indegna, mette ostacoli gravi all'adozione XI Senato della Repubblica nella seduta del 25 maggio ha approvato il disegno di legge n. 955 concernente la adesione a quattro Convenzioni adottate dalla Commissione internazionale dello stato civile e la ratifica di altre due Convenzioni adottate da tale Commissione. Particolarmente importante la Convenzione di Bruxelles del 12 settembre 1962, relativa al «riconoscimento della filiazione materna dei figli naturali » sottoscritta dai Paesi dell'Europa Occidentale, nonché dalla Grecia, dalla Svizzera, dalla Turchia, dall'Austria e dal nostro Paese. Tale Convenzione contiene una norma di grandissima importanza, ossia l'art, 1, giusta il quale « quando una persona, nell'atto di nascita di un bambino naturale, è designata come madre di questo, tale designazione stabilisce il rapporto di filiazione materna ». Tale norma non solo reca una modifica profonda e radicalmente innovatrice nel sistema vigente delle prove della filiazione naturale; ma, ciò che è peggio, introduce alla chetichella, inserita come è in una modesta Convenzione internazionale, una riforma inopportuna del Codice civile, ed è fonte, purtroppo, di grave pregiudizio per 1 bambini in stato di abbandono. Per vero, la Relazione al disegno di legge n. 955 presentata dal nostro governo al Senato il 26 dicembre 1964 affermava l'opposto e diceva testualmente che le disposizioni contenute nella Convenzione non sono in contrasto con i principii Informatori del nostro ordinamento interno; aggiungeva che l'art. 1 si limita a stabilire che, se e quando, secondo le norme in vigore, la designazione della madre sia contenuta nell'atto, tale designazione vale a stabilire l'anziddetto rapporto. Il relatore ricorda che, se condo le nostre leggi, l'indicazione della madre di un illegittimo è contenuta nell'atto di nascita solo se la geni trice rende personalmente la dichiarazione di nascita, o se ha. fatto constare per atto pub blico del proprio consenso a essere nominata; e concludeva che l'art. 1 della Convenzione non Importava variazione alcuna alle conseguenze giuridi che che discendono dagli eie menti contenuti nell'atto di nascita. CI si consenta, tuttavia, di affermare che la interpretazio ne data dal nostro governo nella menzionata Relazione non solo è arbitraria e ine satta, ma è persino in profonda contraddizione con la interpretazione ufficiale data dagli altri paesi firmatari del la Convenzione stessa. L'art. 1 della Convenzione di Bruxelles, infatti, nella sua am pia dizione conduce ineluttabil mente alla seguente interpre fazione: che la semplice dichia razione fatta dalla madre o da un terzo qualunque e trascritta nell'atto di nascita stabili sce un legame giuridico di filiazione tra il figlio naturale e la persona indicata come madre prescindendo da ogni manifestazione di volontà, anclie contraria, di quest'ultima. Tale norma innova dunque profondamente il sistema vi gente contenuto nel Codice civile, secondo il quale per l'ac certamente del rapporto di fi liazione naturale è necessario un atto di riconoscimento del la genitrice, contenuto o nello stesso atto di nascita o in una dichiarazione posteriore; è ne cessarla, cioè, sempre uno chia ra e libera manifestazione di volontà della genitrice stessa. Solo un riconoscimento espli cito della madre genera la for mazior.e del legame giuridico tra figlio naturale e madre naturale. Con la Convenzione di Bruxelles, invece, si stabilisce un legame giuridico di filiazione con tutte le conseguenze che interessano sia lo status civile, sia la nazionalità, tra un figlio naturale e la persona in dicata come sua madre al d fuori di qualsiasi volontà d quest'ultima. In virtù dell'art. 1 qualunque persona, anche un terzo irresponsabile, mandata rio o no, bene o male inten zionato, ha diritto di creare con efficacia verso tutti un le game di filiazione naturale, In dicando semplicemente nella dichiarazione di nascita di un bambino il nome della madre naturale, senza il di lei con senso, addossandole in tal mo do tutte le obbligazioni nei con fronti dell'infante. Che questo sistema giovi al bambino è da escludere netta mente. Giustamente il nostro Codice civile, seguendo una tradizione secolare, aveva rite nuto di non imporre alla madre, nonostante la certezza del la maternità, l'obbligo dì rico noscere il figlio naturale, per che era ben evidente che a nul la giova imporre un riconoscimento, se nella genitrice non esiste la volontà o la capacità di adempiere i gravi dover inerenti alla educazione, alle vamento e istruzione del figlio Non si comprende assoluta mente quale utilità si raggiun ga imponendo un riconoscimen to ai genitori, o — peggio an- ZtatfttovncsnrxndunnsubpmnfccpegzBppsaglpantvdqnnqpmzv Z\mUTatte^o"^iqmean'lto legislativo renda effettivi gli adempimenti di doveri, di contenuto altamente etico e affettivo, che o non sono sentiti o sono già rifiutati in partenza o non si ha la capacità obbiettiva di osservare! Tanto vale, dunque, lasciare alla genitrice la libertà di addivenire con un atto cosciente e responsabile al riconoscimento del minore e alla assunzione delle relative responsabilità. Ma la Convenzione di Bruxelles genera anche gravi danni, perché, creando sulla sola dichiarazione di terze persone un legame giuridico tra figlio naturale e madre naturale che non vuole assumersi alcuna responsabilità, compromette per un grandissimo numero di bambini di fatto abbandonati ta possibilità di trovare una famiglia adottiva. Infatti è ben noto che la adozione di un infante riconosciuto richiede il consenso della madre naturaconsenso che questa può imitare senza alcuna giustificazione; ed è pure noto che, se pur le vengono tolti i poteri nerenti alla patria potestà, essa rimane tuttavia arbitra quasi proprietaria del futuo destino del bambino che ha generato e abbandonato. Che questa sia la interpretazione esatta della norma deiart. 1 della Convenzione di Bruxelles risulta anche dalla perspicua relazione allegata al progetto di legge n. 798 presentata dal governo francese alla Assemblea nazionale il 28 gennaio 1964, relazione che parla chiaramente di innovazione profonda nel sistema delle proe della filiazione naturale e accenna pure chiaramente alla necessità della riforma dell'articolo 334 del Codice civile. Ma tale Convenzione ha provocato in Francia una ondata di proteste, a cominciare da quella del Comitato internazionale di intesa delle associazioni delle famiglie adottive e da quella dell'eminente giurista prof. René Savatier, si che il ministro francese della Giustizia ha rinunciato a fare iscrivere il progetto di legge all'ordine del giorno della Assemblea nazionale, e la Commissione no minata da quel govèrno per lo studio dei problemi della ado zione ha espresso parere netta mente contrario. Vi è dunque da augurarsi che anche in Italia la Camera dei deputati, alla quale il disegno di legge relativo alla ratifica della Convenzione di Bruxelles è stato trasmesso dal Senato il 28 maggio, neghi la sua approvazione a tale disegno. Esso, sconvolgendo con una riforma settoriale i tradizionali princìpi del diritto fa miliare, determinerebbe una grave frattura sistematica, e produrrebbe risultati gravemente dannosi. Emilio Germano

Persone citate: Emilio Germano, René Savatier