I risultati di una indagine sull'imigrazione in Piemonte

I risultati di una indagine sull'imigrazione in Piemonte Lo studio svolto dall'Istituto di ricerche economiche e sociali di Torino I risultati di una indagine sull'imigrazione in Piemonte Esaminate 2413 famiglie che raggruppano 7323 individui - La percentuale delle forze di lavoro dal 1951 al 1964 è salita dal 43,3 per cento al 53,2 (nell'industria) e dal 24,1 al 27,2 per cento (nelle attività terziarie) - Veneti e meridionali si sono impiegati in maggioranza nelle fabbriche - Pochi i matrimoni misti - L'assimilazione è lenta ma non impossibile Una indagine sull'immigrazione di massa in Piemonte è stata svolta dall'Istituto di ricerche economiche e sociali di Torino (Ires) per incarico del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. I dati raccolti serviranno per la preparazione del piano regionale di sviluppo. L'interessante ricerca è stata effettuata nei mesi di maggio-giugno del 1964 su di un campione di 2413 famiglie che raggruppano, in totale, 7323 individui, tutti residenti in Piemonte. La relazione conclusiva si inizia con il quadro dell'oc cupazione. I dati dell'ultimo censimento rivelano che, nel 1951, le forze del lavoro erano così distribuite: Agricoltura, 32,6 per cento. Industria, 43,3 per cento. Attività terziarie, 24,1 per cento. Nella primavera dello scorso anno la ripartizione era la seguente: Agricoltura, 19,6 per cento. Industria, 53,2 per cento. Attività terziarie, 27,2 per cento. Gli esperti osservano che «vi è stato un incremento nell'industria e nelle attività terziarie». Per ciò che si riferisce all'industria l'aumento maggiore, in senso assoluto, si è verificato nel settore metalmeccanico. Occupava nel 1951 il 14 per cento della mano d'opera; nella primavera del '64 assorbiva il 20 per cento delle forze del lavoro. Un aumento si registra anche negli addetti all'edilizia che, nell'arco di tredici anni, salgono dal 4,9 per cento all'8 per cento. Circa le attività terziarie, il maggiore incremento si ha nel commercio. Le forze del lavoro occupate salgono dal 9,4 per cento del 1951, al 12 per cento del 1964. «Le variazioni — dicono i tecnici — sono in gran parte conseguenza dell'afflusso di mano d'opera immigrata ». Lo studio dell'Ires prosegue con l'incidenza, nei diversi campi, della mano d'opera giunta da altre regioni italiane. Gli immigrati costituiscono il 44,7 per cento degli addetti all'edilizia, il 32,7 per cento delle forze occupate nel settore dell'abbigliamento, il 28,6 per cento della mano d'opera dell'industria. I lavora tori del settore terziario so no, per il 20,2 per cento immigrati. Nelle libere professioni i provenienti da altre zone d'Italia rappresentano il 16,1 per cento. La percentuale di immigrati tra i dirigenti è dell'11,6 per cento. La quota più bassa si trova nell'agricoltura. Circa le regioni di origine lo studio osserva che «veneti e meridionali sono, in grandissima maggioranza, impiegati nell'industria ». Un più approfondito esame sulla provenienza consente di fare altri rilievi. Dal 1952 al 1964 gli «immigrati rurali», cioè nati in località non capoluoghi di regione o di provincia, hanno costituito il 74,1 per cento delle persone trasferi tesi in Piemonte. La percentuale degli «immigrati urbani» (provenienti da città capoluogo) è stata del 25,9 per cento. Inoltre gli «im migrati rurali » superano il 90 per cento del totale del l'immigrazione nei centri agricoli (meno di 10 mila abitanti), costituiscono l'84 per cento nelle piccole città (sino a 25 mila abitanti) ed il 56 per cento nelle medie (sino a 100 mila abitanti) Per ciò che si riferisce a Torino la situazione è la seguente : nel « capoluogo » i « rurali » rappresentano il 71 per cento degli immigrati, nella «cintura» il 96. Gli esperti dell'Ires hanno indagato anche sul processo di integrazione nella società piemontese. Primo elemento preso in esame: matrimoni. La maggioranza dei veneti e dei meridionali, che dopo il trasferimento sì sono sposati, hanno scelto come moglie o come marito una persona della loro re gione d'origine. In merito l'Ires precisa: « Non sono mancati matrimoni "misti", ma il numero è modesto. Il 35,9 per cento dei veneti ha sposato un piemontese od una piemontese. Ma soltan to il 7,7 per cento dei veneti lia scelto un coniuge meridionale ed il 3,5 per cento dei meridionali un co niuge veneto. Qualora esista una tendenza ad uscire dal proprio gruppo sociale — commentano i compilatori della relazione — essa si indirizza sopra/tutto verso la popolazione piemontese ». Infine sono state fatte alcune interviste. Alle domande che tendevano a stabilire quali rapporti di amicizia gli immigrati abbiano con i piemontesi, il 70 per cento ha risposto di « essersi fatto degli amici in Piemonte ». Altre domande sono state rivolte alla popolazione locale. « L'immigrazione ha aiutato ad aumentare la pro¬ duzione in Piemonte? Sono migliorate o peggiorate le possibilità di lavoro dei piemontesi dopo la forte immigrazione? ». Le risposte favorevoli diminuiscono man mano che si passa dai livelli sociali e professionali più elevati, ai non qualificati ed agli agricoltori. Secondo questi ultimi ed i manovali, dopo l'immigrazione, « le condizioni dei piemontesi sono decisamente peggiorate». E' stato domandato inoltre : « Ritiene siano da favorire i rapporti con me ridianoli nell'ambito del lavoro? ». A questo interro¬ gativo un quarto dei piemontesi risponde : sì, un quarto che « dipende dalle circostanze », il 40 per cento risponde: no, ed il 10 per cento non ha un'idea precisa. « Dall'esame complessivo dei fenomeni controllati — conclude la relazione — è legittimo affermare che, superate le difficoltà iniziali di inserimento, non sussistono fattori che possano compromettere la progressiva assimilazione della popolazione immigrata a quella già residente in Piemonte ». Anna Rosa Gallesi©

Persone citate: Anna Rosa