Mentre Saigon celebrali «giorno del lutto» i ribelli tentano di uccidere il gen. Taylor di Francesco Rosso

Mentre Saigon celebrali «giorno del lutto» i ribelli tentano di uccidere il gen. Taylor IL 20 LUGLIO DI UN1UU1 AMI FA IL VIETNAM ERA DIVISO IN DUE TRONCONI Mentre Saigon celebrali «giorno del lutto» i ribelli tentano di uccidere il gen. Taylor Ieri l'ex ambasciatore americano assisteva al cimitero, con le più alte autorità del paese, ad una cerimonia in onore dei Caduti - Un poliziotto ha scoperto in tempo un potente ordigno: se fosse esploso, avrebbe fatto una strage - La situazione è tragica - Il Vietnam, pingue risaia d'Asia, non ha più riso per sfamare la gente; i campi sono devastati da vent'anni di guerra - La popolazione è sfiduciata, non crede più alla vittoria sui comunisti (Dal nostro inviato speciale) Saigon, 20 luglio. Ogni anno il 20 luglio il Vietnam si veste a lutto e piange. E' mancato poco die oggi piangesse ancora di più. Mentre il capo dello Stato, generale Thieu. l'ambasciatore americano Taylor, i ministri, i generali e il corpo diplomatico assistevano a una cerimonia al cimitero di Saigon in memoria dei Caduti, un poliziotto ha notato la miccia di una bomba e l'ha spenta. Era un attentato terroristico dei vietcong, ma Questa volta non ha funzionato grazie alla solerzia del poliziotto. Così la cerimonia si ò svolta col composto cordoglio che la circostanza richiedeva, ma senza altro sangue da aggiungere al molto già versato in Questa guerra. Il 20 luglio per i vietnamiti è giorno di lutto, ricorda la spartizione del paese in due tronconi, avvenuta appunto col trattato di Ginevra undici anni or sono. Giornata della vergogna, notte senza sonno, giorno del pianto definiscono il 20 luglio i vietnamiti, e sono frasi che, a parte la retorica, riflettono un reale, profondo desiderio dell'unità nazionale. Prima di ogni altra cosa il vietnamita è viet¬ namita, poi è comunista, democratico, buddista, cattolico, opportunista. La ragione per cui i vietcong ottengono imprevedibili successi non consiste soltanto nell'eroismo o nel fanatismo dei guerriglieri: l'inclinazione dei vietnamiti meridionali a considerare fittizie, provvisorie le barriere politiche e a guardare alla ricostituzione dell'unità nazionale come fine ultimo li favorisce non poco. La maggioranza è convinta ohe alla fine questa unità sarà raggiunta, c naturalmente sarà Ilo Chi Minh, il duro comunista del Nord, a prevalere, perché lui o i suoi successori rimarranno nel Vietnam, mentre gli americani, vincano o perdano la partita contro il Vietcong, un giorno torneranno a casa. Così ogni anno il 20 luglio a Saigon si dovrebbe piangere e imprecare contro Ho Clii Minh che ha provocato la frattura, imponendo al Nord il regime comunista, e scatenato la sovversione, il terrorismo, la guerriglia nel Sud Vietnam. Uffici e negozi chiusi, cerimonie in onore dei Caduti, lutto generale fino al tramonto, quando i soldati in licenza ricominciano le visite ai bar equivoci. Ma dietro l'apparato uffi¬ ciale si scorge l'inerzia della popolazione. Perché protestare contro Ho Chi Minh, che cosa ha dato il governo di Saigon oltre venti anni di guerra che ci devastano ca- o e se e campit E' gente che ha gran voglia di farla finita, anche se poi cade sotto il giogo comunista. La libertà è una gran bella cosa, ma 10 non ho più riso per i miei bambini, mi diceva uno scheletrito cameriere che ha già perduto un figlio, ne ha un secondo sotto le armi e altri otto da sfamare. Singolare avventura quella del Sud Vietnam, la più pingue risaia d'Asia, così fertile che pub produrre tre raccolti l'anno, e non ha più riso. Ho Chi Minh vorrebbe conquistare il Sud Vietnam proprio per le feconde risaie, che un tempo producevano tanto riso da nutrire l'intero Vietnam, avanzandone un milione e mezzo di tonnellate l'anno per l'esportazione. Il Nord Vietnam è industrializzato, si dice, ma alla maniera asiatica, cioè nella misura di un paese sottosviluppato, ed inoltre non ha terre che producano almeno 11 necessario alla popolazione. Il riso che gli occorre glielo requisiscono i vietcong al Sud. L'unificazione del paese, quindi, significherebbe impadronirsi dei fertili campi alla foce del Mekong, e la guerriglia innanzi tutto ha un aspetto economico, dietro la falce e il martello avanzano i conquistatori delle risaie meridionali. Anche ad Hanoi credo abbiano celebrato oggi la giornata della vergogna, naturalmente in funzione antiamericana, e forse con qualche ragione in più dei sudvietnamiti, perché al Nord hanno più fame, anche se al Sud, dove i tripli raccolti sono ormai una lontana favola, come les neiges d'antan, non si ride. Volete un chilo di riso? La borsa nera lo offre a venti piastre il chilo, circa centosettanta lire. Sembra poco, ma per l'operaio, il manovale, il ciclotassista, venti piastre sono più di un terzo del salario giornaliero, e un chilo di riso è niente in una famiglia di otto, dieci persone, che qui sono la media, perchè il riso è l'alimento essenziale per i vietnamiti più che il pane per noi. La pingue risaia dell'Asia non produce più riso, ne esportava un milione e mezzo di tonnellate all'anno dopo aver nutrito l'intero Vietnam, e ora ne importa 78 mila tonnellate dagli Stati Uniti. Vent'anni di guerra si fanno sentire e la carestia già spalanca atroci occhiaie sulle città e sui villaggi. Avere fame nelle più fertili terre dell'Asia può sembrare inverosimile, ma in Vietnam accade. Il riso importato dall'America sarebbe sufficiente a colmare le lacune aperte dalla guerra, ma gli incettatori, i borsaneristi e, infine, i vietcong s'incaricano di fare sparire il riso appena sbarcato dalle navi. Per gli speculatori e i borsaneristi il direttorio dei generali ha fatto erigere il patibolo sulto piazza del mer cato. Gli affamatori del popolo saranno tutti fucilati si disse. Alcuni speculatori furono arrestati e al proces so se la sono cavata con una multa. I vietcong, invece catturano i convogli che portano il riso alle città dell'ai Copiano, oppure lo ricevono per vie traverse dai loro emissari che trafficano a Sai gon, personaggi di non tra¬ scurabile influenza nella burocrazia vietnamita di giorno, agenti vietcong di notte. Durante un rastrellamento i marines hanno trovato in un accampamento vietcong un deposito di riso ancora nei sacchi americani, con sopra la vignetta che qui si vede stampata su ogni prodotto, dai medicinali ai libri, ai tessuti, due mani che si stringono sullo sfondo delle bandiere americana e vietnamita, che significa dono degli Stati Uniti. Per i vietcong ormai è diventato facile procurarsi il riso, oltre quello americano sequestrano quello die i contadini ancora producono e lo mandano ad Hanoi, che a sua volta lo rispedisce parte in Cina per pagare le armi con cui alimenta la guerriglia. Tutto ciò i vietnamiti lo sanno e ne parlano, ma nessuno dice che i vietcong sono affamatori, anzi molti tentano di giustificarli. Devono pur mangiare anche loro, dicono, e continuano a comperare il riso a borsa nera a venti piastre il chilo. Oggi, dopo che l'ambasciatore Taylor, il generale Thieu e tutti gli altri, noi giornalisti compresi, siamo sfuggiti alla bomba vietcong, ho preso il ciclotaxi e ho fatto un giro nei quartieri più popolari di Saigon, vicino al porto. Pensavo di trovare quella compostezza pensosa che si conviene nelle giornate funeste, invece quelle baracche, fatte di pali, frasche e panche sgangherate, die sono ristorante, osteria, bivacco, erano gremite come nei giorni di festa di folle sudanti in allegra promiscuità. Il pedalatore, che biascica un poco di francese, mi faceva da interprete. Il 20 luglio è una brutta giornata, dicevano, ma ormai la guerra sta per finire. E chi vincerà? domandavo. Allargavano le braccia, ridevano, come per farmi comprendere che era ingenuo domandarlo. Pensavano ai vietcong, evidentemente, perchè stranamente, nonostante la previsione che gli Stati Uniti si impegneranno ancora di più in questa guerra, è diffusissima la convinzione che sa¬ ranno i vietcong a vincere. Ma bene, dicono, gli americani sono potenti, ricchi, armatissimi, ma resteranno qui all'infinito a garantirci loro la libertà? Appena partiti, i comunisti prenderanno il sopravvento, è fatale, e ci saranno stati venti anni di guerra inutile. Capisce, inutile, come tutto il sangue che si è sparso. Come se ci fossero delle guerre utili, ma tentare un ragionamento con i vietnamiti sulla libertà e sulla dittatura è come macinare vento, non ascoltano o non comprendono, ancorati a un rigido nazionalismo che gli fa superare ogni barriera ideologica. Proprio su questo nazionalismo i comunisti hanno innestato la loro propaganda, presentando l'attuale guerra come prosecuzione di quella d'indipendenza combattuta contro i francesi. Volete che gli americani sostituiscano i francesi che i vostri padri hanno sconfitto, dicono. Sembra una frase assurda, senza senso, ma è una leva potentissima, perché tocca il nazionalismo dei vietnamiti, che spesso non sanno, o non vogliono distinguere. Gli americani sono brava gente, ma a casa loro, dicono, le faccende nostre le regoliamo fra noi i/ietnamiti. Il loro nazionalismo è sincero, non ancora xenofobo. Finora non sono apparse sui muri scritte « yankee go home », ma durando la guerra non è improbabile che ci accada di leggerle fra non molto. Francesco Rosso

Persone citate: Thieu