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Trabucchi : « Sono innocente, mi affido al vostro giudizio di uomini d'onore»

Trabucchi : « Sono innocente, mi affido al vostro giudizio di uomini d'onore» II Parlamento ascolta II senatore de In protondo silenzio Trabucchi : « Sono innocente, mi affido al vostro giudizio di uomini d'onore» L'ex ministro parla con voce chiara, a tratti rotta da evidente emozione - « Non ho firmato, dice, la richiesta di essere messo in stato d'accusa, perché avrei dovuto riconoscermi colpevole di reati che non ho compiuto» - Ribatte ad una ad una tutte le imputazioni e dichiara che l'Erario ha avuto un utile dalla sua iniziativa - «I calcoli errati della Guardia di Finanza sono basati, come ha riconosciuto il col. Oliva, su informazioni presunte ed incerte» - Se le due società dell'on. De Martino hanno commesso illeciti, «questi sono fuori della mia competenza» - Conclude: «Non ho violato consapevolmente la legge, ritengo di aver colmato con il mio intervento una lacuna» -1 parlamentari de applaudono (Nostro servizio particolare) Roma, 19 luglio. « Onorevoli colleghi, mi sento e sono innocente. Ora il mio passato di amministratore, di senatore, di ministro, la mia reputazione, la reputazione della mia famiglia sono nelle vostre mani di galantuomini e di uomini d'onore ai quali chiedo soltanto di decidere con la serenità che si deve dal giudice verso il cittadino ». Tre minuti di applausi dei democristiani in piedi hanno accolto queste parole, con le quali l'ex ministro delle Finanze sen. Giuseppe Trabucchi ha concluso il suo discorso di difesa contro l'accusa di aver abusato dei suoi poteri per recare vantaggio alle società dell'on. Carmine De Martino. Il capo dei senatori de, Silvio Gava, che era seduto accanto a lui, lo ha abbracciato e baciato sulle guance. Poi intorno a Trabucchi si è fatta la folla dei suoi colleghi di gruppo: Rumor, Zaccagnini, tanti e tanti altri, tante strette di mano, saluti da lontano, animazione e anche soddisfazione tra i democristiani. Trabucchi ha parlato esattamente una ora, dalle 19,30 alle 20,30. E' stato ascoltato in assoluto silenzio dall'assemblea. « Ho chiesto di parlare in quest'alta assemblea — ha cominciato con voce chiara ma a tratti rotta da una evidente emozione — nella convinzione di adempiere al dovere di rendere conto in sede legittima dell'opera che ho svolto come ministro. Ritengo di esprimere così il rispetto profondo, sostanziale e non soltanto formale, al Parlamento e all'opinione pubblica. Coloro che mi conoscono sanno che io non ho mai nascosto la mia opinione, che non potrò mai nascondere la verità, anche se questa si rivolgesse in ipotesi contro di me. Come cristiano e come cittadino, prima ancora che come parlamentare, conosco il dovere di dire sì al sì e no al no. E coloro che conoscono me e la mia famiglia non sanno rendersi conto del come io possa essere un disperditore anziché un difensore del pubblico denaro. Comunque, vi parlo non da accusato che si difende ma da ex ministro che espone U suo operato: non è assolutamente vero che abbia commesso U reato contestatomi, che implica la volontà di favorire due società commerciali e i loro titolari. «Per questa ragione io non ho potuto firmare, come alcuni hanno chiesto, la messa in stato d'accusa che ha provocato questo dibattito. E così io non ho chiesto di andare direttamente davanti alla Corte Costituzionale, perché avrei dovuto domandare al Parlamento di ritenermi colpevole di reati che non ho commesso». Fatta questa premessa, Trabucchi è passato all'esame particolareggiato dei fondamenti dell'accusa, partendo dalla peronospora che distrusse il tabacco italiano nel 19.61. «Lo spettacolo delle campagne die visitai era desolante, gli stessi tecnici eru.iq smarriti, ogni cura si era dimostrata vana. Allora alcune società meridionali, eoa le quali non avevo mai avuto rapporto alcuno, né diretto né indiretto, chiesero di poter con segnare al Monopolio il tabaccò che esse avrebbero coltivato nel Messico. La domanda mi fu illustrata dall'on. Carmine De Martino col quale io non avevo avuto rapporti di sorta». La peronospora e la necessità di avere tabacco dal l'estero fecero quindi prendere in considerazione la proposta, « che sottoposi al direttore generale del Mo nopolio per l'esame prelimi nare e al mio capo di gobi netto per gli aspetti giuridici ». Cova rispose che la cosa non si poteva fare, il dott. Tozzi affermò che l'istanza rientrava nel quadro delle norme vigenti. Il terzo parere, quello dell'on. Resta (che, come hanno sostenuto gli accusatori, era pagato dall'on. De Martino) « io non l'ho mai letto, anche se l'avrei fatto volentieri, per la < stima ohe ho dell'on.' Resta ». .'Comunque,: in quella situazione i produttori esteri si erano già fatti avanti con offerte a prezzi superiori a quelli poi realizzati e c'era da prevedere un progressivo rialzo dei prezzi. Per condizionare quelle offerte, « ritenni utile incoraggiare la coltivazione all'estero ». Trabucchi è poi passato àgli aspetti giuridici, rispondendo alle varie accuse. a) Non fu chiesto il parere obbligatorio del Consiglio di Stato: «Per legge il parere del Consiglio di Stato è sostituito ad ogni effetto da quello del Consiglio di amministrazione ». b) Non fu chiesto il parere obbligatorio del Consiglio di amministrazione del Monopolio: « Sia pure in forma contraria, il parere fu dato, e fu, come è stato rilevato, negativo ». c) La legge consentiva o no il provvedimento adottato?: «Come disse il consigliere di Stato dott. Tozzi alla commissione inquirente, il problema era: "Una volta ammesso che la legge sui Monopoli consente di acquistare tabacco all'estero prescindendo da determinate formalità, l'amministrazione è tenuta ad attendere volta per volta che le sia consegnato il tabacco oppure può fare dei contratti di fornitura in anticipo?". Il problema fu risolto nel senso ovvio che si potessero fare contratti di acquisto in anticipo senza necessità di modificare la legge ». d) Il provvedimento violò competenze e regole formali : « Ho già dimostrato che non occorreva modificare la legge; affermo adesso che non era necessario passare obbligatoria mente attraverso l'ufficio acquisti del Monopolio perché, come bene ha detto la commissione inquirente, il ministro poteva ritenersi, come capo dell'amministrazione, autorizzato ad un acquisto diretto; né è esatto che, se il contratto fosse stato fatto dall'ufficio acquisto, esso avrebbe avuto la forma del decreto, e quindi controllato dalla Corte dei Conti, perché ciò è escluso dall'art. 10 della legge di contabilità generale; è vero anche che l'art. 10 si riferisce agli acquisti diretti del Monopolio, ma è stato commesso un errore affermando che "direttamente" significhi "senza intermediari", poiché il divieto riguarda soltanto 11 Monopolio che, come acquirente, non può farsi rappresentare da intermediari, mentre non riguarda i compratori ». L'ex ministro ha quindi esaminato le conseguenze del suo provvedimento rispetto all'Erario. Ecco le cifre. Nell'ottobre 1961 il Monopolio voleva acquistare tabacco Burley all'estero al prezzo di lire 803,75 al chilogrammo. L'acquisto non fu più effettuato dopo l'autorizzazione concessa a De Martino, ma il prezzo a questi corrisposto risultò infe¬ riore di circa 109 lire al chilogrammo. Nel maggio 1962 il Monopolio acquistò tabacco Burley a 750,70 lire al chilo, cioè a 56 lire in più di quel che veniva pagato il tabacco fornito da De Martino. Solo per una partita acquistata nel luglio 1962, a lire 686 al chilo, il prezzo risultò più vantaggioso (di otto lire al chilo) rispetto a quello corrisposto a De Martino. « Risulta evidente che l'amministrazione non ci ha rimesso, ma ha invece realizzato una sensibile economia (IfO milioni)». I calcoli errati della Guardia di Finanza sono stati basati, come ha dichiarato il colonnello Oliva, « su basi e informazioni presuntive e incerte. «E' assurdo, poi, il ragionamento del sen. Terracini e dell'on. Sponziello i quali equiparano il presunto utile (1300 milioni) delle società al danno dello Stato. Anche se in anni felici i produttori messicani possono guadagnare tali cifre, ciò non riguarda lo Stato che è comunque costretto ad acquistare e deve accettare i prezzi del mercato internazionale, dominato dai grossi venditori». Le clausole del contratto (che hanno costituito motivo di rilievi) : 1) durata (5 anni) e sicurezza di collocamento del prodotto: « Senza questi elementi l'esperimento di coltivazione non sarebbe stato tentato da nessuna ditta »; 2) il prezzo legato alle tariffe interne: «Per evitare sensibili rialzi conseguenti al temuto espandersi della peronospora »; 3) affidamento delle perizie alla Commissione di stima del tabacco indigeno anziché a quella per gli ac quisti all'estero : « La clausola non agevolava le ditte, tuttaltro, poiché così era possibile applicare severamente le norme interne sugli scarti, inapplicabili al tabacco fornito in colli dalle ditte estere ». Trabucchi ha poi esaminato le altre accuse di « favoritismo ». Circa il fatto che le ditte De Martino ottennero il per messo di esportare il tabac co da esse posseduto in Italia, circa la mancata pat¬ tuizione degli interessi sui diritti doganali anticipati dal Monopolio, circa la restituzione dell'Ige e dell'imposta conguaglio, l'ex ministro ha detto : « Sono accaduti fuori della mia competenza ministeriale, perciò non posso risponderne ». Circa la sostituzione di tabacco Bright al Burley (più pregiato) concessa a De Martino su sua richiesta, Trabucchi ha detto che la sua lettera all'amministrazione del Monopolio fu « una lettera di nulla osta, senza indicazione di prezzo, di qualità e di quantità, esprimente un semplice avviso, e rimettentesi alla prudente decisione degli organi tecnici: non ho più conosciuto il seguito ». Circa il fatto che ai prodotti del 1962 siano state applicate le tariffe del '61, e così negli anni successivi, la ragione è che vi era un tendenziale aumento dei prezzi e ciò consigliava di riportarli all'emno precedente, criterio convalidato, come vantaggioso per l'Erario, dall'Avvocatura dello Stato ». Esaurito l'esame dei fatti materiali che sono il presupposto dell'accusa, Trabucchi ha dato « uno sguardo » all'elemento intenzionale: recare vantaggio alle società De Martino. «iVon solo l'idea dell'abuso di ufficio non mi si è mai presentata — ha detto Trabucchi — ma sono ancora oggi convinto di non aver compiuto una illegittimità sostanziale. Ho solo colmato, con procedimento di interpretazione logica, la lacuna apparente esistente nella legge per il caso specifico sottoposto alle mie decisioni ». E così « non si può affermare che abbia consapevolmente violato la legge nella forma, poiché i pareri su questo punto sono ancora discordi e motivati contraddittoriamente». Dov'è dunque il dolo? L'intenzione di recare vantaggio alle due società? « Sulle irregolarità formali ho già detto. Sui grossi guadagni delle ditte i casi sono due: o dipendono dalle leggi del mercato, e allora non c'è danno per lo Stato; o sono illeciti (per evasioni fiscali o altre manovre adombrate dalla Guardia di Finanza) e allora c'è danno per lo Stato, ma dipendente non dal contratto bensì dalla sua esecuzione, comunque fuori della mia competenza ». Infine si è detto che la concessione è stata data « clandestinamente » ; «ma nella seduta del Consiglio in cui se ne parlò era presente il presidente dell'Unione tabacchicultori italiani (allora l'on. Vetrone) ». E si è detto anche che fu data in esclusiva : « Ma se le ditte non avanzarono richieste per ignoranza, ciò dipese, come ha detto il sen. Terracini, dall' ostruzionismo del dott. Cova che non volle dare al contratto la pubblicità che io invece avevo prescritto». Poi ci sono state le commosse parole finali rivolte all'assemblea. Fausto De Luca TI sen. Trabucchi durante il suo intervento (Tel. A.P.)

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