La semplicità del corridore italiano ha conquistato i francesi

La semplicità del corridore italiano ha conquistato i francesi La semplicità del corridore italiano ha conquistato i francesi (Dal nostro inviato speciale) Farigi, 15 luglio. Andiamo in macchina nel trafflco intenso di Parigi, sui vasti boulevards del Faubourg Montmartre. Altre macchine si affiancano alla nostra, dai finestrini si affacciano volti di sconosciuti, che, sorridendo, ci urlano: «Gimondi! Gimondi!». Nei ristoranti i camerieri parlano del ragazzo di Sedrina come fosse uno di casa, stanotte lo strillone dei giornali ci ha voluto ad ogni costo regalare un paio di quotidiani, abbiamo contraccambiato con un cognac, è finita, a furia di reciproche cortesie, dopo un paio d'ore, interamente trascorse a chiacchierare del ciclista italiano. Insomma, per noi che abbiamo vissuto le ore liete dei trionfi di Coppi e di Partali è sembrato di tornare indietro nel tempo — un salto di una quindicina d'anni —, quando i francesi facevano un tifo schietto per « Fostò » e per « Gino ». Ventidue giorni di corsa hanno compiuto una specie di miracolo, sono riusciti a trasfor mare in personaggio un ragazzo sconosciuto. Ed 1 francesi si inorgogliscono con ragione del loro spiccato senso spor tivo, lo strillone di stanotte affermava di essere sicuro che ieri, al Pare des Princes, Gi mondi era stato applaudito con ben maggior calore di quello riservato un anno pri ma ad Anquetil, e, mentre lo diceva era proprio soddisfatto. Evidentemente il ciclista di Bergamo ha fatto centro, al suo primo apparire, nel bersaglio, non sempre facile, della popolarità, I giornali riflettono Io stu pore ammirato per la grande impresa, titoli a piena pagina magnificano il risultato otte nuto dall'atleta italiano, e, per quanto riguarda i commenti, ne scegliamo uno soltanto, quello del signor Levitan, condirettore della corsa, che, tra l'altro, scrive: «Nella scia di Gimondi, da Versailles sino a Parigi, mai abbandonandolo con lo sguardo, noi siamo stati stupiti ritrovando in lui, nello stesso tempo, lo stile di Anquetil e la robustezza di Bobet, il tenace vigore di Koblet e la leggerezza d'azione di Coppi. Niente Io fermava, e più i chilometri si aggiungevano ai chilometri, più il suo ritmo si accelerava, più Gimondi dava l'impressione di volare. Grande per il suo valore fisico, eccezionale per le sue qualità morali, sorprendente per la modestia, appassionante per il carattere, Gimondi è un atleta nuovo... ». Difficile, addirittura forse impossibile, esprimersi in modo più chiaro, ed al cronista italiano altro non resta che unirsi al coro di elogi, se mal cercando di scoprire i motivi immediati di una così vasta popolarità conquistata in tempo tanto breve. Gimondi, a nostro parere, ha vinto la battaglia su due fronti, è stato cioè l'atleta migliore di tutti, e, contemporaneamente, ha affascinato i giornalisti, specie i giornalisti stranieri, per il suo modo di fare semplice, sempre corretto, di una notevole spontanea genuinità. Mai un gesto di superbia, mai una parola sgarbata, il campione che nasceva sotto i nostri occhi aveva per prima dote un grande autocontrollo, all'insegna di una modestia alla quale, francamente, avevamo perso l'abitudine. Partito di malavoglia da Colonia, obbligato praticamente a tentare un'avventura che forse lo affascinava ma che contemporaneamente, gli incuteva un ragionato timore il bergamasco ha potuto trar profitto da una relativa libertà d'azione ed ha presto ve stito la maglia gialla. Ben presto, però, dopo il ritiro di Adorni sui Pirenei, si è trovato sulle spalle una grossa ed imprevista responsabilità. Il suo ruolo, prima ancora che il Giro fosse a metà, è diventato arduo. Fin a quel giorno, il giorno dell'Aubisque e del Tourmalet, Gimondi era un semplice gregario, sia pur di lusso, che viveva il suo quarto d'ora di celebrità, da quel giorno si è trasformato In un protagonista dalle ambizioni ben definite, disposto ad accettare 11 confronto, a testa a testa, con Poulidor Piacque soprattutto in quel periodo l'atteggiamento dl Gimondi nel confronti di Motta Il brianzolo gli faceva una sana e giusta guerra, senza esclusione di colpi. Sarebbe stata umana e giustificabile, sia da parte dell'atleta come da parte di Luciano Pezzi, suo direttore sportivo, una reazione vivace, improntata nei toni aspri di una naturale pole mica. Gimondi, nonostante alcuni «inviti» piuttosto plateali alla discussione, seppe conservare il silenzio dell'in- telligenza e del buon senso Perse il confronto con Pou- lidor sulla spietata rampa del Ventoux, ina limitò i danni in un batter d'occhio superando una pericolosissima crisi. Restavano il Mont Le Revard e la Versailles-Parigi, due tappe a cronometro che gli organizzatori avevano scelto adattandole alle misure di Poulidor. Qui, Gimondi ha costrutto il suo capolavoro, imponendosi sia nell'una come nell'altra prova, mettendo in vetrina una singolare capacità di adattamento ed una singolare abilità su due tracciati profondamente diversi. Segno di classe, di una grande classe; non basta infatti esser giovani ed avere la possibilità di un pronto recupero dì energie per emergere contro uno specialista abile come il francese, uno specialista che, in particolare, vantava ben maggiore esperienza. Gimondi, insomma, dapprima ha stupito, poi ha entusiasmato. E la sua impresa atletica — di un debuttante che conquista il trionfo al primo tentativo, e che a ventidue anni appena supera uomini fatti — spinge all'ammirazione per la facilità con cui è stata realizzata, in un adattamento alle circostanze che costituisce, in un certo senso, il lato più positivo della lieta avventura. Gimondi, senz'ombra di dubbio, è un campio ne. Un campione completo, dotato di grandi qualità e fre sco di energie. Un campione ricco di un carattere felice, capace dì attirare d'istinto la generale simpatia Il bergamasco, insieme con Motta, ha conquistato i favori degli appassionati. Se Gimondi ha vinto, il brianzolo ha pure ottenuto un ottimo terzo po sto, ponendo in luce le stesse qualità, la stessa giovinezza spigliata, la stessa semplicità di carattere. I due hanno fatto vincere al ciclismo italiano la battaglia più importante di questi ultimi anni, una battaglia che aveva addirittura come posta il dominio assoluto In campo mondiale. Gimondi e Motta hanno ventidue anni, ed un futuro radioso dinanzi a loro. Quali traguardi riusciranno a raggiungere? Non è lecito avventurarsi In Ipotesi, che, oggi come oggi, sono fatalmente tinte di rosa. A noi tocca rivolgere ora un grazie affettuoso per quanto hanno fatto l'invito fraterno a restare quelli che sono, senza nulla perdere della loro disarmante semplicità, conservando anche quell'aria indefinibile di ragazzi per bene. Due campioni — è vero —: ma due campioni che devono esser capaci di non perdere la testa, proprio adesso che è giunto il momento della prima gloria sportiva. Gigi Boccacini Jacques Anquetil (a sinistra) e Felice Gimondi sorridono insieme: il prossimo anno saranno avversari al Giro di Francia? (Tel.)

Luoghi citati: Bergamo, Colonia, Francia, Parigi, Sedrina