Saragat, uomo "europeo,, ha conquistato i tedeschi di Vittorio Gorresio

Saragat, uomo "europeo,, ha conquistato i tedeschi Terminata la visita di Stato del Presidente italiano Saragat, uomo "europeo,, ha conquistato i tedeschi Ha condannato lo «spietato muro» di Berlino; ha detto che la Repubblica Federale merita la solidarietà degli altri popoli; ha proclamato che i tedeschi hanno il diritto di veder finire la campagna d'odio verso di loro - Ma soprattutto ha saputo dare un significato profondo a queste parole - Ha dimostrato di conoscere che la vera Germania è quella di Kant, Goethe, Thomas Mann: un Paese con una coscienza e una cultura universali, indiscutibilmente europee (Dal nostro inviato speciale} Lubecca, 10 luglio. L'ultima sua giornata tedesca Saragat l'ha trascorsa nella bellissima Lubecca, la capitale dello SchleswigHolstein, già città guida della Lega Anseatica, oggi avamposto di confine verso il mondo sovietico. A quattro chilometri dai suoi sette campanili si ergono infatti, sui campi segnati di mine anti-uomo, le torri vigilate dai gendarmi della Germania Est. A Saragat il sindaco presidente della città, dottor Gaul, ha detto che Lubecca, che fu nei secoli una porta aperta fra Settentrione e Meridione, oggi è purtroppo chiusa verso Oriente. Ha taciuto aspettando una risposta, poi finalmente ha sospirato insieme a Saragat, che sospirava anche lui. « / frutti della guerra » si è limitato a mormorare Saragat. Era nel momento in cui guardava le cinque campane della Marienkirke abbattutesi al suolo durante il grande bombardamento dirompente e al fosforo, che sul finire del '44 distrusse quasi tutta la città. Per il calore degli incendi le campane erano diventate incandescenti, e poi si misero a suonare, impazziti i batacchi, e precipitarono sonando. Sono rimaste confitte nel pavimento, in una cappella d'angolo della chiesa. Ancora «i frutti della guerra», tornò poi a ripetere Saragat quando gli fecero vedere le rovine della casa che fu di Thomas Mann, dove furono scritti « I Buddenbrook ». Mann a Lubecca è ricordato con rispetto, ma gli si fa il rimprovero di non essersi stabilito nella sua vecchia città al ritorno in Germania dopo la guerra. Amava andare spesso a soggiornare dall'altra parte, a Weimar, còme sé rion accettasse la partizione, ma la suscettibile sensibilità di questi cittadini di confine (Lubecca è stata paragonata a Trieste per la sua particolare condizione) non riusciva a comprendere, e a perdonare, tanto altero distacco dalle cose. Comunque, Saragat ha invece parlato molto di Thomas Mann con i suoi ospiti, proponendolo a modello di uomo libero, esemplare per il senso della sua vocazione europea, internazionale. « E' per questo che Thomas Mann è nel solco della vostra migliore tradizione. Le più alte figure della coltura germanica hanno un carattere universalmente umano e inconfondibilmente europeo. Leibnitz ci riporta alle figure di Galileo, di Descartes, di Newton. Kant alle figure di Hume e dei grandi illuministi dell'Inghilterra e della Francia. Non si può pensare ad Hegel e a Schelling sema pensare a Giordano Bruno, a Descartes, a Spinoza, a Vico. Il più grande poeta tedesco, Goethe, è proprio il più europeo di tutti. E così dovete dire anche di Thomas Mann ». I tedeschi, del resto, hanno sempre assentito a questi discorsi che Saragat ha ripetuto per tutto il suo viaggio. «La vostra grande età è quella di Weimar, al tempo di Goethe, quando la coltura tedesca esercitò una egemonia che non le era stata affidata dal Deutschtum, dal germanesimo, ma dall'Europaentum, o meglio dallo spirito del mondo ». Citava Goethe a braccio, si richiamava a Croce, e una sera, con Luebke, raccontò di avere passato una mattina intera, prima di partire da Roma, alla ricerca di una pagina di Goethe da cui voleva trarre un passo per il suo discorso di Berlino. Ne aveva trovato la traduzione in un libro di Croce, (« un filosofo che ebbe un debito grande verso la coltura tedesca e che quel dono ripagò con affetto ») ma naturalmente non si sentiva di ritradurre in tedesco, lui, per leggerlo agli studenti della Freie Universitaet. « Non me lo sarei permesso mai — diceva ridendo a Luebke, che stupefatto ammirava — così ho sfogliato Goethe per tutta una mattina, è finalmente ho trovato la pagina a cui ai>e-va attinto Croce. E' nel Farblehre, la teoria dei colori ». L'informazione così data a Luebke durante il pranzo al castello di Bruni, la prima sera, è circolata subito fra politici e diplomatici tedeschi, è finita sui giornali, se n'è parlato in tutta la Germania, lusingando i tedeschi come nessuna dichiarazione che fosse stata retorica avrebbe potuto fare. L'impegno colturale di Saragat li rassicurava sulla sincerità del suo approccio alla Germania, giacché temevano, come avevano temuto alla vigilia del viaggio, che tutto si potesse risolvere nelle solite proclamazioni di maniera, più o meno sentimentali, che infestano i discorsi dei grandi in occasione dei loro incontri. Con Saragat le cose sono andate diversamente, molto meglio, per la prima volta dopo la fine della guerra. Durante la visita al muro di Berlino i suoi ac compagnatori lo scrutavano, lo studiavano, cercavano di indovinarlo con attenzione ansiosa. Fra le molte definizioni date del muro, quel la che ha usato il Presidente ( «questo muro spietato» ) forse è piaciuta più di tutte: «/ berlinesi la adotte- ranno », gli ha detto Brandt. Oggi, sulla splendida piazza' del mercato municipale di Lubecca, che si presenta a chi procede dal lato nord a quello sud in ordinata successione degli stili romanico, gotico e rinascimento come s'incontra a sfogliare le pàgine di un testo di storia dell'arte per le scuole, i cittadini aspettavano Saragat, le bandierine impugnate nelle destre tese in alto per applaudirlo. Tra gli applausi da ogni parte si è distaccato il grido di una donna: « Viva il Presidente! Sono di Pavia ». Saragat si è avvicinato a stringerle la mano. Era Jurgens Aldina, nata Frattini, come si è presentata la signora, sposata ad un tedesco residente a Lubecca: « Ma sono sempre saragattiana, e tutte le volte che sono andata in Italia ho votato per lui ». Con la giornata di oggi nello Schleswig-Holstein è terminato il viaggio di Sa ragat che in Germania ha trovato o meglio ha suscitato simpatia più di quanto potessero immaginare gli organizzatori della sua visita di Stato. Il Presidente ha toccato la ragione e la coscienza dei tedeschi non solo perché ha parlato del loro diritto che cessi ogni campagna d'odio indiscriminata nei confronti di tutto il loro popolo, ma forse soprattutto perché ha insistito di volta in volta, cogliendo ogni possibile occasione in pubblico e in privato, sul diritto tedesco a ricevere solidarietà da parte dell'Europa come contropartita del dovere tedesco di solidarietà con gli altri popoli : « La verità — egli andava ripetendo — è che la Germania e tutta l'altra Europa occidentale hanno conosciuto splendore quando nessun dissidio spirituale le divideva, quando esisteva una società colturale europea ». Vittorio Gorresio Il presidente Saragat, tra Von. Moro, a sinistra, e Von. Bucciarelli Ducei ieri pomeriggio all'arrivo da Amburgo all'aeroporto di Ciampino (Tel. Ass. Press)