Un grande corridore

Un grande corridore L'atleta di Parma senza rivali Un grande corridore La corsa è stata bella ed interessante - Ma per il futuro sarà meglio evitare l'incognita dei trasferimenti aerei e gli inutili rischi, sul tipo di quello corso sullo Stelvio - Si è fatta sentire la mancanza di ciclisti stranieri di classe Firenze, lunedì mattina. Il Giro è finito, torniamo a casa. La carovana s'è sciolta ieri a Firenze, abbiamo salutati tutti gli amici, quelli che, per quasi un mese, ci sono stati compagni d'avventura sulle strade d'Italia. E' tempo di bilancio, bisogna tirar le somme. La grande corsa a tappe ha tenuto fede alle promesse della vigilia, è riuscita cioè a ridestar fresche passioni per il ciclismo, oppure si è trascinata fiacca e noiosa, clamorosamente fallendo il bersaglio? Rivediamo insieme le vicende delle ventidue tappe. Com'è, questo bilancio? Attivo o passivo? Attivo — a nostro avviso. Ma attivo in un modo sconcertante e francamente imprevisto perché, nel quadro complessivo della gara, è venuto a mancare proprio il motivo più frizzante, la lotta a coltello tra gli atleti delle nuove generazioni ed invece è toccato ad un uomo solo, ad un uomo In eccezionale grado di forma, il compito di funzionar da « mattatore >, con una superiorità che da anni più non era stato possibile registrare. Adorni ha trionfato quasi in polemica con se stesso. Alla vigilia doveva dar forfait, il suo obiettivo era il Tour, non il Giro. Fu necessario l'intervento d'uno del padroni della sua « Casa > per costringere il ragazzo emiliano a prendere il via; e Adorni, a San Marino, inalberava il broncio delle persone obbligate, pareva declinare ogni responsabilità, sembrava rassegnato in anticipo ad una settimana di brutte figure — una settimana al massimo — con il corollario di un inevitabile ritiro. Favoriti erano gli altri, a cominciare dalla coppia piemontese formata da Zilioli e da Balmamion. Oppure si parlava di Venturelli. O si puntava sui giovani. Lui, Adorni, diceva di sì, diceva che avevano ragione, personalmente davvero non se la sentiva di assumere pesanti impegni. Non faceva pretattica, era soltanto sincero. Cominciò in sordina, un po' di controvoglia. Ma poi, piano piano, s'accorse di un particolare importante: magari soffriva, sul percorso che si confermava durissimo, ma i suoi rivali soffrivano pure loro, e forse di più. O non avevano forze sufficienti, o sbagliavano 1 piani, questi avversari di Adorni. E l'interessato prese fiducia. Tentò il colpo a Potenza e gli andò liscia. Fu una portentosa iniezione al morale. Ritoccò la classifica, naturalmente a suo favore, nella cronometro di Taormina e, con la certezza garantita dalle brillanti condizioni fisiche, attese le tanto temute tappe di montagna. Aveva intenzione (e diritto) di limitarsi alla difesa. Ed invece, il giorno dei quattro colli, compì l'opera con un attacco folgorante. La battaglia per la conquista della maglia rosa già l'aveva vinta in precedenza, nell'occasione Adorni vinceva un'altra battaglia importante, quella per la conquista delia popolarità. Erano anni, tanti anni che s'andava cercando un uomo forte e coraggioso, capace di imporsi, finalmente, senza badar troppo al risparmio di energie. E' stato lo slancio di Adorni, a render bello il Giro, facendolo avvampare della fiamma di un genuino interesse. E, spostando la questione verso un ragionamento tecnico, il Giro del '65 ha il merito di aver proposto alla ribalta un atleta profondamente trasformato, perché Adorni s'era assuefatto ai piazzamenti d'onore, era bravo ma non bravissimo, simpatico ma non resistente ed invece è venuto sulla scena con il piglio del campione consapevole delle proprie possibilità. Alla maniera forte, in poche parole, dopo aver raggiunto, al ventottesimo anno, una piena maturazione. Ed è questa maturazione completa, nel fisico e nel morale, ad offrire una spiegazione per la vicenda del Giro che è, sotto un certo punto di vista, inesplicabile. Il Giro è stato sfibrante, mai una tappa che abbia concesso un tracciato di lieve impegno. Insomma: un Giro riservato agli uomini fatti, non ai ragazzi, che, giovanissimi d'anni e d'esperienza, si sono trovati di fronte ad ostacoli troppo gravosi. E' « una » spiegazione — ripetiamo, non « la » spiegazione. Ma concorrerebbe almeno a chiarire il mistero della deludente prestazione fornita da molti dei prim'attori. Ciascuno di loro merita un particolare discorso: però, se li si considera in blocco, ci deve pur essere un motivo che illustri la mancanza di verve, la eccessiva rassegnazione, 1 comodi sospiri per riconoscere la superiorità di Adorni. Certo, lo scoprire un < mattatore > imprevisto ha gelato parecchi entusiasmi, ci ricordiamo Zilioli a Potenza mentre dichiarava che Adorni era in forma spettacolosa e che l'esito della corsa sarebbe tornato in discussione solo nel caso d'una crisi dell'emiliano. Però, nessuno si è provato ad attaccare a fondo Vittorio. Qualche allungo di Bito3si, un'offensiva di Zilioli sul Sempione. Sempre Adorni ha avuto la risposta pronta e tutto è finito nella generale consapevolezza d'un risultato ormai scontato. Ad un Adorni ben più forte del prevedibile ha fatto riscontro una pattuglia di atleti che invece ha reso meno di quanto fosse lecito attendersi. Il succo del Giro è qui ed il futuro, esclusivamente il futuro, ci dirà se davvero gli sconfitti hanno subito le conseguenze di una corsa eccessivamente difficile oppure se invece, almeno per taluni di loro, non si tratti di una realtà amara che impone un ridimensionamento di ambizioni. Non esistono scuse valide ed i battuti, ad esser sinceri, nemmeno ne cercano. Li abbiamo visti ancor ieri. Un po: tristi, molto pensierosi. Facevano un onesto esame di coscienza, che tentava di rispondere ad una domanda: «Perché ho perso così?». A proposito di esame di coscienza. Tutto è bene quel che finisce bene, evviva il Giro ed evviva Adorni Ma siamo sicuri che il responsabile dell'organizzazione, nelia legittima gioia di una fatica compiuta, sta riesaminando la situazione. La corsa senza stranieri (ci riferiamo naturalmente a stranieri in rfamba, non a mezze calzette) è corsa un tantino zoppa: e uno. Le trasferte aereo-ferroviarie dalla Sicilia rappresentano un'incognita non sempre facilmente risolvibile, tanto vale trovare altre « fantasie »: e due. L'imponderabile del cattivo tempo deve esser tenuto in giusta oonsiderazione, il brivido della «suspense» è utile ma una slavina sulla testa non fa piacere a nessuno anche se, dopo, si scherza sulle sue piccole dimensioni: e tre. Meglio non tirar troppo la corda, il Giro d'Italia è una competizione sportiva non una sfida alla buona stella Gigi Boccacini