La tregua a Santo Domingo imposta dagli statunitensi di Giovanni Giovannini

La tregua a Santo Domingo imposta dagli statunitensi Dopo la di Stevenson all'Oli u La tregua a Santo Domingo imposta dagli statunitensi Il generale Imbert Barreras ha interrotto la sua offensiva contro le forze di Caamano - Un ufficiale brasiliano tra pochi giorni assumerà il comando delle truppe interamericane alle dipendenze dell'Osa - Una lettera pastorale dell'arcivescovo Baras ai capi delle due fazioni per esortarli alla pacificazione - Un solo incidente nelle ultime ore: sparatoria tra franchi tiratori e paracadutisti DAL NOSTRO INVIATO Santo Domingo, lun. matt. La tensione a Santo Domingo è diminuita di colpo nelle ultime ore in seguito all'annuncio dato da Stevenson alle Nazioni Unite che e forze americane non permetteranno alfe due fazioni n lotta di scontrarsi né in terra — attraverso il « corridoio » e la « zona internazionale » tenuti dai marines — né in cielo, ué in mare. Il generale Imbert Barreras non ha mai avuto probabilmente la volontà e la possibilità di attaccare la Ciudud Nueva attraversando da est la foce del fiume Ozama 0 sbarcando da sud nel porto: da ieri, in ogni caso, sa che una sua eventuale mossa in questa direzione verrebbe immediatamente bloccata, noti tanto dagli uomini di Caamano quanto dalle truppe Usa. Sarà una coincidenza, come pretende il comando del corpo di spedizione, ma per la prima volta dal loro arrivo in queste acque venticinque giorni addietro, alcune unità della flotta americana (trentasette navi, diecimila uomini di equipaggio) finora sempre ferme al largo, ieri hanno fatto movimento portandosi più vicine alla costa. Ed il generale Imbert, dopo avere, fieramente rifiutato sabato mattina un prolungamento della tregua, ha pensato bene di riconvocarci più tardi d'urgenza per annunciare che. come prova di buona volontà, le sue forze «antirivoluzionarie» non 1111111111111111111111111111111111 iniiiii in avrebbero più avanzato salvo provocazioni nemiche (cosa che il suo avversario Caamano, di giorno in giorno più politicamente prudente, evita con cura). Uno scontro a fuoco di una certa violenza si è invece avuto nel tardo pomeriggio di sabato attorno al solito Palazzo Nazionale tra paracadutisti della 82" divisione e franchi tiratori. Questa volta ha fatto in tempo ad accorrere sul posto anche l'osservatore militare delle Nazioni Unite, il generale indiano Rykie, che in un rapporto immediatamente trasmesso ad U Thant ha deprecato sia l'iniziativa ribelle, sia la reazione americana, a suo giudizio eccessiva. Nessuno però drammatizza: si ha semplicemente la impressione che alla base gli uomini tardino ad adeguarsi ad un'evoluzione ormai chiara al vertice. Oltre cìie dal Palazzo di Vetro qualche buona notizia viene anche dall'Organizzazione degli Stati americani (Osa). Sono giunti ieri sera da Rio de Janeiro una ventina di ufficiali, avanguardia dei milleduecentocinquanta fucilieri di marina brasiliani attesi nei prossimi giorni. Il comando degli Stati Uniti conferma che ad ogni arrivo di soldati interamericani seguirà la partenza di altrettanti uomini del Corpo di spedizione (attualmente 31.800, tra fanti, marinai, aviatori): e precisa inoltre che al più presto possibile il comando delle truppe di qualsiasi nazionalità presenti a Santo Domingo verrà assunto da un ufficiale brasiliano con uno dell'esercito statunitense come comandante in seconda. Un altro problema delicato ha trovato così una soluzione. L'Organizzazione Stati aniericani è riuscita anche a farsi cedere da Imbert la stazione radio-tv, che insieme alla zona nord era stata conquistata agli insorti, e che è di eccezionale importanza in un paese dove da quasi un mese non escono giornali e dove in ogni caso il settanta per cento della popola/ione non sa leggere. Dopo avere ascoltato per settimane i proclami eccitati degli uni e degli altri, cominciamo anclie noi ad avere qualche notizia sia pur sommaria, ma equilibrata su cosa succede nel mondo. La quarta settimana di lotta si chiude con un colpo ben più duro per Imbert ed i suoi, che tendevano a presentarsi come i difensori della fede contro i «reprobi» della Ciudad Nueva, levando ogni momento evviva a Cristo e preghiere a tutti i santi. Con una lettera pastorale dell'arcivescovo Ottavio Beras e degli altri quattro vescovi della Repubblica, il clero dominicano — c7ie non va esente da critiche per il passato più o meno remoto — ha finalmente e solennemente levato la sua voce, invitando i capi delle opposte fazioni a sacrificare ognuno parte delle loro rivendicazioni, per consentire il ritorno della pace coll'instaurazione di un governo provvisorio in vista di elezioni che ne diano uno definitivo e legittimo, «sensibile alle necessità sociali del popolo ». Due vescovi hanno personalmente portato la lettera ad Imbert, ma altri due l'hanno contemporaneamente recata a Caamano. Sul piano politico come su quello militare e religioso, la situazione non sembra permettere a nessuno ulteriori irrigidimenti. Infatti, in queste ultime ore, si sono nuovamente intensificate le voci, più o meno fondate, su eventuali candidati per un governo di transizione. Ai itomi che ho già citati (tra i quali il più serio sembra quello di Antonio Guzman), si accosta ora quello di Jimenez dirigente industriale. Altri invece sottolineano la presenza da alcuni giorni del professore Jaime Benitez, rettore dell'Università di Portorico, che, appoggiato da Johnson e da parte dell'Organizzazione Stati americani, potrebbe assumersi l'arduo compito iniziale di unico mediatore. Si vedrà. Prima urge far cessare il fuoco: a Santo Domingo si comincia a sparare meno, ma si spara sempre. Giovanni Giovannini Distribuzione di viveri a Santo Domingo durante la tregua tra le fazioni di Caamano e di Imbert (Tel.)

Luoghi citati: Rio De Janeiro, Santo Domingo, Stati Uniti, Usa