I maestri in evasioni dall'ergastolo sono sempre dei detenuti modello

I maestri in evasioni dall'ergastolo sono sempre dei detenuti modello Nessuno si rassegna alla perduta libertà I maestri in evasioni dall'ergastolo sono sempre dei detenuti modello Si comportano bene per i primi anni guadagnandosi la fiducia degli agenti di custodia - Poi tentano la fuga - Così è stato per Benito Lucidi, ex repubblichino della X° Mas che nel 1947 uccise per rapina il suo vecchio principale Trasferito da Porto Azzurro a Regina Coeli per il processo d'appello, riuscì ad evadere con Luigi Dejana - Catturato, fuggì ancora ma venne arrestato (Nostro servizio particolare) Porto Azzurro, 29 giugno. Benito Lucidi, detto il « maestro delle evasioni », ha lanciato in questi giorni l'ergastolo di Porto Azzurro ed è stato trasferito all'istituto di pena dell'isola di Pianosa. Al momento della partenza andò, secondo l'uso, a congedarsi dal direttore Egidio Pozzi. * Mi dispiace — disse mettendosi sull'attenti — di lasciare l'Elba. Ho quarantadue anni. Mi ero abituato a star qui; avevo qualche amico; dalla, mia cella riuscivo a vedere un pezzetto di mare. Lei sa, sono stato marinaio ». Pozzi, il direttore del penitenziario, era seduto allo scrittoio nel suo studio, una stanza grandissima, con mobili chiari, tappeti, qualche quadro. Guardò Lucidi che sembrava commosso; si alzò; gli batté una mano sulla spalla: «E' un ordine del Ministero; bisogna che sia eséguito. Vedrai che anche a Pianosa ti troverai bene. E poi ogni tanto non fa male cambiare. Noìi è detto che fra qualche anno, magari quando io non sarò più direttore, tu non possa tornare qui ». In quel momento s'udì nel lo studio il ronzio di una « ci cala ». Qualcuno chiedeva il permesso di entrare. Comparve un ergastolano con i capelli bianchi. Portava un registro. Lucidi piegò il capo in un accenno d'inchino; batté 1 tacchi; disse: «Buon giorno»; se ne andò. Nel pomeriggio una moto barca dell'amministrazione penitenziaria lo trasportò a Pianosa, distante una ventina di miglia da qui. Sette agenti di custodia armati di mitra lo scortarono durante la traversata. Quando fu partito, un ergastolano disse: « Benito guardava troppo il mare. Per questo gli hanno fatto cambiare aria. Qui s'era ambientato. Adesso dovrà cominciare da capo ». Lucidi stava a Porto Azzurro da tre anni. Tenne sempre una condotta da detenuto modello, educato, appassionato per le buone letture, sensibile alla rieducazione e ài risanamento morale,, che sono...sii obbiettivi' di ogni' pena. ' Ma difficilmente riuscirà a riacquistare un giorno la libertà per certe note scritte con l'inchiostro rosso sulla sua cartella personale, che mettono l'accento sulle due memorabili evasioni, di cui il criminale fu protagonista. Quest'uomo temerario, robusto, .-saltro, dotato di intelligenza non comune, nacque a Villa Santo Stefano, in provincia di Prosinone, il 2 giugno 1923. Si trasferì con la madre a Roma da ragazzo. Quando fu chiamato a prestare servizio militare, divenne marinaio a La Spezia. Dopo l'8 settembre 1943, fini nella «X Mas» al servizio della Repubblica Sociale Italiana. Si ritrovò a Roma nel dopoguerra. La sera del 13 dicembre 1947, mentre l'industriale Casimiro Santiangeli stava sollevando la serranda dellautorimessa in via Archimede, fu affrontato da un suo ex dipendente. Era Lucidi. Questi tirò fuori una pistola, chiese all'antico principale :1 portafogli. L'altro ingaggiò col rapinatore una fiera lotta. Ad un certo momento Lucidi fulminò Santiangeli con una pallottola all'addome. Era una notte buia e fredda. Ac canto al cadavere fu trovato un hottone strappatosi durante la colluttazione. C'era attaccato un pezzetto di stoffa Fu sufficiente a far condannare Lucidi all'ergastolo per omicidio a scopo di rapina. L'ex marinaio venne tradotto qui a Porto Azzurro. Cominciò a pensare alla fuga come un invasato, seguendo terpzrzdsvncfiutamMtrp a «tecnica» tradizionale. Tenne una condotta esemplae, cercò di farsi credere rasegnato all'espiazione, passò molte ore sui libri, riuscì ad avere una certa libertà di movimenti, si. mise ad osservare 'avvicendarsi dei battelli, dei pescherecci, delle tartane, che attraccavano al porticciolo ottostante all'ergastolo. Nel febbraio 1954 fu tradoto a Roma per il giudizio d'appello. La pena gli venne conermata. L'ergastolano, nel carcere di Regina Coeli, riuscì un giorno a farsi trasferire lalla, celia 25Q,a, quella 258VJ Qui conobbe il pastore sardo Luigi Dejana. Questi il 2 otobre 1953 aveva con due conerranei dato l'assalto agli ufici di una miniera di pirite presso Civitavecchia. Voleva e buste paga degli operai. Uccise a colpi di mitra Mario Armani, che lo aveva affrontato. Fu condannato a trent'anni. Lucidi ritenne più facile fuggire dal carcere romano che dall'ergastolo. La notte del 19 febbraio 1954 prese un libro di preghiere che s'era portato da Porto Azzurro; ruppe il dorso della rilegatura; tirò fuori una sottile sega d'acciaio detta «grisetta»; si mise a segare in cinque punti le sbarre dell'inferriata della finestra. Le tagliò fino alla metà del oro spessore; nascose col sapone le incisioni; vi passò sopra la limatura caduta; si assicurò che il « suono reggesse». Alle tre del mattino passò una guardia per assicurarsi che l'inferriata fosse intatta. La controllò con una verga di acciaio; non si accorse di nulla. Poco dopo il lavoro di Lucidi ricominciò. Prima che si facesse giorno, l'ergastolano e Dejana uscirono all'aperto. Sai l ttt dll flmsdnfefvdusdcavficsGtplusvdbnraaa meria del carcere, arrivarono su di una terrazza. Avevano due corde attorcigliate intorno ai fianchi, come cilici. Una, fatta con pezzi di lenzuolo, era munita di un arpione di ferro; l'altra era stata ricavata dalla refe di parecchi pedalini. Scesero sul tetto di un'abitazione privata. Nel passare dinanzi ad una guardia del carcere, in via San Francesco di Sales, Lucidi si fece accendere la sigaretta che aveva tra le labbra, chiedendo un fiammifero. La caccia agli evasi fu lun¬ ga. Lucidi, che parla bene l'inglese, riuscì a restare uccel di bosco per tre mesi. Andò in giro per Roma con occhiali a stanghetta che gli davano un aspetto di persona rispettabile; frequentò qualche cinema; si recò una volta in treno fino a Velletri. Il 6 maggio 1954 fu visto sbucare da dietro un banco di fioraio sul piazzale del Verano, vicino all'ingresso del cimitero. Aveva appuntamento con qualcuno che doveva rifornirlo di denaro. Quando riconobbe gli uomi¬ ni della polizia che invece lo aspettavano, Benito, senza perdere la calma, tirò fuori da una scatola di cartono un barattolo pieno di dinamite e due spezzoni di gelatina. Mise mano anche ad una pistola automatica e cominciò a sparare. Dopo una breve battaglia, venne abbattuto da una sventagliata di mitra. Restò molti mesi fra la vita e la morte. Ristabilito, fu mandato al penitenziario di Volterra e successivamente all'ergastolo di Santo Stefano. Dejana fu ripreso molto tempo più tardi, il 7 settembre dello stesso anno. Cadde in una trappola tesagli dai carabinieri, che si finsero giornalisti disposti a dargli un milione per un'intervista. La seconda evasione di Lucidi, avvenuta dopo sei anni, ebbe aspetti allucinanti. La fuga da Santo Stefano, uno scoglio prossimo all'isola di Ventotene dove i Borboni costruirono un ergastolo simile a una fortezza, fu il risultato di una preparazione lunga e metodica, che fruttò al recluso il nomignolo di « maestro ». A Santo Stefano Lucidi era rigorosamente sorvegliato. Quando, mostrandosi come sempre un detenuto esemplare, chiese il permesso di pescare o quello di tendere qualche rete per le quaglie, gli fu risposto con un secco «no». Non gli venne dato credito nemmeno quando disse al direttore: «So che un tale vuole evadere: sto con gli occhi aperti: vi avvertirò in tempo ». Un giorno Lucidi borbottò «.Alla "X Mas" c'insegnarono ad arrangiarci ». Riusci ad impossessarsi di un vecchio co pertone d'auto, di tre tavole, di alcuni rami d'albero, di due recipienti di latta. A forza di pazienza si mise a fabbricare un natante e due remi. La sera del 17 novembre 1960, mentre infuriava un temporale, Lucidi scomparve insieme all'ergastolano Antonio Piermartino, che aveva ucciso il padre e altre due persone. Fu trovata Una corda di tela lunga dodici metri fra le rocce che strapiombano sul mare sotto l'ergastolo. I due erano arrivati ad un porticciolo nel quale dietro certi massi, stava nascosto il galleggiante. Avevano lasciato l'isola. Vicino ad Ischia, dove riuscirono ad arrivare, la zattera si rovesciò II resto della traversata fu fatto a nuoto. Piermartino ven. riacciuffato pochi giorni dopo mentre camminava sulla via Domiziana col berretto da recluso ancora in testa. Lucidi riuscì a nascondersi a Roma; ebbe una amica presso la quale alloggiò; una taglia di due milioni e mezzo posta su di lui contribuì alla sua cattura. Il 7 gennaio 1961 fu sorpreso con un impermeabile scuro ed un cappello nero, mentre usciva da una bottiglieria di via Germanico. Non oppose resistenza. Poco prima era stato dal barbiere e si era comperata una cravatta nuova. Non era facilmente riconoscibile con gli occhiali da intellettuale che portava. Tra l'altro, mettendo si di notte un asciugamano bagnato in testa, era riuscito a mutare la piega dei capelli. Da Santo Stefano, ove il carcere e ora stato abolito, fuggirono altri ergastolani. Il 6 luglio 1960 evasero Bartolomeo Toma, cinquantenne, e Giovanni De Lucca, di quarantasei anni. Quest'ultimo, freddo ed astutissimo, fu la mente direttiva della banda Casaroli. I due non vennero mai ritrovati. Un anno dopo l'evasione, il mare gettò sulla spiaggia presso Gaeta resti umani irriconoscibili. Si ritiene che si trattasse dei cadaveri di Toma e di De Lucca, annegati durante la fuga. A Porto Azzurro non si sono verificate evasioni da molto tempo, nemmeno da Pianosa, dove Lucidi è stato trasferito, è facile organizzare imprese spericolate. Tuttavia, se si potesse leggere nel pensiero degli ergastolani, ci si convincerebbe che nessuno si rassegna e che l'ossessione della riconquista della libertà opprime tutti. Solo una vigilanza meticolosa e intelligente può scoraggiare progetti di fuga, che impegnano il cervello dei reclusi per anni e che attendono l'occasione propizia per l'attuazione. Arnaldo Geraldini Benito Lucidi, condannato all'ergastolo per omicidio La cattura di Benito Lucidi dopo la seconda evasione nel quartiere Prati di Roma