Come difendersi dai quadri falsi di Marziano Bernardi

Come difendersi dai quadri falsi Si parla molto di quadri falsi in questi giorni, dopo le indagini della questura milanese che ha scovato mucchi di De Pisis, Rosai, De Chirico, Morandi. Carrà, Casorati, Sironi, Guttuso fasulli. Si accendono discussioni, si interpellano «esperti», si moltiplicano le inchieste sui settimanali; e intanto i collezionisti contemplano preoccupati i loro tesori. Sarà? non sarà? In proposito un mio amico, critico d'arte notissimo e valente, richiesto d'un giudizio su un iModigliani s'è schermito rispondendo: « Io credo i Modigliani tutti falsi, compresi quelli dei musei ». Sembra, ma non è una boutade. Egli intendeva dire che certi pittori, specie moderni, hanno tanto insistito sulla propria tipicità espressiva, dalla quale raramente sono usciti, che persino le loro opere certissime paiono una contraffazione delle autentiche. Pensate a Morandi: bottiglie, bottigliette, barattoli, scatolette; un po' di più, un po' di meno, un po' più a destra, un po' più a sinistra. Pensate a Modigliani: colli lunghi, nasi a tromba, occhi ad asola, visi malinconici. Pensate a Campigli: donne tutte in forma di clessidra, volti tondi, occhi fissi, a migliaia. Pensate al Rosai dell'ultimo decennio: una strada bambaginosa fra due alti muri di case, un cipresso; oppure, prima, « omini » a palate. Pensate a Tiziano, al Tintoretto. a Rubens, a Goya, a Manet: una sterminata varietà di motivi, un'incessante creazione di immagini diverse, un turbine di fantasie, un universo da spaziarci sopra, con visioni sempre nuove, per secoli. Con ciò non si vuole stabilire confronti. Ogni età ha la sua arte, gli artisti che le convengono, anche eccellenti come i sopra citati. Si dice soltanto che. scoperto il meccanismo, il segreto linguistico, la < cifra » di quella tipicità, dei resto di solito richiesta dai collezionisti, ogni abile, imitatore, è in grado di riprodurla alla perfezione. Ma nel mondo pittorico del Tiepolo sarà più arduo fare altrettanto. Dunque è più facile falsificare la pittura moderna che quella antica, e con la falsificazione d'un De Chirico, d'un Carrà. d'un De Pisis ingannare anche un intenditore? Ne siamo persuasi. Abbiamo letto d'un autorevole mercante milanese d'arte moderna il quale da anni respinge due o tre falsi al giorno che gli portano a vedere; di un corniciaio che si rifiuta di incorniciare quadri da lui giudicati apocrifi alla prima occhiata. Sono molto bravi, e li invidiamo sinceramente. A meno che quei dipinti non siano delle patacche cosi grossolane da togliere ogni dubbio anche ai funzionari di polizia che fino a ieri non distinguevano un Guttuso da un Casorati. Ma se la sbrigherebbero con ugual rapidità se fossero alle prese con un nuovo Dossena, con un nuovo Van Meegeren che applicasse il proprio talento a rifare Sironi invece che Vermeer? O se si presentasse loro il caso toccato al grande critico e storico dell'arte Wilhelm von Bode? Egli aveva acquistato per il Museo di Berlino una deliziosa terracotta del Quattrocento toscano e n'era fierissimo. Quella terracotta l'aveva modellata verso il 1890 il giovane Pietro Canonica, il quale, divenuto celebre, molti anni dopo avvertì il Bode; e fu il Canonica stesso a narrarci l'episodio. Eppure fra quel mercante e quel corniciaio e il Bode. per la sicurezza del giudizio stiamo ancora con lo studioso tedesco. Il fatto è che se le carrate di falsificazioni scoperte dalla polizia milanese giustificano l'affermazione del direttore della Pinacoteca di Brera; « Un Rotai, con l'abitudine, si fabbrica realmente in un quarto d'ora» ie dal canto suo uno dei falsari avrebbe ammesso di dipingerne cinque al giorno, mentre per un falso più laborioso chiedeva anche una settimana) — non è nemmeno più il caso di parlare di inganno, di frode, azioni che dovrebbero sottintendere una sottile astuzia, una sopraffina capacità « professionale » di raggiro. Evidentemente si tratta di povere croste, vagamente arieggiami agli stili dei maestri imitati, offerte a prezzi che avrebbero subito destato sospetti in ac¬ quirenti non ansiosi di metter d'accordo la vanità di proprietario d'un « quadro d'autore » con la soddisfazione d'aver combinato un « buon affare »: come se un mercato artistico onesto e responsabile offrisse ancora la possibilità di « buoni affari » agli speculatori sfacciati. Ma vorremmo vedere come sarebbe finita l'« operazione quadri», se invece di impiegare pittorelli da quattro soldi i truffatori si fossero rivolti a veri esperti della copia e delU'imitazione (come ce ne sono tanti nel campo della pittura antica), 0 magari a restauratori d'alta classe. Facciamo due esempi. Marco Calderini usava talvolta copiare gli studi del suo maestro Fontanesi che gli sottoponevano per la autenticazione; e così perfetto era il risultato, ch'egli faceva sempre sulla copia un segno particolare per poterla distinguere, passato qualche tempo, dall'originale. Giacomo Grosso lasciò un giorno un ritratto da lui appena finito, perché gliene eseguisse una replica, a un allievo prediletto. Terminato il lavoro i due pittori non raccapezzarono più quale era la propria opera. Non ha dunque mezzi il collezionista di difendersi dalle imitazioni, dai falsi artistici? Ne ha molti, oltre la sua sensibilità, il suo gusto, la sua cultura: fra cui l'acquistare con prudenza, a giusto prezzo, soltanto cose che gli « piacciono » abbandonando ogni intento speculativo (collocamento di capitali, previsione d'inflazione, rapida rivendita maggiorata, ecc.), presso venditori di provata esperienza e onestà. Ma una difesa assolutamente certa non pensiamo che l'abbia, perché è in diretto rapporto con l'avversario — il falsificatore — del quale si ignorano le capacità, che possono essere straordinarie, come è avvenuto in tutti 1 tempi, e già nelle età più remote; salvo, naturalmente, per quelle opere di cui si conosce la storia, si può dire fin dalla nascita, e sono documentate fino ad oggi. Le riproduzioni su libri e cataloghi hanno un valore relativo. Alla mostra di Modigliani a Milano (1958) si discusse a perdifiato su due « cariatidi » esposte a Palazzo Reale. Ve n'era una falsa? Si accapigliarono critici, professori universitari, « periti », mercanti. Probabilmente si discute ancora. Ogni tanto salta fuori un tipo a proclamare che la « vera » Gioconda non è al Louvre, è in America o chi sa dove. Si sorride; ma chi può giurare che « tutti » i quadri che entusiasmano nei musei siano originali, e non. qualche volta, una replica di bottega o la copia di un discepolo abilissimo? Il problema Caravaggio-Caravaggeschi insegni. Quanto agli auspicati cataloghi dell'opera dei contemporanei, bisognerebbe che fin dal primo quadro ogni autore fotografasse, schedasse, archiviasse. Soltanto adesso, attraverso ricerche lunghissime, Georges e Da- Come difendersi dai quadri falsi niel Wildenstein con Raymond Cogniat son riusciti a darci il catalogo di Gauguin. Meglio garantita dai bricconi, ripetiamo, la pittura antica, per la quale entrano in gioco esami scientifici (poco proficui per un quadro di pochi decenni di vita), fisici, chimici, radiologici, lo studio dei supporti (tele e legr ben conosciuti), delle materie colorate, delle vernici, delle eventuali alterazioni. Soprattutto — ce lo si lasci dire — pesa il fatto che altro è imitare un De Pisis. e altro un Van Eyck. Ma tutto questo, lo scandalo milanese che si allarga in Italia, è niente. Il bello sarà quando critici e mercanti « esperti » pretenderanno di distinguere le macchie, i freghi, i ghirigori, i colaticci di colore dei quadri astratti, astratti-espressionistici, informali « veri » da quelli « fai si». Una haute-pàte di Fautrier, per esempio, dalla sua imitazione. Un Hartung o un Hofmann autentico dalla sua copia. 1 tagli e i buchi di Fontana dai buchi e i tagli di un suo plagiario. Allora sì che il collezionista d'arte moderna vivrà momenti di perplessità. Marziano Bernardi

Luoghi citati: America, Berlino, Italia, Milano