Immensi sprechi aggravano la crisi dell'economia russa di Massimo Conti

Immensi sprechi aggravano la crisi dell'economia russa Culpa degli uatniai9 delie maeehine9 del sistema Immensi sprechi aggravano la crisi dell'economia russa Secondo la stampa sovietica, lo sperpero avviene in tutti i settori produttivi - L'indifferenza per la « proprietà collettiva » non basta a spiegarlo - I metodi di lavorazione sono spesso antiquati o irrazionali: il cuoio cosi disperso basterebbe per fabbricare cinquanta milioni di paia di scarpe all'anno - L'incredibile disordine organizzativo nell'industria automobilistica (Dal nostro corrispondente) Mosca, giugno. « Il comunismo comincerà quando il semplice lavoratore si sarà convinto della necessità di non sprecare un solo pud di grano (il pud è un'unità di misura russa corrispondente a 16,38 chilogrammi), di carbone, di ferro e di altri beni che appartengono non soltanto a lui ma a milioni di individui, alla società intiera ». L'ammonimento è di Lenin, ma a giudicare dai fatti denunciati in questi giorni dai giornali sovietici impegnati in una vasta campagna contro gli sprechi, anche queste raccomandazioni non hanno trovato finora riscontro nella realtà delle cose. « Se le fàbbriche del solo distretto di Mosca risparmiassero appena l'I per cento del metallo che esse consumano in un anno (scrivono le Izvestia), con quel materiale si potrebbero costruire ventitremila automobili Moskvich oppure settemila torni filettatori ». Il margine offerto al risparmio di materiali appare enorme, e gli esempi di sprechi sono molto numerosi in ogni settore dell'economia. Un allevamento più razionale delle bestie da macello ed una miglior lavorazione del prodotto — qui è l'autorevole Pravda che parla — permetterebbero di offrire ai consumatori « migliaia di tonnellate di carne in più » che invece vanno perdute. Se il cuoio venisse lavorato con sistemi più moderni si potrebbero risparmiare ogni anno trentamila tonnellate di materiale, sufficienti alla fabbricazione di cinquanta milioni di paia di scarpe, e quindi ridurre anche i costi di produzione. Le buone scarpe, invece, scarseggiano ed i loro prezzi in ogni caso sono troppo elevati per il cittadino sovietico. Si lamenta la crisi degli alloggi, e si sa che l'edilieia, per quanto in pieno sviluppo, non riesce a tenere il passo con le esigenze sempre crescenti della popolazione. Eppure « ogni anno si perdono nelle sole operazioni di trasporto un milione di tonnellate di cemento ». Dieci milioni di metri cubi di legname sono andati perduti in un solo distretto economico dell'Urss, per l'incuria delle industrie; e sarebbero stati utili per la fabbricazione di combustibili, cellulosa, alcool metilico, ecc. Sono soltanto pochi esempi di un regime di sprechi, cui non si riesce a porre rimedio. Eppure le cause del disordine sono note e non sarebbe difficile, in altre condizioni, correre ai ripari. In molti casi, all'origine del dispendio, sono i macchinari e le attrezzature inadeguati. Sappiamo che nell'industria la utilizzazione dei metalli « non supera il 65-70 per cento perché milioni di tonnellate di materiale finiscono in trucioli durante la lavorazione». Basterebbe però sostituire i sistemi di lavorazione — si suggerisce lo stampaggio — per evitare il colossale dispendio. Ma non è soltanto questione di attrezzature tecniche. Manca anche la gente in grado di studiare l'impiego più razionale dei materiali, i costi di produzione: « In alcuni stabilimenti sono state introdotte complicate quanto costose linee automatiche, con risultati opposti a quelli che si speravano: i costi di produzione sono aumentati ». In altre industrie metalmeccaniche sono stati sostituiti metalli ferrosi con materie plastiche, e non ce n'era alcun bisogno, con danni enormi. Non è chiaro se sia più diffusa l'incompetenza dei tecnici o il loro scarso senso di responsabilità per i beni di « proprietà comune » al cui risparmio, evidentemente, poca gente è interessata. Nella fabbrica di utensili « Stancolinia » di Mosca, era stato calcolato per la costruzione di macchine rettificatrici il consumo di due chilogrammi di anodi di nichel. « Controlli scientifici hanno appurato che trentaquattro grammi di nichel erano più che sufficienti ». L'interessante dibattito sulle deficienze dell'econo¬ mia, partito dalle più semplici, immediate constatazioni, va guadagnando in estensione e in profondità, toccando più complessi fenomeni di disorganizzazione. Fra i casi più clamorosi c'è quello degli autocarri che contribuiscono in misura del tutto trascurabile allo sviluppo dell'economia. I camion più economici — si riconosce — sono quelli di grande portata, ma in Russia, apprendiamo, si preferiscono ancora i modelli di capacità inferiore. Gli autocarri si guastano con facilità ed anche quando sono ridotti a rottami si insiste nel ripararli « con un consumo di materiali che risulta di appena un terzo inferiore a quello necessario per fabbricarne dei nuovi ». « E le riparazioni assorbono più lavoro che non la fabbricazione di un altro veicolo ». La standardizzazione dei modelli resta una conquista dei paesi capitalisti. Le fabbriche producono « modelli propri (che non tengono conto cioè degli altri tipi di autocarri) con una varietà di pezzi enorme ». Il « magazzino » della fabbrica « Gorki », una delle più grandi dell'Urss, comprende 55.000 pezzi; quello della «Likhaciov» di Mosca 32 mila! Risultato: soltanto il 5-6 per cento dell'intero volume delle merci vengono trasportate in Russia con autocarri. Al resto devono provvedere ancora le ferrovie. La guida dell'economia con « criteri scientifici » resta fra i massimi impegni dei capi dell'Urss. E se ne comprende bene la necessità in questo paese che, dopo quasi mezzo secolo di esperimenti, offre tuttora esempi di amministrazione tanto irrazionale da parere assurda. Massimo Conti

Persone citate: Lenin, Likhaciov

Luoghi citati: Mosca, Russia, Urss