Il Boccaccio interprete della «Commedia» dantesca

Il Boccaccio interprete della «Commedia» dantesca Le sessanta lezioni nella chiesa di S. Stefano a Firenze Il Boccaccio interprete della «Commedia» dantesca Lo scrittore che anticipò i tempi nuovi sentiva la grandezza del Poeta Boccaccio che commenta Dante: un bel confronto di culture e personalità e fantasie diversissime. E' in questo senso che le Esposizioni sopra la Comedia, ultimo lavoro dantesco e ultimo lavoro in assoluto del Boccaccio, si rivelano lettura piena di attrattive: al di là del loro valore critico, subito riconosciuto del resto anche dai commentatori successivi (il Buti, l'Anonimo fiorentino, ecc.). Eppure solo oggi si può svolgere distesamente un discorso di questo genere. L'edizione del Guerri (1918) era da tempo esaurita; e il Guerri aveva steso una cortina di sospetto sulla genuinità dell'opera, nella quale credeva di scorgere interventi massicci d'un rimaneggiatore. Ora, smentite dal Vandelli e da altri le tesi del Guerri, approfondito lo studio della cultura boccacciana da una forte schiera di studiosi, Giorgio Padoan ci ha potuto dare finalmente un'edizione critica e commentata delle Esposizioni (Classici Mondadori). * * Le Esposizioni contengono il testo, forse riordinato e ampliato in seguito (ma dall'autore) delle sessanta lezioni che il Boccaccio svolse, per incarico ufficiale, nella chiesa fiorentina di Santo Stefano in Badia tra il 1373 e il 1374: primo esempio di quelle lecturae Dantis divenute poi istituzione diffusissima. Una malattia interruppe al canto XVH dell'Inferno le lezioni del Boccaccio; il quale non si riprese più, e morì alla fine del 1375. H commento a questi pochi canti — cui è premesso, secondo l'uso, un accessus (introduzione) — occupa oltre settecento pagine. Il Boccaccio s'era dunque messo d'impegno: la sua preparazione remota, di studioso e copista dell'opera dantesca, e quella immediata sui precedenti commenti dell'Ottimo e di Guido da Pisa (va ricordato a questo proposito un esauriente studio di Francesco Mazzoni), trovavano un eccezionale rincalzo nell'erudizione già depositata dal Boccaccio nelle sue tarde compilazioni latine, di cui qui anzi egli riu: tilizzava senza economia i materiali. Opera dottrinale, dunque, anche le Esposizioni, ma scritte, a differenza delle altre, in volgare: vi risuonano anzi modi stilistici della Vita Nuova e, se non c'inganniamo, del Convivio Se il grande scrittore fa capolino, e spesso, ciò accade quasi contro i suoi prò positi. Neanche per noi avrebbe molto senso estrar re dalle disquisizioni di poe tica, di etica e teologia o dalla massa enciclopedica di notizie le molte pagine bel le o bellissime: quelle dove l'autore riassapora qualche mito classico o qualche aneddoto antico o moderno, o quelle dove s'abbandona alla sua vocazione narrativa, descrivendo con tratti sicuri, e biasimando, mode e abitudini dei fiorentini o di tutti gli uomini. Più ancora che un'opera dottrinale, le Esposizioni sono però un'opera polemi ca e apologetica. La dottrina obbedisce a un impegno attuale, sentito drammati camente: quello di difendere la Commedia, capolavoro della poesia volgare, e la poesia stessa. * * Che cosa minacciava la Commedia? Da una parte i progressi dell'Umanesimo, col disdegno ch'esso sviluppava, e non solo nei neofiti, verso la letteratura e la cultura volgari. Dall'altra il mutato clima religioso, che umiliava il libero, impavido giudizio morale, e persino teologico, di Dante a rdszgemcfgtavf rigorose misurazioni d'ortodossia. Due aspetti della crisi del pensiero, delle istituzioni della società, che segnava la fine del Medioevo e l'incubazione del mondo moderno. Non stupisce che il Boccaccio sia intervenuto a difendere, con Dante, la stagione letteraria di cui era stato l'ultimo grande protagonista, e ch'egli sentiva a ragione vitale. Ma rendeva sofferto e guardingo, fors'anche drammatico il suo intervento la consapevolezza d'essere egli stesso partecipe della crisi, nei suoi elementi di progresso (gl'ideali umanistici, ch'egli aveva abbracciato anche per influsso del Petrarca) e in quelli reattivi (il ripiegamento moralistico, donde il distacco dalla sua più spregiudicata attività di narratore). Il Boccaccio applicava perciò alla Commedia un registro di lettura impostato su un difficile equilibrio: quello tra un'appassionata adesione al mondo poetico di Dante e una disparità di indole e d'ideali sensibilizzata dalle preoccupazioni dell'epoca. Di qui l'alternanza di acute osservazioni e d'improvvise sordità, di distese delucidazioni e di « difese d'ufficio », che il Padoan nota nel suo commento. Lo scrittore che aveva anticipato, col Decameron, i tempi nuovi, si volgeva indietro, verso la civiltà di cui era figlio, timoroso che essa venisse rinnegata o misconosciuta. E l'avvenire avrebbe giustificato tali timori, anche se a Dante e al suo difensore era riservato il successo conclusivo. Cesare Segre mgt: Una miniatura del '400 fiorentino: Boccaccio commenta la « Commedia »

Luoghi citati: Badia, Firenze, Pisa