Battistini vince la tappa, Adorni sempre Maglia rosa

Battistini vince la tappa, Adorni sempre Maglia rosa Battistini vince la tappa, Adorni sempre Maglia rosa (Dal nostro inviato speciale) Stelvio, 4 giugno. La neve è cominciata a cadere a due chilometri dal Passo. Il fondo della strada era buono, il Giro d'Italia usciva da una lattiginosa coltre apessa di nebbia e già s'intravvedeva la vetta, con tutti i tifosi vestiti da sciatori. Al comando della corsa si trovavano Battistini e Colombo, gli assi, che avevano deciso un generale armistizio nella ragionata convinzione che la graduatoria fosse ormai definita, pedalavano in gruppo con circa tre minuti di ritardo. Precedemmo la gara in cima, l'asfalto era sgombro, delimitato da muri di neve ghiacciata alti anche quattro o cinque metri. C'era un po' di confusione, ma nemmeno troppa; nell'albergo vicino al traguardo un volenteroso esercito di cameriere attendeva i ciclisti con tazze fumanti di tè. Lo < speaker » del Giro sfidava la lieve tormenta in piedi su un tavolo, il giudice di arrivo ed i cronometristi erano al proprio posto, l'ambiente, in sostanza, era tranquillo, in una atmosfera ben lontana dal « dramma » agitato per tanti giorni dagli organizzatori della corsa. Qualcuno perfino scherzava sulle eccessive preoccupazioni dei responsabili della manifestazione, qualche altro si divertiva ad ingannare il tempo con battute di spirito. D'improvviso, si udì una voce, un grido: «La valanga!». Ma la voce aveva un tono allegro, li per lì si credette ad una «bou tade» di pessimo gusto. Le macchine, però, non comparivano più. E gli spettatori più lontani facevano grandi gesti E si chiamava per radio il maestro di sci Pirovano che accorresse con i suoi operai Che cos'era accaduto? Venne di gran carriera un agente di polizia. Disse che era caduta una slavina, investendo una vettura del seguito e bloccan do la strada. Scendemmo di cento metri. In effetti una slavina, per fortuna di modeste proporzioni, era scivolata sulla macchina, che, guidata dal fotografo torinese Bertazzini portava a bordo i colleghi Ra dice, Ormezzano e Cagherò, Nessun danno, per i quattro, Già una pattuglia di volenterosi s'era rimboccate le maniche per liberare la vettura semisommersa, ma intanto i corridori stavano giungendo. Battistinì aveva cinquanta metri di vantaggio su Colombo e la strada era ingombra. Il giudice d'arrivo Paciucci ed i cronometristi Ottavi e Lanconelli si portarono subito all'altezza della slavina. Prontamente decisero di prendere i tempi dove il cammino era in apparenza bloccato, mentre per l'arrivo della tappa sarebbe stato valido lo striscione del traguardo. Battistini rallentò, diede l'impressione di cadere di sella. Mani pietose lo sostennero; nella neve che, alta una quarantina di centimetri, copriva l'asfalto, si indovinava un varco. Il ragazzo della Spe zia passò senza scendere di bicicletta e giunse sino allo striscione. Passò anche Colombo, staccato di venti secondi. La strada ormai era quasi normale. Zilioli, Adorni, Mugnainì, Brands, Balmamion, Bltossi, Taccone e Massignan arrivarono a 3'21" e sfilarono nell'ordine nel breve tratto fra la slavina ed il traguardo. Quindi a poco a poco, mentre la neve continuava ad imperversare, ma con intensità un po' minore, comparvero gli altri, tutti gli altri, qualcuno si sof. flava sulle mani per lenire la morsa del gelo, qualche altro portava infilati guanti di lana e guanti da massaia di quelli a colori sgargianti, gialli, rosa, verdi, che le donne di casa usano allorché lavano 1 piatti e c'era invece chi appariva sorridente e quasi lieto, se ne era venuto su per la salita con grande calma e, alla fin fine, aveva vinto senza eccessivo sforzo lo spauracchio dello Stelvio. Scivolò allora una seconda slavina a quattrocento metri dalla vetta. I corridori ritardatari furono costretti a superare con la bicicletta a spalle un muretto di neve di quasi cinquanta centimetri. L'ultimo atleta ad eseguire questa acrobazia fuori programma fu Poletti: fu anche l'ultimo al traguardo, lamentò un ritardo di venti minuti da Battistini e la scarsa entità di questo distacco indica in modo lampante la mancanza di una vera grande lotta sulla rampa dello Stelvio. Gli spazzaneve sì mettevano al lavoro. La strada tornava completamente libera e le macchine della carovana — le auto delle Case e di parecchi giornalisti — potevano affacciarsi al Colle, sia pure seguendo consigli di prudenza che imponevano di non strombettare il clacson in modo eccessivo. Mezz'ora di inevitabile confusione, poi i ciclisti più svelti, che meno tempo avevano impiegato a togliersi di dosso i segni della fatica, s'infilarono sulle vetture. Pian piano, si torna a Bormio, lasciandoci alle spalle il tormento del freddo, la paura della nebbia, il gelo della neve, il timore delle slavine. Torriani, responsabile dell'organizzazione, poteva tirare un gran respiro di sollievo, era finalmente lo «stop» agli imprevisti, alle preoccupazioni, ai cambiamenti di programma che, soprattutto per la singolare offensiva del maltempo, avevano offerto, a parecchie riprese, la « suspense » del brivido. Persino due slavine erano cadute sulla strada del Giro. Per buona sorte, nulla di grave era successo, ma, pur senza lasciarsi prendere dalla tentazione di imbastire drammi, rimaneva la fastidiosa sensazione di quello che sarebbe potuto succedere: sarebbe bastato che le slavine fossero state dì maggior dimensione o che fossero cadute anziché su una robusta macchina del seguito su uno dei ciclisti e la gara avrebbe subito il più repentino alt della sua lunga storia. Una tappa, annunciata alla vigilia come particolarmente pericolosa, ha corso insomma il rischio di veder tradotto davvero in realtà quei rischi che, fino a stamattina, erano francamente sembrati eccessivi. Per fortuna — ripetiamo — nulla di grave, la doppia slavina non ha prodotto danni e non è venuta a turbare l'esito della tappa, una tappa tecnicamente tranquilla. Il Giro d'Italia infatti era già deciso, la classifica generale aveva subito il suo definitivo assestamento, ieri, sul traguardo di Madesimo, grazie all'impresa realizzata da Adorni; ed oggi la tappa dello Stelvio è stata una tranquilla passeggiata sotto la pioggia per molti chilometri, animata soltanto nella fase iniziale da un allungo di Battistini e da un tentativo di Bitossi, subito sventati dalla Maglia rosa. Poi, ad un'oretta dall'attacco dello Stelvio, Battistini scappava di nuovo in compagnia di Colombo. I due non tardavano a trovare l'intesa, Battistini soprattutto s'impegnava allo spasimo. L'atleta della Vittadello. dopo un periodo di mediocrità, vuol risalire la corrente. Aveva vinto a Briancon, nel Tour del '60, una tappa dedicata al « souvenir » di Coppi. Ed oggi intendeva ripetere il colpo allo Stelvio, sulla cima che gli organizzatori avevano appunto chiamato « Cima Coppi ». I campioni, dal canto loro, non ardevano dal desiderio di battagliare, ciascuno ormai convinto del proprio piazzamento. Battistini e Colombo-ci sono messi d'accordo, hanno fraternamente diviso lo sforzo. E nemmeno le slavine sono riuscite a fermare lo slancio del ventinovenne atleta ligure. Che ha sfogato la gioia a furia di singhiozzi, erano tre anni giusti, dal Giro d'Italia del '62 alla Spezia, che Graziano non si prendeva più la soddisfazione di un successo. Gigi Boccacini Ordine d'arrivo: 1) Battistini, 160 km. in 5 ore 30'35", media 29,095; 2) Colombo a 20"; 3) Zilioli a 3'21"; 4) Adorni; 5) Mugnaini; 6) Brands; 7) Balmamion; 8) Bitossi; 9) Taccone; 10) Massignan, tutti col tempo di Zilioli; 11) Armani a 3'41"; 12) Gimondi; 13) Enzo Moser entrambi col tempo di Armani. Classifica generale: 1) Adorni 108 ore 24'50"; 2) Zilioli a 11'26"; 3) Gimondi a 12'57"; 4) Mugnaini a 14'30"; 5) Balmamion a 15'09"; 6) Taccone a 15'35"; 7) Bitossi a 15'37"; 8) Massignan a 19'30"; 9) Poggiali a 20'; 10) De Rosso a 21'04". I belga Van Wynsberg (a sinistra) e l'italiano Vicentini sono smontati di sella e cercano di superare una slavina (Telefoto) Il vincitore Battistini, subito dopo l'arrivo, si ripara con una coperta dal freddo e dalla neve (Tclefoto)