Molte teorie, pochi bei film prodotti dal «nuovo cinema»

Molte teorie, pochi bei film prodotti dal «nuovo cinema» La prima rassegna internazionale di Pesaro Molte teorie, pochi bei film prodotti dal «nuovo cinema» Nella generale mediocrità si salva l'americano «Fargo»: storia della avventurosa traversata degli Stati Uniti di una ragazza diciassettenne (Dal nostro inviato speciale) Pesaro, 31 maggio. E' meglio vedere i film o discuterne? L'una e l'altra cosa naturalmente, rispondono eli organizzatori della prima Mostra del «Nuovo cinema>. Può darsi che dei tre film della prima giornata non resti tra qualche tempo che un labile ricordo. Ma della prolusione che Pier Paolo Pasolini ha tenuto stamane sul linguaggio cinematografico si parlerà certamente a lungo, e se ne discuterà, come uno dei più seri tentativi di portare ordine e chiarezza In un'arte che più di ogni altra ne ha bisogno. Sta formandosi — ha affermato lo scrittore-regista a conclusione di un discorso lungo e difficile, ma coerente e lucido — una tradizione tecnico-stilistica di un cinema di poesia là dove, almeno fino a qualche anno fa, la lingua in uso era più simile a quella della prosa narrativa. E questa nuova concezione del cinema è già comune a molti registi di molti Paesi, sia in Oriente che in Occidente Dalle altezze della rivoluzio naria prolusione pasoliniana alle opere che di quei concetti dovrebbero conservare qualche traccia, la discesa è un po' repentina se si considerano i film presentati ieri dagli Stati Uniti, dall'Ungheria e dalla Spa gna, oggi dalla Jugoslavia e dall'Argentina. Fra di esse ha tuttavia diritto a una particolare attenzione l'americano « Fargo » anche perché, pur essendo un film d'autore, è stato prodotto da una grande casa e quindi è delle non molte opere della Mostra che il pubblico italiano ha più probabilità di vedere (già si pensa a un titolo commerciale come « Seme selvaggio »). Opera prima dell'attore trentaduenne Brian Hutton, «Fargo» è la storia di una traversata degli Stati Uniti, da New York a Los Angeles, che una ragazza di diciassette anni compie, con mezzi di fortuna e in compagnia, e sotto la protezione, di un giovane vagabondo, Fargo appunto, per ritrovare il suo vero padre. I lunghi viaggi clandestini sui treni merci, gli incontri con gli altri vagabondi, le soste nei luoghi più sordidi di ogni città, la ricerca di un tetto e di un po' di cibo, sono resi con tocchi rapidi e leggeri. In questa atmosfera vagamente steinbeckiana, ma non senza agganci realistici con l'America di oggi, nasce ed ha poetico rilievo l'amore fra : due giovani, che il regista nar ra con una freschezza e delicatezza che fanno dimenticare la gracilità dell'impianto; tranne che alla fine quando il film, avviluppandosi nel sentimentalismo e ristagnando alla rdlitCpvcp«IncprcvApst ricerca di una soluzione, perde risolutamente quota. Né allora riescono più a sostenerlo i due giovani interpreti: la patetica, ma un po' di maniera, Celia Kaye, e il vigoroso e promettente, salvo qualche vezzo da Actor's studio, Michael Parks. Ancora i giovani e i loro problemi nel film ungherese «Sodrasban» («Corrente») che Istvan Gaal, un ex allievo del nostro Centro sperimentale di cinematografia, ha diretto dopo alcuni cortometraggi al suo ritorno in patria. Ma qui purtroppo l'eccellente idea di fissare alcuni adolescenti nel momento di crisi provocato dall'annegamento di uno di essi durante una scampagnata non ha trovato adeguata realizzazione. Così che quella morte non ha nessun effetto; e se lo ha, non viene mostrato; rima nendo al regista la magra e sfruttata risorsa di esprimere gli stati d'animo più attraver¬ so le risonanze del paesaggio — il fiume, il bosco, i campi — che con un'approfondita analisi psicologica. Infine, il soggetto del mediocre anche se ben fatto film spagnolo «La tia Tuia» («Zia Tuia >), ricavato da un racconto di Miguel De Unamuno. Sarebbe piaciuto a Bunuel che, con pochi tratti, l'avrebbe trasformato in una nuova « Viridiaria». E' proprio questo film che l'opera prima di Miguel Picazo dà la curiosa impressione di aver voluto controbattere. Anche qui è la storia di una zitella, bigotta e piena di scrupoli, a causa dei quali perde l'affetto di un cognato e dei nipoti; soltanto che il tono e il linguaggio del film, nonostante le eventuali intenzioni di critica dall'interno, non sono affatto bunueliani ma, al contrario, oggettivamente franchisti. Alberto Blandi