La tragedia di Santo Domingo di Giovanni Giovannini

La tragedia di Santo Domingo Im'armistizio è finito, si spara sii nuovo La tragedia di Santo Domingo I governativi rifiutano di prorogare la tregua: convinti di avere la vittoria a portata di mano, respingono la mediazione dell'Orni, degli Stati americani, della Croce Rossa - La situazione è drammatica: si bruciano i cadaveri nelle strade per impedire le epidemie, con gli scontri riprendono le atrocità - I «regolari» fucilano chiunque cada loro prigioniero - Se non muore subito, lo lasciano agonizzare: « E' bene — dicono — che soffra prima di spirare » - L'italiano Capozzi, guardia del corpo del capo dei ribelli, è morto in combattimento (Dal nostro inviato speciale) Santo Domingo, 22 maggio. Da mezzogiorno, a Santo Domingo, si è ricominciato a sparare. Per tutta la giornata di ieri, nella notte, e stamane fino all'ultimo momento, Mayobre per le Nazioni Unite, Mora per l'Organizzazione Stati americani (Osa), Jequier per la Croce Rossa Internazionale e Fernandez Martinez per quella dominicana, hanno insistito con Imbert perché accettasse, come fin da ieri aveva fatto Caamano, di prolungare di altre 24 ore la tregua. Ogni sforzo è stato inutile: alle 11, abbiamo visto uscire dall'ufficio di Imbert i delegati internazionali, stanchi, irritati, chiusi in un mutismo assoluto. Il capo della giunta antirivoluzionaria aveva opposto un netto rifiuto. Non è facile rendersi conto dei motivi che inducono il generale ad un atteggiamento che non è certo il più indicato a guadagnargli la simpatia qui come nel resto del mondo. Egli ha continuato a ripetere caparbiamente che, essendo ormai nelle mani dei suoi uomini l'intera zona nord (nella quale però ha ripreso ad echeggiare qualche colpo di fucile), il personale della Croce Rossa potrà recarvisi liberamente senza bisogno di nessuna tregua. Numericamente, il bilancio di cinque giorni di combattimenti nella periferia settentrionale è meno tragico di quanto si poteva temere. Come già avevo indicato ieri, e come mi ha ripetuto stamane il presidente della Croce Rossa domini cana, i morti raccolti sul campo sono una trentina cinquanta o sessanta erano già stati trasportati via du rante la lotta dai rispettivi commilitoni, qualche altro, forse, ancora da scoprire. Tredici persone soltanto sono state trovate ancora in vita, quasi tutte in condizioni disperate. « Sono indicazioni — mi dice il dottor Fernandez Martinez — vaghe come quelle relative ai 1500 morti e 1500 feriti che ci sarebbero stati dall'inizio della rivolta. Il clima tropicale e le condizioni ambientali impediscono di pensare alla sepoltura: noi stessi, come generalmente fanno le due fazioni, siamo costretti a bruciare immediatamente e sul posto i cadaveri». Due volte ieri sera, una volta stamane, mi sono tro vato fradicio, non per il calore, di sudore agghiacciante. Il corpo non viene nem meno spostato, ci si rove scia sopra una latta di benzina, altra se ne aggiunge se necessario, mentre aste manovrate da mani esperte rivoltano la massa che diventa carbone, cenere, polvere che si confonde col terreno, di cui non c'è più traccia un'ora dopo, dispersa dall'alternarsi incessante del caldo rovente, della pioggia dirotta. In pochi casi si trova un documento qualsiasi, spesso non resta nemmeno un nome. Può darsi che al Nord non ci siano più morti da trovare, feriti da soccorrere, che medici e infermieri della Croce Rossa possano continuare la loro opera. Ma la fine della tregua non può non riempire d'angoscia perché segna la ripresa delle atrocità oltre che delle ostilità. Franchi tiratori hanno ucciso stanotte due soldati antirivoluzionari di guardia al cimitero. Uomini di Imbert — e ne ho testimonianza diretta da chi ha assistito alle scene ^— fucilano molti dei civili, combattenti o no, che cadono nelle loro mani. Una giovane coppia straniera ha as¬ sistito impotente all'esecuzione nel giardino della loro casa di due disgraziati che non avevano armi (uno non è morto subito, ha continuato dibattendosi a scavare con le unghie la terra, ma i soldati si sono rifiutati di dargli il colpo di grazia. « E' bene — hanno detto — che oltre a morire soffrano »). Questa è la guerra di Santo Domingo. Un semplice prolungamento della tregua evidentemente non avrebbe risolto la questio¬ ne ma avrebbe almeno alimentato la speranza nel successo di chi si batte per un compromesso qualsiasi. Ma è la cosa che attualmente teme più di ogni altra il generale Imbert Barreras il quale ritiene di essere ora il più forte, vuole completare l'occupazione della periferia, attaccare la Ciudad Nueva. Non ha la superio rita numerica, ma ha i car ri armati anche se in nu mero minore di qualche giorno addietro : ieri un por tavoce dei rivoluzionari ha l r . l l a d e a | ammesso che i loro tanks (si sono ridotti da ventisette |a ventuno. Non ripeterò quanto ho più volte detto sui possibili sviluppi sul piano militare: Imbert può attaccare la Ciudad Nueva solo passando attraverso il «corridoio» tenuto in forze dalla 82a Airborne Division americana (ed un consenso statunitense appare impensabile) o attraversando il fiume Ozama e sbarcando dal mare (e l'impresa appare difficile). In quest'ultimo caso, la strage sarebbe sicura tra la popolazione civile. Come unico elemento positivo, l'Organizzazione Stati americani annuncia come prossimo l'arrivo di 1250 marines brasiliani che si aggiungeranno ai 450 militari già inviati dall'Honduras, Costarica, Nicaragua. Una decina di giorni addietro, ricordo di avere definito una anche modesta, parziale sostituzione di truppe interamericane a quelle degli Stati Uniti (cosa che sembra avverrà all'arrivo dei brasiliani con la partenza di altrettanti marines) come un fattore utile per sdrammatizzare l'atmosfera. Fra qualche giorno, potrà essere troppo tardi. Abbattuto da una raffica di mitragliatrice pesante, le braccia e la testa staccate dal busto, i ribelli hanno ritrovato Ilio Capozzi, l'italiano che comandava la guardia del corpo di Caamano Aveva 45 anni, era di Roma. Quando, terminato il nostro colloquio che ho ri ferito ieri l'altro, l'ho visto allontanarsi alto, magro, allampanato, agitando il mi tra, stava andando a morire : ucciso in combattimento, sepolto solennemente — co me ieri hanno fatto i ribel li — in un «cimitero degli eroi ». Giovanni Giovannini Il colonnello Caamano, capo degli insorti dominicani, ed il suo addetto stampa, a destra, durante una riunione nel loro quartier generale (Tel. ce Associated Press»)

Persone citate: Capozzi, Fernandez Martinez, Ilio Capozzi, Imbert

Luoghi citati: Costarica, Honduras, Nicaragua, Roma, Santo Domingo, Stati Uniti