De Gaulle non vuole l'accordo agricolo perché teme porti all'unità d'Europa di Vittorio Gorresio

De Gaulle non vuole l'accordo agricolo perché teme porti all'unità d'Europa ANDRA" PERDUTA UN'OCCASIONE DIFFICILE MA PREZIOSA De Gaulle non vuole l'accordo agricolo perché teme porti all'unità d'Europa Il Mercato comune ha deciso di unificare i prezzi agricoli e di sovvenzionare le agricolture danneggiate - Con quali fondi? - I sei Stati (propone Hallstein) versino i loro proventi doganali alla Comunità europea, che gestirà i 1500 miliardi così raccolti con un «bilancio federale » - Questo piano sarebbe il primo passo concreto verso un super-governo europeo ; ma appunto per questo il governo di Parigi lo respinge Sarà trovato un compromesso per salvare il Mec; e la Francia, senza nulla concedere, continuerà ad incassare la maggior parte dei sussidi (Dal nostro inviato speciale) Bruxelles, maggio. Il 1" aprile scorso, quando il generale De Gaulle lesse il progetto del professore tedesco Walter Hallstein per il finanziamento della politica agricola europea, ci restò male — raccontano — come davanti ad uno scherzo di cattivo gusto o ad una provocazione. Hallstein, che è il presidente della Commissione del Mec, era stato incaricato di redìgere un piano che consentisse alla Comunità europea di sostenere, con sussidi e premi al¬ l'esportazione, le economie agricole dei paesi aderenti che si trovassero in difficoltà di concorrenza internazionale. Ora a questa funzione assolve un fondo speciale, chiamato di orientamento e garanzia f Feoga) alimentato dai contributi dei vari governi, ma destinato a cessare la propria attività col 1° luglio prossimo. Il piano Hallstein propone che si istituisca un bilancio autonomo comunitario, che sarebbe alimentate dal gettito doganale, imposto dai vari paesi del Mec sui prodotti agricoli e industriali importati. I diversi paesi continuerebbero a riscuoterli alle proprie frontiere, come ora, ma ne verserebbero integralmente l'ammontare alle casse della Comunità europea, che in questo modo acquisterebbe una piena autonomia finanziaria. Si calcola che verrebbe a disporre di un'entrata complessiva oscillante fra i duemila e i tremila milioni di dollari, approssimativamente la metà del bilancio dello Stato italiano. L'autonomia finanziaria darebbe inoltre alla Cee, affrancata da ogni forma di dipendenza dagli Stati nazionali, un potere politico effettivo, vale a dire la capacità di agire come autentico organismo federale, superiore o indifferente alle volontà dei singoli Stati nazionali. Anche l'unità tedesca, nel secolo scorso, ebbe la prima origine nella « Zollverein », unione doganale; così l'Europa, modellandosi all'esempio proposto dal professore tedesco Hallstein, farebbe un grande passo avanti verso la propria imitò supernazionale: ed è per questo che De Gaulle si è risentito, come chi giudichi provocatorio un pesce d'aprile di dubbio gusto. Reagì difatti raccomandando ai propri ministri di astenersi d'ora innanzi dall'essere troppo assidui o zelanti negli ambienti comunitari di Bruxelles. Una loro più moderata partecipazione agli incontri internazionali può essere sufficiente, almeno come prima dimostrazione, a testimoniare l'avversione francese per le infatuazioni federalistiche dei « patiti » dell'integrazione europea, i quali vorrebbero (De Gaulle depreca) un « letterale dissolvimento » della Francia. Così il ministro dell'Agricoltura, Pisani, invece di venire a Bruxelles a presiedere una riunione dei suoi colleghi, è andato ad accompagnare De Gaulle in una visita alle province occidentali della Francia, e anche questo rinvio dell'esame di un problema che si dovrebbe definire entro il mese di giugno, è stata una prova, specifica, dell'avversione di De Gaulle per ogni forma di integrata collaborazione intereuropea. E' un'avversione, d'altra parte, di genere puro, cioè disinteressata. Applicandosi il piano Hallstein di sovvenzioni comunitarie alle economie agricole nazionali in difficoltà od in crisi, la maggiore beneficiaria delle provvidenze internazionali sarebbe infatti proprio la Francia, che potrebbe continuare come ora a vendere all'estero sotto costo l'eccedenza dei suoi prodotti agricoli. Sussidiata dal Feoga ha fornito, ad esempio, grosse partite di grano alla Cina. Ciononostante, De Gaulle si oppone alla politica comunitaria, mentre le sono favorevoli proprio i paesi destinati a trarne vantaggi minori, come la Germania e l'Olanda, paesi che non esportano, ma importano, derrate agricole. L'Olanda, inoltre, grazie ai suoi grandi porti che riforniscono tanta parte del continente, finora òj stata la maggiore beneficiaria dei dazi doganali ohe cingono il Mercato comune: è pronta a rinunciarvi, per versarli alla cassa comune di Bruxelles, alla sola condizione, democraticamente ineccepibile, che il futuro bilancio comunitario federale sia sottoposto alla decisione ed al controllo del Parlamento europeo di Strasburgo. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri olandese, Luns, e il Parlamento dell'Aia ita impegnato il governo della regina a esigere un aumento dei poteri dell'Assemblea d'Europa prima di consentire che migliaia di milioni di dollari vengano conferiti agli organi comunitari di Bruxelles. A questo punto, come era da attendersi, l'avversione di De Gaulle per il progetto Hallstein è ulteriormente cresciuta di un grado: a suo giudizio, il Parlamento europeo non conta nulla, e nulla può contare perché in realtà non rappresenta, nulla. Luns ha risposto che l'Olanda è pronta a sostenere l'elezione dei deputati europei a suffragio universale diretto in tutti i paesi membri della Comunità, ed ha pure citato varie dichiarazioni di altri europei, anche molti italiani, favorevoli alle sue tesi. Dibattiti del genere, comunque, sono simili sempre ai dialoghi tra sordi, e infatti quando tutto il problema è stato portato avanti all'Assemblea di Strasburgo, nel corso della prima settimana di maggio, tenacemente ostili al progetto Hallstein ed alla conseguente necessità di accrescere i poteri del Parlamento di Strasburgo, sono rimasti soli e imperturbabili gli otto appartenenti al gruppo parlamentare gollista e due tedeschi democristiani loro amici. A loro nome ha parlato l'abate Hervé Laudrin, deputato del Morbihan, deplorando l'eccessiva precipitazione rivoluzionaria del prof. Hallstein: «Vi dico che voi, caricando troppo la carretta e volendo farla avanzare troppo in fretta, la farete ribaltare! ». Un altro francese, ma socialista, Francis VaXs, ha parlato a favore del progetto come molti tedeschi, e come l'italiano Gaetano Martino che ha chiesto l'immediato rafforzamento dei poteri dell'Assemblea, anche senza aspettare che essa venga eletta a suffragio universale. Settantasei voti favorevoli contro i dieci gollisti nominati hanno concluso il dibattito di Strasburgo: che tuttavia ha valore soltanto indicativo, mancando all'Assemblea, come ora è composto, ogni potere deliberante. La sua composizione, d'altra parte, non è esemplare, e allo stato dei fatti sarebbe difficile dissentire dal n'indizio negativo che usa da. ne De Gaulle. Per dire solo della rappresentanza italiana, composta teoricamente di diciotto deputati e diciotto senatori, la sua nomina risaZe al 1960 e non è stata rinnovata dopo le elezioni del '63. Si dà pertanto il caso che ne fanno parte tuttora deputati non rieletti nel 1963 alla nostra Camera, ma non per questo decaduti dal privilegio di rappresentare l'Italia in Europa. In queste condizioni pub riuscire abbastanza facile il gioco di De Gaulle, nonostante i suggerimenti e le richieste dell'on. Martino e del ministro Luns per un aumento immediato dei poteri dell'Assemblea di Strasburgo. Per De Gaulle, ovviamente, la scarsa rappresentatività dell'attuale Parlamento europeo altro non è che un pretesto. Ma sono appunto i prete¬ sti die fanno comodo, perohé son quelli die più facilmente possono venire sostenuti, anzi ritorti contro gli avversari, dei quali è utile talvolta usurpare il linguaggio. Tutta la stampa gollista francese ha infatti denunciato con orrore lo scarso spirito democratico di chi % etenderebbe affidare la gei-àone di due o tremila milioni di doZlari a un Parlamento nominato non si sa come, e ohe risponderebbe non si sa a chi dell'esercizio dì responsabilità attribuitegli « per una sorta di grazia di un Dìo ignoto». In termini meno pittoreschi, naturalmente, ma di significato sostanzialmente non diverso, si è del resto espresso Couve de Murville in occasione dell'ultima riunione dei ministri degli Esteri a Bruxelles. Difatti, come si è letto in un comunicato ufficiale, in questa occasione «il problema del regolamento finanziario della politica agricola comune non ha dato luogo ad una discussione approfondita, perché lavori preliminari sembrano accora necessari ». I lavori e le intese preliminari sono l'usuale argomento invocato dai francesi per differire le decisioni in materia di politica europea. Anche il rifiuto della Francia a partecipare ad una conferenza a Venezia sui problemi dell'Europa politica era stato motivato dalla mancanza di accordi già raggiunti, appunto in tema di prezzi agricoli e di finanziamenti all'agricoltura. Couve ha evitato di parlarne a Bruxelles nei giorni scorsi, proponendo che se ne parli nella seconda metà di giugno, ed augurandosi candidamente che i «cinque paesi compartecipi della Francia condividano il desiderio francese di arrivare ad un accordo entro la data limite del 30 giugno ». Se accordo vi sarà, nei giorni dell'immediata -uigilia deZZa data limite, sarà naturalmente non altro che un accordo provvisorio, poco più di un compromesso ohe non potrà dar vita istituzionale ad un bilancio federale europeo alimentato dai proventi dei dazi doganali dei paesi del Mec. Confinato nelle strette di una discussione dell'ultima ora, il problema di fondo non potrà essere risolto; si eviterà — come vuole De Gaulle — un'affermazione dei principi supernazionali e probabilmente la Francia potrà continuare a vendere il suo grano alla Cina, sovvenzionata dagli altri paesi del Mec, grazie ad un regolamento che sarà detto anch'esso transitorio, se non di semplice orientamento e garanzia come il defunto Feoga. Vittorio Gorresio