La torbida giovinezza di Colette di Clara Grifoni

La torbida giovinezza di Colette Nuovi documenti rivelano ciò che la grande scrittrice ha taciuto La torbida giovinezza di Colette La nascita in una tenuta di campagna che la madre aveva ereditato dal primo marito, un signorotto feroce e ubriacone che terrorizzava le domestiche - Lo chiamavano "il selvaggio" - Il secondo matrimonio della mamma, fra sospetti e calunnie, con un ex capitano degli zuavi dal quale aveva avuto un figlio - Brevi anni di felicità nel "giardino incantato" di St-Sauveur - Poi il crollo finanziario, le nozze con un uomo anziano e corrotto e Nessuna donna e più segreta di Quella che fece professione di raccontarsi, per cinquantanni», scrisse Colette ne L'Etoile Vesper. E chi la conobbe intimamente confermava: « Non sapremo mai tutto quello che ha taciuto ». Invece, grazie a uno di quei topi di biblioteca provinciali che danno sempre un notevole contributo, con le loro ricerche, alla storia letteraria, siamo in grado di sapere alcune delle cose taciute (o forse ignorate, chissà) dall'autrice de La maison de Claudine: e precisamente il tenebroso dramma della sua famiglia. Dobbiamo queste « indiscrezioni » a un expreside dell'Yonne, il signor Emile Amblard, che frugando negli archivi provenzali ha messo le mani su un rapporto confidenziale redatto nel novembre 1865 da un certo Cramson, giudice conciliatore di Saint-Sauveur in Puisaye, e diretto al procuratore imperiale della zona: rapporto che ci offre, dei personaggi colettiani, un ritratto terribilmente realistico e assai diverso da quello modellato con amorosa delicatezza dalla grande scrittrice. Parlando del primo matrimonio di sua madre, l'incantevole Sido, con l'uomo detto 11 Selvaggio, Colette non nasconde che l'amore fu escluso da queste nozze («Muta e sgomenta Sido ascoltava, arrotolandosi sulle dita i suoi lunghi riccioli biondi. Una giovinetta senza dote, né mestiere, che è a carico dei suol fratelli, può soltanto star zitta... »). Ma il dossier offre ben altre delucidazioni sul Selvaggio, Jules Robineau-Duclos, appartenente a una casata di signorotti locali, in sordido antagonismo gli uni con gli altri: i neri intrighi di questa famiglia, come risultano da una lunga serie di processi e controprocessi, avrebbero tentato Balzao e l'Henry Becque de I corvi. Jules Robineau € brutto da far paura, balbuziente e mezzo scemo » si era dato giovanissimo all'alcool, diventando un bruto precoce. Abusava delle sue giovani domestiche e sparava su di loro da un muretto del giardino, non escludendo nemmeno la <favorita». Marie Miton, che più volte dovette scappar di casa sotto un grandinare di pallini da schioppo (alla fine la polizia gli requisì le armi, cosa che sprofondò l'ubriacone in una cupa tristezza). A causa di questa servopadrona, da cui Robineau ebbe anche un figlio, l'erede diretta Louise, sorella del Selvaggio, chiese e ottenne la sua interdizione. Si levarono allora come uno stormo di corvi altri Robineau che, in odio a Louise, presero cura dell'alcoolizzato e sorvegliandolo giorno e notte lo riportarono a una certa sobrietà, per dargli modo d'impugnare la sentenza d'interdizione. Quindi, a scorno definitivo dell'erede, decisero di trovar moglie a Jules. Non fu difficile: era così ricco. « Proprio in quel tempo — racconta il dossier — una ragazza che era stata a balia da una certa Guillé, nella fattoria di Marignons, della quale era proprietario un cugino di Robineau, venne dal Belgio, dove risiedeva, a trovar la nutrice. Era Sidonie Landoy, orfana di madre e di padre e convi- vento a Bruxelles con due fratelli giornalisti». Un altro cugino del Selvaggio «l'attirò presso di sé» e pochi mesi dopo la ventiduenne Sidonie sposava Jules Robineau, di anni quarantatre. A Saint-Sauveur, la giovine sposa si trovò meno spaesata di quanto affermi Colette, avendo trascorso la sua fanciullezza in quei luoghi; inoltre, la casa del Selvaggio era doviziosa, cuoche e sguattere affollavano la cucina, gli armadi traboccavano di splendida argenteria e dietro la casa si stendeva un giardino immenso, arruffato e misterioso (confinante, come c'informa Colette, con quello di < Madame Cèbe », la quale altri non era che Marie Miton, sposatasi anche lei, come l'ex-amante, e con un uomo di tredici anni più giovane). Dopo le nozze, il Selvaggio s'inciuili un poco. .Sfa fu una breve tregua malgrado gli sforzi di Sido per auarirlo dalla sua funesta passione; ed era di nuovo un « pazzo feroce » quando nacque Jullette, che la scrittrice chiamerà la straniera o anche mia sorella dai lunghi capelli. Nessuno amò la bambina. Di lei sappiamo che crebbe taciturna, solitaria, rabbuiata dall'alcool paterno; e finì con l'impiccarsi a una trave. Quanto a Sido, un'infensa vifaZifà le permise di non soccombere e anche di cercare altrove gli affetti che le mancavano in casa. «Purezza di quelli che non commisero effrazioni » scrisse Colette nei riguardi della madre. Ma le effrazioni, in realtà, vi furono. Dapprima, le buone lingue del villaggio attribuirono a Sido una breve relazione col notaio Jarry, poi « rapporti durevoli e peccaminosi» col forestiero zoppo, Jules Colette. Era un excapitano degli zuavi, amputato d'una gamba a Melegnano durante la guerra d'Italia e forzatamente trasmigrato dalla carriera militare a un impiego civile: quello di esattore delle tasse a Saint-Sauveur. Era fatale che l'esuberante capitano soggiogasse la malinconica Sido, infrisa di lacrime. Dal loro duplice infortunio divampò raptdamen- te un grande amore che, tanto per lei come per lui, doveva durare sino all'ultimo respiro. Non a torto, quindi, la voce pubblica considerò « opera del capitano » il bimbo nato a Sido nel 1862 (la stessa Colette parlò sempre di questo bellissimo fratellastro, Achille, come d'un vero fratello «per il cuore, la scelta, la rassomiglianza*: la voce del sangue non l'ingannava). E quando Jules Robineau mori all'improvviso, per poco i due amanti non vennero accusati di assassinio. «La calunnia è una piaga della provincia», scrive il giudice Cramson, specificando che l'ubriacone morì di apoplessia fulminante « in una camera appartata, dove la moglie lo abbandonava, solo, alle sue crisi d'etilismo. Pare che lei e Colette lo abbiano lasciato suicidare in pace ». Pochi mesi dopo la vedova del Selvaggio, divenuta usufruttuario di tutti i suoi beni, andò a nozze con l'affascinante capitano e ne ebbe altri due figli, Leo e Gabrielle, la futura scrittrice. Sull'infanzia di Minet chérl, all'ombra del giardino incantato, che la madre percorreva « con passo inimitabile e danzante », sappiamo molte cose. E conosciamo anche la disperazione dell'adolescente Gabrielle quando i Colette, in completa rovina (sia il capitano che Sido mancavano troppo di senso pratico per poter gestire una grossa proprietà), dovettero abbandonare la tenuta di Saint-Sauveur. Stranamente, il disastro finanziario proiettò nella vita della scrittrice vicende sentimentali analoghe a quelle di sua madre. Anche Colette potè dire a vent'anni: «Mi hanno sposata ». Anche lei si trovò a fianco un uomo anziano e corrotto, Henri Gauthier-Vlllars, noto sotto lo pseudonimo di Willy, « uno dei più putridi rottami della Belle Epoque ». E anche lei, infine, malgrado innumerevoli errori, restò sempre une honnète petite bourgeoise, come la definitiva ironicamente Boldini. Clara Grifoni Colette a 15 anni nel «giardino incantato» della tenuta di Saint-Sauveur

Luoghi citati: Belgio, Bruxelles, Italia, Melegnano