Giselle Henke respinge sdegnata le diaboliche accuse di Claire di Guido Guidi

Giselle Henke respinge sdegnata le diaboliche accuse di Claire Ad Amburgo la penultima tappa del processo Giselle Henke respinge sdegnata le diaboliche accuse di Claire Il giudice Max Kuntze, magistrato poliglotta, fa da tramite tra il suo collega di Roma, il P. M., gli avvocati e la bionda bambinaia tedesca, presunta «fidanzata segreta» di Youssef - La «nurse», che si è presentata con un legale di fiducia, definisce calunnioso il ritratto di «ragazza dissoluta» tracciato di lei dall'astuta egiziana e cerca, disperatamente, di venire in aiuto al suo amante minacciato dall'ergastolo DAL NOSTRO INVIATO Amburgo, lunedì matt. Sino all'ultimo momento Giselle Henke ha cercato disperatamente di rimanere nell'ombra. Ma tutto le è stato contrario. Non poteva mai immaginare che il suo nome avrebbe finito per essere legato ad un avvenimento che dal punto di vista della storia del diritto è davvero eccezionale: per lei è la prima volta che un magistrato italiano ha varcato i confini per andare, ad interrogare un testimone straniero. Il nome di Giselle, graziosa ragazza tedesca, apre, si può dite, una nuova era nella nostra procedura. Seppure l'indagine dovesse riuscire sterile, importante è il modo con cui è stata compiuta, il principio nuovo che è stato attuato. Alla curiosità di tutti, Giselle ha opposto per mesi una resistenza tenace. Parlò, sia- pure laconicamente, quando per conto del Procuratore della Repubblica di Roma nel maggio '65 fu interrogata dal commissario Muller dell'ufficio di polizia di Wiesbaden e fece comprendere chiaramente che tanto clamore intorno al suo nome la seccava, tant'è che 10 scrupoloso funzionario sentì il bisogno di aggiungere in calce al verbale una annotazione: Ho avuto l'impressione che la signorina Henke nelle sue dichiarazioni sia stata molto riservata. Evidentemente teme che ormai dopo l'omicidio anche 11 suo nome possa divenire di dominio pubblico dati i suoi stretti rapporti con il signor Bebawi. Ricevette, nel gennaio scorso, l'invito della Corte a presentarsi come teste a Roma; ma ai difensori di Youssef che, avendo chiesto il suo esame, dovevano provvedere alle spese di viaggio e soggiorno e le avevano inviato il biglietto dell'aereo per Roma e ritorno, lo restituì senza dare loro eccessive spiegazioni, tanto esse erano evidenti. Ai giudici italiani inviò poi una lettera sintetica ma chiara: Non sono disposta a venire a Roma per un interrogatorio. Io devo temere che con ciò saranno commesse non sol¬ tanto alcune cose sgradevoli per me, ma che anche la mia sicurezza personale non sarà garantita. Diversi fattori a questo proposito sono già venuti a mia conoscenza. Inoltre sono certa che il mio interrogatorio non potrà dare un valido contributo al chiarimento dei fatti. Non sono nemmeno d'accor¬ do che il mio nome venga fatto in un pubblico dibattito. ■ Ma tutto è stato inutile: i giudici italiani sono venuti a cercarla fino ad Amburgo. Ed oggi è stato il suo turno. Se Giselle avesse potuto ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ma la legge tedesca è particolarmente precisa e severa: nessun testimone regolarmente convocato dall'autorità giudiziaria può rifiutarsi di deporre, a meno che non sia un parente, che non debba eventualmente riferire circostanze che possano dare origine ad un procedimento penale nei suoi confronti o che non sia vincolato dal segreto professionale. Ore Ih: appuntamento in un ufficio del Palazzo della Giustizia penale della città anseatica, uno dei pochi edifici antichi risparmiati dalla guerra. Chi interroga è un magistrato tedesco, Max Kuntze, che ha funzioni equivalenti a quelle di pretore nell'ordinamento giudiziario italiano. Le domande, otto, gli sono state inviate dal presidente della Corte d'Assise di Roma, ma a queste egli ne può aggiungere altre: tutte quelle che le parti interessate ritengano opportune. E le parti presenti ad Amburgo sono: il giudice delegato della Corte dott. Beniamino Fagnani; il P. M., dott. Giorgio Ciampani; uno dei patroni di P.C., l'avv. Ottavio Marotta; uno dei difensori di Claire, l'avv. Giorgio Petrelli e due difensori di Youssef, il prof. Giuliano Vassalli e « maitre » Cottier di Ginevra. Il dott. Kuntze, in sostanza, non sarà altro che il < trait-d'union» fra magistrati ed avvocati stranieri e la graziosa Giselle che non ha rinunciato comunque, in questi ultimi tempi, all'assistenza di un legale di fiducia: il « doktor der rechte » Peter Heinen. Tutto è pronto anche nei dettagli. Non senza motivo per un esperimento senza precedenti per un delitto comune in Italia e in Germania, è stato scelto il giudice Max Kuntze, il quale conosce ben 15 lingue tra le quali anche l'italiana. L'interprete rappresenta soltanto una formalità, seppure d'obbligo. Giselle Henke a settembre avrà 27 anni. E' nata ad Amburgo nel 19S8, lavora presso una ditta commercia a n a o «azaletslfcddcsrtglVnnsic[le, abita con » genitori e la sorella Christa a 50 km. dal la città. Quando, nel luglio 1962, cercò un'occupazione si rivolse all'associazione femminile « Freundin Junger Maedchen », e così finì a Losanna in casa Bebaivi. Non poteva prevedere quanto sarebbe accaduto. Le è stata attribuita una grande, immensa responsabilità: quella cioè di avere nelle sue mani la vita di un uomo su cui incombe l'ergastolo. Se davvero fosse stato, nel gennaio 196)f disperatamente innamorato di lei, Youssef poteva mai pensare ad uccidere Farouk (come invece sostiene l'Accusa) e poteva, comunque, essere geloso della moglie, Clairet Quali i rapporti fra Youssef e Giselle* E' una domanda delicata. Quando, nel maggio 196b, fu interrogata dal commissario Muller, Giselle non volle essere né troppo precisa né troppo vaga: Rifiuto — disse — di rispondere alla domanda se io sono stata l'amante di Youssef. Ma. poi ammise (né poteva fare altrimenti) d'essere stata con lui per lo meno a Stoccarda all'inizio di gennaio, due settimane, cioè, prima del delitto. Claire a Roma, sabato scorso, è passata alla controffensiva. Di colei che è ora la sua più pericolosa avversaria (l'innocenza di Youssef significherebbe la sua reità) ha fatto un quadro pauroso: l'ha definita «dissoluta», attribuendo la definizione, perché fosse più ! .j «attendibile, alla cognata Aziza Bebawi; ha elencato le avventure di Giselle e sottolinealo che Youssef per lei era un uomo come tanti altri. Non solo, ha detto che è stata lei, Claire, a suggerire l'alibi della « nurse ». Ma fu un'ipotesi subito scartata ha aggiunto Claire — perché era facile accertare come in casa nostra se qualcuno poteva essere interessato a Giselle non era davvero mio marito, ma nostro figlio, Mourad che allora aveva 14 anni. Se non è sincera, Claire è davvero diabolica. Come risponde alle accuse Giselle? Negando e cercando, disperatamente, di dare un aiuto concreto a Youssef: tra l'altro respinge, con vivacità la taccia di « dissoluta ». E cosi si è conclusa la parentesi tedesca del processo ai due egiziani: una parentesi che a Youssef Bebawi, il quale dovrà rifondere tutte le spese per l'indagine, è costata una cifra che non è davvero molto inferiore al milione di lire. Guido Guidi