E' gloriosa e finora mal conosciuta la parte che l'esercito "regolare,, ebbe nella Resistenza di Paolo Monelli

E' gloriosa e finora mal conosciuta la parte che l'esercito "regolare,, ebbe nella Resistenza u lom combattuta insieme dalle truppe, dai partigiani, dalla cente comune E' gloriosa e finora mal conosciuta la parte che l'esercito "regolare,, ebbe nella Resistenza Il primo rifiuto alla dominazione tedesca fu offerto dai militari che P8 settembre non si arresero, dai seicentomila che preferirono la prigionia alla repubblica di Salò - Il primo Raggruppamento entrò in linea a fianco degli alleati già il 27 settembre 1943; da esso si formò, nel marzo successivo, il « Corpo italiano di liberazione » - Per mesi si batté splendidamente da Cassino alla « linea gotica » - Molti, tra la popolazione e gli ex compagni d'arma, non capivano questi soldati che, potendo deporre l'uniforme, sceglievano il servizio e il combattimento Paolo Monelli, nel rievocare in questo articolo le imprese di guerra del « Corpo italiano di liberazione », porta il contributo anche dei suoi ricordi personali: egli partecipò infatti, come tenente colonnello degli alpini, alla campagna dell'esercito regolare dopo 1*8 settembre. Roma, aprile. La prima resistenza ai te(leuciti dopo l'S settembre, fu Quella di quei reparti dell'esercito che seppero interpretare rettamente le ultime parole del proclama del maresciallo Badoglio, « le truppe italiane reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza ». Il 10 settembre il grande quartiere generale tedesco annunciava in un suo bollettino «le forze armate italiane non esistono più », parole riecheggiate da cronisti frettolosi o in mala fede; ma ancora nostre divisioni combattevano (e alcune continuarono a combattere per giorni e settimane) in Sardegna, in Corsica, in Puglia, alla Spezia, nelle Isole Egee, nelle Jonie (non è ancora stato celebrato come merita il cosciente sacrificio della Divisione Acqui a Cefaionia: «Per ordine del Comando Supremo e per volontà degli ufficiali e soldati la Divisione Acqui non cede le armi >, rispose il generale Gandin all'intimazione tedesca; e allora i tedeschi li attaccarono con forze soverchiami- li maciullarono con gli - Stukas - '■•"'alto, li schiacciarono alfìtu dopo sette giorni, e per barbara rappresaglia fucilarono i superstiti, iSOO fra ufficiali e soldati). E in Grecia ove la Divisione Pinerolo si balte a lungo alleata ai partigiani greci e alle truppe inglesi; e in Albania ove rifiutarono la resa e si disfecero battagliando la Divisione Firenze e il 221° Reggimento dell'Arezzo e i cavalleggeri di Monferrato; e in Dalmazia, e nel Montenegro ave la Divisione Venezia e l'alpina Taurinense si azzuffarono fino al dicembre con i tedeschi perdendo quasi la metà degli effettivi; 0 da superstiti di queste e della Divisione Messina nacque la Divisione partigiana Garibaldi. E meritano d'essere annoverati fra i resistenti piti, puri quei seicentomila catturati dai tedeschi per sorpresa o per defezione dei comandanti, che preferirono la dura amara prigionia al ritorno in Italia promesso a chi si fosse schierato con la repubblica di Salò. Altri ufficiali e soldati dell'esercito regolare, che meritano un posto d'onore nella Resistenza italiana sono quei pochi e generosi gregari del Raggruppamento motorizzato italiano che si costituì in Puglia il 27 settembre del 'IfS; formato da due battaglioni del 67" reggimento della Divisione Legnano, dal 51° battaglione di allievi ufficiali dei bersaglieri, dal 5" battaglione anticarro, dall'll" reggimento di artiglieria Mantova, da due gruppi di cannoni e di obici. Ho già raccontato lo scorso anno come questo Raggruppamento, dopo essersi battuto l'S e il 16 dicembre, con incredibile slancio e spirito di sacrificio sul Montelungo. pilastro tedesco sulla via di Cassino, riportato il 21 dicembre in seconda linea per le gravissime perdite subite, dette origine al Corpo Italiano di Liberazione (CII.j. che l'anno seguente raggiunse combattendo la linea gotica, inquadrato nell'ottava armata inglese. Accanto a soldati che avevano di tutto, autocarri, carri armati, poderose artiglierie, servizi doviziosi, ed avanzavano solo mobilitando tutte le retrovie, facendo precedere l'attacco delle fanterie da un bombardamento intenso e prolungato, ì fanti, i marinai, i bersaglieri, gli alpini del CIL andavano avanti a piedi, senza riposo, senza avvicendamenti, con un po' d'artiglieria leggera, con pochissimi carri — il vestito era il cachi coloniale, la sussistenza era la nostra, misera e povera —; e gli avevano assegnata la parte più aspra del fronte, montagne deserte que brulli tagliati da valli e da forre. Ma un ostinato silenzio avvolge la cruenta marcia e l'incredibile fede di questi pochi che accettarono di combattere mentre tutto intorno era rinuncia ed inerzia. E quando si preparavano ad entrare in linea non spartiac- ebbero nemmeno il consenso della popolazione; dava fastidio alla gente questo simulacro d'esercito che pareva le impedisse di considerarsi una buona volta in pa- ce, questi soldati che non si | o a a r l contentavano come gli altri di fare i braccianti o gli scaricatori di porto al servizio dei conquistatori. Nell'opera poderosa, di Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana su cinquecentosessanta pagine sono dedicate al primo Raggruppamento quattordici righe, al CIL (che compare improvvisamente con questa sigla a pagina 299 senza che nelle pagine precedenti sia detto a che parole corrisponde) otto righe. Scrive il Battaglia del primo Raggruppamento: «Costituito da circa 5000 uomini armati ed equipaggiati con il vecchio materiale (non erano nemmeno tanti, e non più di millecinquecento appartenevano alla fanteria), impegnato al fronte nell'attacco di Montelungo, quel primo nucleo dell'esercito italiano si lancia all'attacco quasi ignorando le caratteristiche del terreno e viene immediatamente decimato (altro che decimato, ci rimise il quaranta per cento degli attaccanti) dal fuoco dell'artiglieria tedesca che lo prende inaspettatamente di fianco. Lotta per più giorni inutilmente, ottiene esigui vantaggi subito cancellati dalla stasi o dal ripiegamento generale del fronte. Il 16 dicembre con un nuovo attacco riesce finalmente a raggiungere l'obiettivo, inse- j rito com'è in un'azione generale meglio organizzata; poi, stremato e dissanguato, sparisce dalla scena >. /( Battaglia dice che si è servito come fonte per queste notizie dell'opera di Agostino Degli Espinosa, Il reI gno del Sud. Ma Degli EspiI nosa scrive: «... il mattino i dell'8 (il Raggruppamento) j mosse all'attacco, con la siI curezza che Monte Maggio j re. a sud ovest di Montelungo, fosse già in mano americana, e che i monti Saminucro e San Pietro a nordest venissero contemporaneamente attaccati dagli americani stessi. In realtà gli americani avevano occupato la cima di Monte Maggiore, ma i fianchi erano ancora nelle inani dei tedeschi dotati di forti postazioni in caverna, e le altre due posizioni non vennero conquistate. In tal modo le fanterie italiane, trovatesi sotto un intensissimo fuoco imprevisto dai fianchi di Monte Maggiore, dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza; su queste resistettero con sforzo estenuante ad un contrattacco tedesco, e verso sera riuscirono anche a fare un piccolo progresso, ma alla fine della giornata il Raggruppamento appariva duramente provato. Ciononostante rimase in linea, ed il 16 dicembre, nel quadro di un'azione generale meglio organizzata della prima, conquistò e tenne l'obiettivo fallito la prima volta ». Come si vede son frutto di fantasia quelle parole « quasi ignorando le caratteristiche del terreno », come si trattasse non di vecchi soldati, reduci da ogni fronte di guerra, ma di temerari dilettanti; e sembra vogliano dispettosamente togliere ogni valore morale all'olocausto di questi valorosi, vittime della leggerezza del comando americano. Il Battaglia parla di un ripiegamento generale del fronte che non è esistito in questo punto e in questi giorni; non dice invece, come hanno detto onestamente gli stessi comandanti americani e il Times del 17 dicembre, che l'episodio s'inquadra in una offensiva non riuscita della Armata. Né il Raggruppamento sparisce dalla scena, ma dopo una settimana di sosta sulla prima linea e sotto il fuoco, fu tratto addietro per essere ricostituito, come succede in guerra di tutti i reparti che hanno avuto perdite notevoli, e per essere rimpolpettato con i comple- menti. Ma i complementi non giungevano, si discusse a lungo fra il nostro comando che chiedeva un numero superiore di uomini per il Raggruppamento e i sospettosi alleati che lo volevano esiguo e di poco conto; e non fu disciolto né «riassorbito dal clima stagnante del Mezzogiorno», come scrive il Battaglia, ma come ho detto fu trasformato la fine del marzo seguente nel Corpo Italiano di Liberazione : composto, oltre alle artiglierie, di un altro reggimento della Legnano, il 6'S" di un battaglione di alpini 'Piemonte), dei paracadutisti della Nembo, di un battaglione di arditi e di un reggimento di bersaglieri. Dell'occupazione da parte degli alpini senza colpo ferire del Monte Marrone, erta parete di 1770 metri, e accanitamente conservato contro rabbiosi coni rat tacchi tedeschi il 3 aprile e la notte fra il 9 e il 10 aprile, il Battaglia non dice una parola, né della conquista da parte degli arditi dell'arduo Monte Cavallo (27 aprile) con mischie a corpo a corpo con i difensori. Da questi monti si inizia l'avanzata del CIL che si arresterà soltanto cinque mesi più tardi contro la linea gotica; e il CIL iscriverà nel suo «Diario storico» questo gremito elenco di azioni: attività aggressiva di pattuglie sul gruppo delle Mainarde; parteei\iazione alla battaglia di Cassino del battaglione Bafile di marinai da sbarco provvisoriamente distaccato, occupazione di Orsogna e della zona fortificata tedesca dalle propaggini della Maiella alla pianura, occupazione di Chieti (la conquista era stata affidata agli indiani della Quarta divisione dopo un previsto bombardamento di ventiquattr'ore; ma furono prevenuti da una pattuglia della Nembo che li giunse improvvisamente un giorno prima, sopraffece le truppe tedesche di retroguardia e tolse le mine dalle opere pubbliche e risparmiò alla città le rovine del bombardamento), occupazione di Ascoli, forzamento del fiume Chienti, occupazione di Macerata, conquista contrastata (trecento uomini vi perde la divisione Nembo) di Filottrano che apre all'Ottava armata la via di Ancona, forzamento del Musone su cui l'avversario resiste tenacemente per più di una giornata e occupazione di Iesi; conquista con le armi di Ostra. Vetere, di Corinaldo, di Barbara, di Serra dei Conti, dì Castelleone di Suasa, di Cagli, di Pergola, di Aqualagna, di Fossombrone, occupazione di Urbino e di Urbania. Scrive ili tutto questo il Battaglia: * Rapida la ritirata tedesca in Abruzzo, incalzata oltre che dai partigiani locali, dal CIL entrato in linea ad Orsogna (!) e concentrato a Chieti il 15 giugno» (pag. 299>. < Il CIL rompe la prima cintura difensiva di Iesi a Filottrano (6-9 luglio); artiglieria, fanteria del nuovo Esercito italiano agiscono in perfetto coordinamento schiacciando la strenua difesa avversaria, e superata anche la seconda cintura sul Musone irrompono il 21 luglio a Iesi. Quindi continua l'offensiva oltre il Metauro fino ad Urbino » fpalino 307). E del CIL non si dice altro in tutto il libro. Troppo poco per questi soldati che della Resistenza hanno avuto solo gli stenti ed i rischi; che trovatisi per un caso fortuito nell'Italia del Sud o nei Balcani o in Sardegna ancora regolarmente inquadrati in reparti ove q la disciplina era intatta e i superiori coscienziosi, per cui non erano stati contagiati dallo <. sbandamento » per cui tante divisioni scomparirono da una settimana all'altra (« non c'è né firma né firmamento, questo è il momento, a casa si va »), gli fu. detto che dovevano tornare a fare la guerra mentre tutti gli altri, chi era scappato a casa ci restava impunito, e chi era rimasto sotto le armi fu addetto a sicuri servizi di retrovia. E non gli piaceva affatto l'idea di ricominciare a combattere; e li tenne insieme agli inizi soltanto un'ammirevole disciplina, un senso del dovere più forte del dubbi e delle crisi di coscienza. Soltanto col tempo, con le prime azioni vittoriose o, se non riuscite, condotte in modo da suscitare l'ammirazione dei soldati alleati con cui erano a. contatto (gli alpini del Battaglione Piemonte, che protestavano che la guerra, non la volevano far più, quando si trovarono davanti alla parete del Monte Marrone, e seppero che i ma rocchini s'erano rifiutati di andar lassù, sul monte carico di neve, balzarono all'attacco come ad una, festa), solo col tempo gli animò il legittimo orgoglio di essere i soli di un esercito disfatto a rappresentare l'Italia a pari diritti con i conquistatori; l'orgoglio soprattutto di mostrare nel confronto ouotidiano che poveri com'erano, mal pagati, mal vestiti, con le scarpe rotte, non erano inferiori in nulla ai ricchissimi soldati alleati. I partigiani (gli capitò di collabornre in perfetto ne- cordo con quelli che avevano conquistato Montecarotto, e con quelli della banda della Maiella; e ne invidiavano la. disciplina piuttosto lasca, a le ragazze che li seguivano nelle azioni) molto spesso agivano nella loro provincia, nella loro regione, fra gente del loro dialetto e dei loro sentimenti; questi soldati erranti avevano quasi tutti la famiglia oltre la linea che aveva spezzato in due l'Italia; e se dopo qualche giorno trovavano l'affetto e la comprensione degli abitanti della città conquistata, ad ogni tappa innanzi dovevano ricominciare la fatica di crearsi attorno un nuovo calore familiare; e spesso s'urtavano, come i pionieri del Raggruppamento, alla diffidenza di gente a cui non piaceva lo scudo di Savoia sul braccio; o li canzonavano, come a Pergola, vedendoli così scalcinati al confronto degli alleati, da dover portarsi gli impedimenti al seguito su carri tirati dal buoi. E avevano tutti sul petto un invisibile nastrino con su scritta la parola « fesso ». Paolo Monelli