II«Parsifal» di Wagner al Nuovo diretto e inscenato da Von Matacic

II«Parsifal» di Wagner al Nuovo diretto e inscenato da Von Matacic La stagione lirica torinese organizzata dall'Ente Regio II«Parsifal» di Wagner al Nuovo diretto e inscenato da Von Matacic L'opera è stata eseguita nell'edizione integrale, in lingua tedesca, con interpreti stranieri Nel corso secolare dell'opera in musica il Parsifal di Riccardo Wagner è forse la prima che escluse dalle vicende l'amore di un uomo con una donna, amore gentile come quello di Lohengrin e di Elsa, dì Eva e dì Walter, o, diremmo, epico di Siegfried e di Brunnhilde, o torbido di Siegmund e di Sieglinde, o appassionato, di Tristano e Isotta. Nel Parsifal è un amore ideale, cioè il canto d'un amore, che è compassione, fede, castità, rinuncia, quindi serenità dopo amarissimi tormenti. E tutto ciò che nell'opera avviene è mosso dal candore opposto alla lussuria, e mira al trionfo della purezza in un ambiente di bontà, di fraternità, ultraterreno, e perciò mistico, religioso, e, in sostanza, cristiano. Si intende che questa annotazione ed altre che più o meno brevi seguiranno sono suggerite non soltanto, come per lo più accade, dalla materia letteraria e scenica, (e il libretto è in sé pregevole opera d'arte poetica), ma dalle congiunte espressioni verbale, musicale, scenica e mimica. Tutto venne infatti immaginato e formato da un solo, e si presenta in tina unità che si scinde, e può avvenire, allorché uno degli elementi difetti di arte. Se si parla dunque del Parsifal, e di uno o di un altro personaggio e dei loro sentimenti, il pensiero comprende tutti i mezzi e tutte le intenzioni a volta a volta associati e concretati. Sia che abbia influito sulla fantasia dell'anziano artista il frequente vagheggiamento del tema: Parsifal, tardi attuato, oppure una matura esperienza umana ricca di meditazioni e un anelito a sovrumana perfezione, certamente il clima dell'opera d'arte, riuscì preciso, alto e suggestivo. Il canto della natura innocente e prodiga, per esempio, quello incantevole nella pagina detta dell'* incantesimo del Venerdì Santo », e l'altro che esprime l'indifferenza di Parsifal all'uccisione d'un cigno, son pari nell'intensità ai canti degli stati d'animo religiosi, che nella coralità dei Cavalieri nell'adorazione di sacre reliquie, nella sottomissione alla disciplina, fremono piamente. In questi canti, specialmente nel sublime momento dell'agape, accanto (e per la presenza della polifonia potremmo dire insieme), alla forte asserzione della «fede», tema possente, aleggia un trepido stato d'animo, quello che contempla l'ardua meta, l'ascensione alla suprema bellezza, l'umana facilità al peccato e la vigile resistenza. E l'incertezza e la certezza, l'attesa e il compimento, tendono alla più pura sanità. Questa atmosfera è certamente sorta grazie alla lunga preparazione dell'artista meditativo e alla vigoria essenziale dei personaggi creati; ma più risalta nel contrasto delle persone di Parsifal e di Kundry. E qui si dispiega la grandezza melodrammaturgica di Wagner. Protagonista è indubbiamente Parsifal. E' lui che acquista a grado a grado esperienza e sensibilità, che trascorre, quasi per benevola concessione della divina Provvidenza, da una rivelazione ad un'altra rivelazione, e lasciate infine le spoglie del « puro folle >, diviene capo della invitta e sacra comunità. Le sue conoscenze della terra e del cielo avvengono prodigiosamente. Il divenire è costante. Tutto egli rinnova e risana. E pertanto anche Kundry grandeggia. E' lei che con l'offerta dell'amore sensuale favorisce la prova suprema, e chiede e ottiene la compassione, massima virtù, che trasmuta in sapiente l'ignaro folle. Kundry è indubbiamente fra i personaggi non solo del Parsifal, ma di tutta l'opera di Wagner, il più difficile, non per l'esecuzione fonica, ma per questa nell'espressione interpretativa. Nella difficoltà è la originalità. Nessun'altra persona scenica è parimenti complessa, ambigua, tortuosa, igna ra dei suo essere e operare. Diciamo: persona, intendendo, ripetiamo, quella che è espressa con le parole, con la voce umana e con le voci orche strali, con la mimica, salda unità. La sostanza, il suo tormento, si liricizza, si realizza e trasfigura. Commossa, narra a Parsifal come morì la madre, canto d'una tenerezza materna, inattesa nell'animo della perfida, della lussuriosa; ella cede alla tentazione di sedurre Parsifal, di stremarlo, come fece ad Amfortas, ed invoca da lui la redenzione; respinta ancora, lo maledice; infine, e sarà l'ultima sua parola, si riconosce destinata a < servi re», come le sia imposto, a null'altro che «servire», creatura senza volontà e pur attiva, malamente. Nella rappresentazione, iersera, questa superba entità drammatica si espanse con vigore soltanto parziale nelle espressioni della soprano Herta Morena, a cagione soprat tutto della natura della sua voce, alquanto chiara, e non atta alle cupezze nella malignità, a quel « grido orrendo » a « quell'ululo lamentoso », e quel «gemito angoscioso», £ quegli accenti « con voce rau ca e rotta», che Wagner pre scrisse caratteristici nel dialo go con l'imperioso Klingsor, all'inizio del secondo atto. Pel resto, correttezza di canto e mimica adeguata non le mancano. Il tenore Fritz Uhi, a sua volta, ha 1 requisiti per impersonare Parsifal, registro timbrato, sicurezza in tutta l'estensione della gamma. Altrettanto si può dire di Otto Wiener, Amfortas. La parte ai Klingsor era affidata a Georg Stern, che, certamente esperto, e fornito di gagliardo registro da basso, ha un che di baritonale nello squillo metallico e nella facilità dei suoni alti. Egli era incaricato anche della parte di Titurel. Una particolare menzione merita Gottlob Frick, che die risalto agli accenti di austerità e benevolenza propri di Gurnemanz. bellissimo personaggio, e non declamò, ma parlò, discorse, semplicemente, flettendo la dizione con la linea musicale, e gestì con naturalezza. Ed ecco l'elenco degli altri cantanti: S. Ghione, M. G. Tagini, C. Perino, L. Gonzates, M. Aggio, G. Pace, R. Secco, F. Serano, E. Viaro. Il coro era stato istruito, in lingua italiana, dal maestro Mario Tagini. Coreografa: Susanna Egri. In quanto alla regìa, elemento «spettacolare», al quale si suol dare oggi tanta importanza da squilibrare e danneggiare la proporzione e i risultati dei mezzi che un'opera d'arte assomma e disciplina, il maestro Matacic, volendo egli stesso provvedere, ha scelto, come dichiara, un modo non « tradizionale », né « impressionistico», né « espressionistico » (come a Wagner, non profeta, non sarebbe mai venuto in mente, e son regìe del tutto arbitrarie, iconoclastiche, inammissibili, ma fortemente favorite dalla moda e da condizioni economiche industriali), bensì «pittorico». Dice dunque il maestro Von Matacic d'aver immaginato che l'azione del Parsifal si svolga in un'immensa cattedrale romanico-bizantina, di cui una finta vetrata di molti colori sta evidente nel fondo del palcosce nico; su di essa si alternano « le idee dell'azione scenica e musicale ». Questo proponimento registico, come altri tentativi antistorici e polemici, non trova conforto nemmeno nella più libera interpretazione del testo e nella pratica non vale più della suggestione che le dispo sìzioni dell'autore provocano. Le aberrazioni dei nipoti di Wagner nell'istituire il così detto « nuovo stile bayreuthiano », contro il quale s'incalzano sempre più numerose le proteste, non sono pertanto imitate dal Matacic, il quale fa illuminare gli ambienti, non priva i personaggi degli oggetti necessari, lancia, scudo, cimiero, guanti, arco, eccetera, e consente la mimica naturale, il gesto, la positura, abolendo quello stare con le braccia lungo il corpo e le mani all'inguine, presunto atteggiamento grecizzante, che non ha niente da vedere con il gusto di Wagner. (Bozzetti e figurini di Tina Sestini Palli). Come concertatore, il Von Matacic adoprò la sua esperienza, competenza, destrezza, concordare, quanto è possibile nell'attuale stato pratico dei teatri, gli elementi dello spettacolo, e a dar chiarezza luce al tessuto tematico. A chi pur nelle manifestazioni dell'arte predilige la verità parve opportuna la rinunciaiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii alle solite espunzioni dalla partitura. In realtà soltanto in tre o quattro passi l'insistenza di certi dialoghi su argomenti già noti e la conseguente fiacchezza drammatica della composizione musicale, cagionano, per esser franchi, disinteresse. Ciò si riscontra anche nei capolavori di Wagner. Ed è giusto sia conosciuto e giudicato. Successo fervido, sala gremita. Numerose chiamate al direttore e ai suoi collaboratori A. Della Corte

Luoghi citati: Amfortas