La poesia di Dante

La poesia di Dante NEL SETTIMO CENTENARIO DELLA NASCITA La poesia di Dante E' noto che la varia fortuna della poesia di Dante, pur nel costante ossequio vistosamente proclamato al padre della lingua e della civiltà nazionale, si è sempre svolta, anche e soprattutto in Italia, in un'atmosfera irta di perplessità e di riserve, difficile e polemica. Dai letterati del Cinquecento, che rimproveravano alla ot Commedia » la scarsa elezione ed omogeneità della lingua e il disordine dell'invenzione, agli aristotelici dei secoli XVI e XVII che la definivano « un miscuglio di uposial tesuo lineadellaguagti, ibleme dmonconIncentrati via o capriccio senza regola e senza critforma di poetica azione », fino ai travrazionalisti e illuministi del Set- nel tecento, che ne fastidivano la un oscurità della forma e l'arcaici- si vtà della materia e della struttura, dellfino al Cesarotti che la trattava peradi « garbuglio grottesco » e, strariassumendo l'opinione dei con- tutttemporanei in una formula che unatutti avrebbero potuto più o me- via no sottoscrivere, concludeva che un a Dante si doveva riconoscere e i« più genio che gusto » : non sa- cherebbe difficile allineare una lun- draga ininterrotta serie di giudizi o ptotalmente o in gran parte ne- sottgativi, dove anche le punte estre- dellme, di un Bulgarini, di un Beni, cosdi un Bettinelli, di un Voltaire, felianziché apparire stridule e disso- talmnanti, trovano posto come la tanespressione appena spregiudicata le e un tantino insolente di un sen- tUr,.~ , , re amento diffuso e solo maschera- fonto nei più da una superstite ri- Everenza alla tradizione. proVero è che a una cultura let- cheteraria, indirizzata dal Trecento romsi poi a perseguire un ideale di rà decoro classicistico, come raffi- un'nata norma di stile e di linguag- <t shgio e come ordine e razionalità dele misura di affetti e di immagi- oggni, la «Commedia» si presenta- no va come un monstrum, con il ra> lo imponente bagaglio teologi- stlcci c. n„ „,„ arrco filosofico e politico, la sua ... ,. ... . j- , ■ ; librstraordrnaria liberta di soluzioni , , . , detverbali, 1 ampiezza e la varietà masconfinata dei suoi temi, la sei- imvaggia vitalità del suo contenu- ramto fantastico, il rigore infine tut- segto medievale e anticlassico della da sua architettura. chePrima e meglio di tutti aveva nelformulato con estrema chiarez- turza le ragioni di questo dissenso, vice la fondamentale estraneità del- unl'Alighieri alla linea coerente di dl un gusto, il Bembo, che di quel «mgusto può considerarsi il fonda- 51 tore e il teorico, quando scrive- te _. mava che Dante «ancora sarebbe . ,. , , Mmiglior poeta che non e, se al- cotro che poeta parere agh uomini Mvoluto non avesse », e che prò- daprio per aver voluto nella sua (nnopera includere una così vasta deed incongrua materia dottrinale ticegli era riuscito amen sommo e tutmeno perfetto nella poesia ». troContro coloro che affettavano di ideesaltare l'Alighieri in nome del- di la « grandezza e varietà del sug- sogetto », il Bembo giustamente os- Paservava che «il suggello è ben prquello che fa il poema o alto o risne o mezzano di stile, ma Pastocebuono in sé o non buono non\ giamai .. si che meglio avrebbe operato Dante ove «di meno al- m.ta e di meno ampia materia po- dvsto si fosse a scrivere », e non caavessc insomma sacrificato ad un bitroppo ambizioso proposito di discienza universale le ragioni del- nul'arte, violentando e sconciando retutti gli strumenti espressivi. mCiò che insomma doveva riu- poscire ostico ai lettori umanisti, fearistotelici, arcadi, razionalisti, ziilluministi, nonostante il mutar- pisi della loro formazione ideolo- cogica e il conseguente variare del- cole loro argomentazioni, era ap- alpunto sempre il « soggetto », la cisostanza dottrinale e morale che scpresiede all'impianto del poema, quel fondo di cultura e di senti- mento medievale, che era diven- mtato e doveva rimanere per se- dcoli un bersaglio polemico, dap- nprima direttamente avversato e mpoi via via decaduto ad oggetto ddi fastidio c.addirittura d. scher- mno. L arcaicità degli schemi men- tali si traduceva sul piano espres- sjsivo in un difetto o corruzione ,, , , , , ddel gusto, a tutto danno del ge- . 0 e zinio pur riconosciuto. p* * pSu quel fondo oscuro e squal- zlido emergevano bensì momenti pdi luce poetica assai viva, di mo- cderna e sublime potenza, ma per mcosì dire senza legame e anzi in vcontrasto con esso, brevi pause mdi felicità, oasi di bellezza, nel- sla noia e nella fatica di un per- corso irto di difficoltà e scarso udi risorse. Sì che anche i lettori tmeglio disposti a un ingenuo sconsenso, quelli in cui la gran- ddezza del poeta penetrava, al di plà di ogni argomento critico, tper la forza immediata di una itradizione locale dapprima, più gtardi anche per una profonda nconsonanza e fraternità di dispo- asizioni affettive, di energia fan- stastica, di rigore morale, erano qquasi naturalmente condotti ad iimpostare la loro difesa del ge- nio di Dante secondo il criterio a una distinzione, anzi contraposizione del poeta al filosofo e teologo, isolando la favola dal o contesto intellettuale, sottoneando la singolarità e l'energia ella rappresentazione e del linuaggio nei momenti culminan, indipendentemente dalla proematica morale che li sottende dalla concezione generale del ondo che essi esemplificano on vigoroso risalto. Iniziata già in pieno Cinqueento per opera di alcuni letteati fiorentini, si apriva così una ia distinta e assai fertile della ritica dantesca, quella che, ataverso il Gravina, culminerà el Vico, con la scoperta di n Dante poeta di natura e qua vialgrè lui, in virtù soltanto ella forza istintiva di un remeramento fantastico, che si fa trada ed irrompe superando utti gli ostacoli frapposti da na formazione scolastica. Tale ia doveva imporre assai presto n modo di lettura rapsodica intrinsecamente frammentaria, he puntava tutta sull'intensità rammatica o patetica, plastica pittoresca, dei singoli episodi ottratti alle ragioni funzionali ell'ideazione complessiva e per osì dire contrapposti ad essa, elici errori di lln animo natualmente poetico, che di tanto in anto riesce a varcare i limiti e e fer/ee esif di ""'intelaia- Ura d°«™»k dl P« ■« ™>n R» e estranea alla poesia, ma prò ondamente antipoctica. E> un modo di ]mm che sJ prolungherà molto addentro an he nel clima della sensibilità omantica — dalla quale prendeà nuovo impulso (nel senso di un'interpretazione per dir così shakespeariana » di talune zone del poema) —, ed è vivo anche oggi in taluni strati più o meno attardati della nostra cultura> specialmente sul piano scolatlc° e divulgativo. Al punto di arrivo di questa corrente sta un .. „ , , „ ibro — quello dettato da Bene, „M , , detto Croce nel 1021 — che mandene mttora un significat0 mportantissimo in questo pano. rama critico> non tanto perché segni una svoka e apra una strada nuova, quanto piuttosto per che esso conclude e riassume — nella rigida distinzione di struttura e poesia — la storia di una vicenda secolare e traduce in una formula rigorosa i criteri dl interpretazione che in quella «manevano bene spesso inespres51 ed «niplwati, ovvero malamen- te e.sPressI' confusl ed aPProssl" mativi. .. ... , . _ Ma appunto il libro del Croce conclude e d ita una fase M gust0< singolarrnente disadatta a una pkna COmprensione (nnn parziale e soprattutto non deformata) del messaggio poetico di Dante; e la sua tesi, con tutto il peso che si trascina dietro di riserve formalistiche e ideologiche tradizionali, nonché di posizioni teoriche legate alla sopravvivenza di quel gusto, apPare, già nel momento in cui si propone, per così dire sfasata risPetto dle esigenze di un'interPalone moderna veramente storicistica e sciolta da precon¬ cetti umanistici. I primi dissensi, che subito si m^f^oToT nati "da ùnTtin dvo scontento e formulati con cautela e con timidezza nell'am bito di un sistema che a buon diritto li respingeva, si sono ve nuti poi a poco a poco chia rendo, spontaneamente, in vari modi e da varie parti, quasi portati alla superficie dall'oscuro fermento di una mutata condì zione culturale, avviata sempre più a riconoscere la storicità del concetto stesso di poesia, da commisurare di volta in volta alla poetica di una determinata civiltà e alle intenzioni di eia scuno scrittore * * Cadme • ,e ragioni pole miche cne opponevano i lettori de, Rinascimento e dell'IUumi nismQ al contcnuto della cukura medievale, la conoscenza stessa d; cu]tura si è Cnorme- mente ^ erf approfondi e y distacco medcsimo che sj determina m approfon- ,. . . . j:__„.s dito studio aiutando la disposi- . . . „„•„„ - zione storicistica di generica e c . „iu perfino indifferente apertura alle più remote e diverse esperien- ze nello spazio e nel tempo, ci permette di guardare ad essa come ad un momento singoiar mente importante, complesso e vitale (superato in quanto total mente assimilato) della nostra storia, Si apre così la possibilità d una diversa lettura, più aderen te ed articolata, e al tempo stes so più organica, della « Comme dia » : una lettura, e questo so prattutto importa, che non sol tanto non ne rifiuti la sostanza ideologica, ma, attraverso la mi glior conoscenza di quella, pe netti più addentro, illumini più - a fondo la complessità e la ten - sione dei valori poetici, in cuo quella ideologia tutta quanta sd integra e si risolve - A creare questa situazione più o aperta hanno concorso in variomdsttrsttatadcpectosovdnncgtaninnnradgmnmdddefitetdncsppcsprgcbbftstMttDp — a n i a - " e e e n n e é a i a e ¬ i n n ri si o e el a a a e ri ira a e- ie n- s i- - e u le n- ci sa r e lra d nse o ol za mieiù n ui si più rio modo gli apporti dei filologi, degli storici della lingua, degli storici della filosofìa e delle dottrine politiche, dei critici stilistici, per merito dei quali in tante parti, e essenziali, è venuta definendosi meglio, sullo sfondo della civiltà medievale, la peculiare cultura di Dante, il suo pensiero, la sua rettorica, la sua educazione tecnica e i suoi procedimenti mentali. Ma soprattutto è da tenere in conto quel bisogno, donde hanno preso l'avvio anche le ricerche particolari, di accostarsi alla poesia di Dante nella sua concreta e individuale natura, detcrminata da una speciale condizione storica, per coglierne alfine il significato unitario, non nell'opposizione, ma nel nesso dialettico degli schemi intellettuali e dell'invenzione narrativa. I fondamenti di questa moderna critica erano stati posti in realtà già nel secolo scorso da alcuni lettori romantici, e in modo particolarmente lucido da Hegel e da De Sanctis, che per primi avevano rovesciato il tradizionale criterio di lettura, e avevano mostrato l'impossibilità di scindere il contcnuto di umanità della rappresentazione dantesca dalla struttura teologica in cui esso cresce e prende il suo significato, la drammatica cronaca terrestre dallo sfondo immobile ed eterno su cui essa si proiet ta, il « mondo » dall'» oltremondo » che a quello fornisce una nuova dimensione collocando vi cende e personaggi « sul piedestallo dell'infinito ». Non a caso dalle bellissime pagine dell'Estetici hegeliana prendeva le mosse lo studioso, che del nuovo corso è da considerare come il rappresentante più insigne (anche se con molto ritardo, oggi soltanto, le sue pagine dantesche si rendano accessibili da noi anche ad un pub blico di non specialisti), l'Auerbach, a cui si deve il criterio a tutt'oggi più persuasivo ed illuminante per una lettura non frammentaria, ma neppure astratta, del poema, con la formula storicamente fondata sul metodo dell'esegesi scritturale del Medioevo, dell' interpretazione « figurale ». Mentre è altrettali to naturale che dal profondo travaglio durato per decenni dal De Sanctis per giungere a una definizione comprensiva della poesia dell'Alighieri, riconoscano più o meno consapevolmente il primo avvio in Italia i più recenti esegeti e critici della « Commedia ». Si tratta invero di articolare in un discorso continuo quelle prime sommarie definizioni e tra durre sul piano delle analisi particolari quei criteri che, nei grandi romantici, non avevano trovato svolgimento, impediti com'erano dalla sopravvivenza nella loro mente e nel loro gusto di troppe remore attinenti alla loro formazione culturale e alla sensibilità del loro tempo. Resta il fatto che i punti essenziali del metodo erano stati da Hegel e da De Sanctis definiti in un modo che rimane tuttora esemplare: non perdere mai di vista il nesso dialettico che compone in una visione organica la struttura e la poesia e ne fa una cosa sola; ricostruire il processo genetico della poesia nelle speci fiche condizioni biografiche e culturali dello scrittore e quindi risolvere il problema della poesia in quello della sua genesi attraverso l'invenzione strutturale. strunchstaunliezasemtarimcolatqunele faugla loe reprcoasnotuchdetrcrdecitutenelaresibtimtesctuprlainlamrel'oDisseil selaii* * Il che non significa affatto che si debba ritornare indietro, sulle orme dei primissimi lettori che cercavano in Dante soprattutto un maestro di scienza e di moralità (del resto i problemi di quella scienza e di quella moralità sono così lontani e diversi dai nostri, interessano la nostra intelligenza ma non toccano più la nostra passione, almeno in quanto tali). Resta senz'altro vero e valido l'ammonimento spes so ripetuto, dal Borghini al Vico, al Croce, che si debba ap prezzare prima di tutto Dante « come poeta, e non come filo sofo o come teologo »; anzi è certo che quella materia ideolo gica non ci interesserebbe più ovvero ci interesserebbe in tutt'altro modo, se nei versi dell'Alighieri non si fosse risolta tutta quanta in poesia. Ricostruire la genesi di que sta poesia significa invece spie gare come, in un preciso mo mento storico, al vertice e all'inizio del declino della civiltà medievale, una certa sostanza di idee, risentita appassionatamente, rivissuta come un'esigenza di ordine intellettuale e politicoincarnata nell'esperienza biografica di un uomo, dovesse ne cessariamente tradursi, non più nelle forme prosastiche del trattato filosofico polemico o pru denziale, ma per il tramite del la tecnica medievale deiì'exemplum in una robusta invenzione figurale. Cogliere il nesso dialettico di struttura e poesia significa da' un lato non dimenticare mai che le figure che Dante inventa stanno sempre in funzione di un concetto morale, che il rilievo dei personaggi e la potenza delle situazioni prendono sempre risalto dal loro proiettarsi su uno sfondo di realtà immobile, che li trascende li completa e li giudica; dall'altro lato, non rifiutarsi di scorgere quanta vigorosa sostanza di umane esperienze confluisca in quelle rappresentazioni, e come la fantasia investa dovunque con uguale potenza realistica, con la medesima certezza di verità, due piani paralleli del simbolo e della cronaca, del presente e dell'eterno. Una critica siffatta, insomma, respinge sì il tipo di lettura impressionistica che nasce da una considerazione frammentaria e astorica del testo-, ma non meno si oppone ad un tipo di lettura freddamente allegoristica, che svaluti la lettera a paragone del simbolo (senza accorgersi, tra l'altro, che Dante di fatto crea sempre delle figure, e non delle allegorie). Essa non rinuncia affatto ad essere prima di tutto, o per meglio dire nel suo termine e nella sua conclusìo ne, estetica: portando a fondo la sua esplorazione, vuole aprire nuovi spazi, allargare la pos sibilità e l'estensione di un sentimento vivo della poesia dantesca. Quando apparirà chiaro che lo schema iniziale del poema sca turisce dalla coscienza di una profonda frattura storica, dalla lacerazione che Dante avvertiva intorno a sé e nelle piaghe della sua stessa persona fra il sistema ideale della Scolastica e la realtà effettuale dei tempi, fra l'ordine perfetto della città di Dio e l'anarchia dilagante degli istituti e dei costumi, e dal conseguente proposito di redimere il mondo dal suo «stato di miseria » e riproporgli i modi della duplice felicità assegnata al¬ l'uomo sulla terra e nell'eternità; allora risulterà anche evidente che l'invenzione oltremondana, ben lungi dal ridursi ad un « romanzo teologico » sovrapposto dall'esterno a una sostanza di affetti multiformi, costituisce il nucleo necessario di un'ispirazione poetica di vasto c prolungato respiro, capace di improntare e di organizzare, nel quadro unitario della visione profetica e nell'ordinata sequenza della narrazione, tutto il contenuto intellettuale e sentimentale dell'animo dello scrittore. Rapportati a quell'iniziale misura, anche gli episodi più famosi e apparentemente più autonomi, si riveleranno nella loro vera natura, che è sempre complessa e non lineare, e senza perdere nulla della loro umanità immediatamente comunicativa, si arricchiranno di tutta la sostanza problematica che su di essi defluisce dalla loro funzionalità nel contesto. Per converso, le pagine in apparenza più asservite ad un fine didascalico o polemico, i raccordi strutturali, gli schemi compositivi e distributivi attinenti al sistema delle pene e dei premi e alla topografia dei diversi Regni, tenderanno sempre più a risolversi in quel contesto, a costituirsi come componenti di una fantasia che assimila e ricompone tutti gli aspetti della realtà e della cultura nella sintesi suprema e riassuntiva, appassionata e drammatica, di una civiltà secolare. * * Si capisce che a una siffatta vastità di orizzonti mentali e fantastici, e all'infinita gamma delle tonalità che essa comporta, risponda un atteggiamento di estrema libertà espressiva: quel potenziale eclettismo stilistico e linguistico, che è una delle note peculiari e salienti del poema. L'estrema inventività ed eterogeneità del linguaggio dantesco, la straordinaria ricchezza di risorse verbali, che rasenta addirittura la sfrenatezza e l'arbitrio, e riflette un'analoga mol¬ teplicità ed eterogeneità della materia poetica, la natura composita ed enciclopedica dell'opera, si giustifica soltanto per la presenza in ogni punto dell'inalterabile « serietà » dello scrittore, per la continuità dell'impegno morale e polemico che investe (tutte le tonalità del sentimento e vede in un punto tutti i piani e le intime corrispondenze, le opposizioni e i rapporti di un soggetto esteso fino a comprendere tutta la realtà fisica e meta- fisica, l'uno e il molteplice, il destino individuale volere di Dio. Qui è il segno del genio di Dante: l'inesauribile vitalità (che è concretezza e pregnanza morale) della sua parola, tuttora operante alle radici della struttura linguistica della nazione, tuttora aperta a un'analisi che ne svisceri punto per punto la virtuale capacità d'emozione, la densa sostanza metaforica. Natalino Sapegno li Dante al lavoro compulsando un codice», opera del Signorelli, nella cappella di S. Brizio del Duomo d'Orvieto

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