Primo esplorò la storia dell'economia italiana

Primo esplorò la storia dell'economia italiana Gino Luzzatto ad un anno dalla morte Primo esplorò la storia dell'economia italiana A un anno dalla morte, c più | lfacile rendersi conto della pcr-issonalità di Gino Luzzatto, il fondatore della storia economica in Italia, c senz'altro — a giudizio di Luigi Einaudi — il maggiore studioso di tale disciplina nel nostro paese. Questo non solo per tutto quanto si è scritto su di lui dopo la sua scomparsa (c in modo particolare ci piace ricordare il bellissimo profilo scritto da Marino Bcrcngo per la Rivista Storica Itfl'nna), ma perche, a qualche distanza di tempo, si può meglio misurare il vuoto ch'egli ha lasciato. Carlo M. Cipolla, uno specialista di questi studi, lo ha definito un gigante della storia economica, e lo ha posto accanto ad altri due « giganti », Marc Bloch e Henry Pircnnc. torse quello che oggi più ci colpisce è il modo con cui Luzzatto giunse ad essere quello che fu, l'itinerario culturale da lui percorso. Non soltanto egli non aveva alle spalle una specifica tradizione di studi di storia economica, in Italia addirittura inesistente; ma i suoi primi passi sembravano, doverlo portare altrove. All'Università di Padova, infatti, dov'egli, di famiglia veneta, si era iscritto verso la fine dell'Ottocento, predominava ancora, in fatto di studi storici, il vecchio indirizzo diplomaticomilitare. La cosiddetta scuola cconomico-giuridica, che altrove già faceva le sue prime prove, vi era totalmente estranea. Luzzatto, già curioso d'ogni forma di vita del passato, dove sentirsi a disagio. Tanto che, studente di lettere, prese a frequentare, in giurisprudenza, le lezioni di Nino Tamassia, storico del diritto: che gli rivelò il nesso profondo tra istituzioni giuridiche e società. Fu una lezione di concretezza, che lasciò il segno. Tamassia era un conservatore, mentre il giovane Luzzatto già si accendeva per gli ideali socialistiMa la gratitudine del secondo per il primo non fu soltanto dnatura scientifica. Qualcosa dsimile era accaduto in queglanni all'ateneo fiorentino, tra imaestro Villari e Io scolaro Salvemini. Villari argutamente commentava: «si seminano malve, e nascono rosolacci ». Tanto alto era, nei maestri e negli scolari di allora, il culto della verità c il rispetto delle coscienzeQualche anno dopo, professore a Urbino, Gino Luzzattoguidato da un sicuro istinto dstudioso, non solo prese contatto con eruditi di storia localee si tuffò nelle prime ricerche d'archivio; ma si iscrisse a giurisprudenza. Al di là delle strutture del diritto, sentiva però acutamente la realtà da cui esse nascono. I contratti c i testamenti del medioevo gli rivelavano tutto un mondo, un incrociarsi di interessi vivi. E, soprattutto, egli scopriva le miriadi di uomini oscuri, di cui c fatto il moto della storia. Scriveva nel 1901 : « Non dunque le sole azioni dei grandi, ma anche la vita della massa umana senza noma, dell'enorme mimerò di sconosciuti che possono talora non prendere parte alcuna alla vita pubblica, e tuttaviacolla loro esistenza, col loro lavoro, abbracciano gran partdella zita storica, deve formaroggetto dello studio storiogra fico ». A questo suo gusto pel'individuo singolo, umile artefice di storia, si connetteva la sua costante diffidenza per ilavoro collettivo degli studiosiche riteneva più utile alla sociologia che alla storia, e per l'abuso della statistica, per la « mania del numero ». Nacquero cosi i suoi mirabili studi sui rapporti fra citte campagna nel medioevo, sull'tnurbarsi dei villici affrancatisul piegarsi della potenza defeudatari di fronte all'emergerdelle nuove energie cittadinesull'espansione, economica e sociale, dell'economia comunalesull'importanza dei mercati cittadini c la loro influenza sull'agricoltura. Soprattutto attrasse la sua attenzione il nuovo ceto mercantile. Luzzatto era già uno storicdel commercio, prima di insegnare questa disciplina all'Istituto Superiore di Bari. Tornatnella sua regione, insegnante poi rettore di « Ca' Foscari » Venezia, proseguì lo stesso in dirizzo. Dopo i mercanti mar chigiani, lo interessavano ora nobili-mercanti veneziani, chcon capitali relativamente piccoli si erano sparsi per tutti gscali dell'Oriente, creando la floridezza della repubblica di SaMarco. Nello studiare le società di commercio del medioevoe in particolare la commenda, rsaliva dagli istituti giuridici alibero gioco degli interessi economici. Ncll'analizzare i sistemi tributari veneziani, mettevin luce il formarsi di nuove ricchezze, di nuove classi, e il lorpremere sugli ordinamenti fiscaiddst li, c le lotte di potere. In questo suo continuo «.corgerc, sotto gli l a e , a l o e i. o i di li il e o e. o, di e, e utò e involucn formali, il vivo sangue degli interessi umani, fu storico di razza. A questo fervore di attività storiografica si alleava, stimolante e illuminante, una schietta passione politica. Come molti giovani della sua generazione, era stato socialista. Se la sua adesione formale al partito durò pochi anni, e non fu scevra di inquietudini c di vivaci disscn si; l'incontro con le nuove dottrine fu, anche per lui, inebriante, e gli si impresse nella mente e nell'animo per tutto il resto della lunga vita. Come avrebbe spiegato molti anni dopo, fu per una parte il fascino di una filosofia della storia, che dava al corso delie vicende umane il carattere di una « logicità spietata », e metteva a nudo i veri moventi dell'azione politica; per l'altra, la convinzione della giustizia e necessità della lotta di classe, come « primo sviluppo del sentimento di solidarietà tra gruppi di uomini che acquistano la coscienza di una comunità di interessi ». Un so cialismo umanitario e non collettivista. Anche in questo, egli fu vi cinissimo a Salvemini, di cui era caldo ammiratore c amico. Li univa la comune devozione a Cattaneo, e l'intrepido lottare contro tutte le ingiustizie, parassitismi, i privilegi. Salvemini spaziava in più campi; Luzzatto era più circoscritto a sodo terreno dell'economia. ( quindi anche più sensibile ai problemi concreti della realtà sociale, più « specialista ». E ben si coglie questa diversità nelle cortesi polemiche fra i due ami ci. sulle pagine del settimanale L'Unità o altrove, a proposito dei partiti, o delle regioni. Di fronte ai mali della democrazia, alle degenerazioni dei partiti Salvemini, agli occhi di Luzzatto. peccava a volte di un radi calismo astratto, laddove, cgl diceva, « contro i mali della de mocrazia non c'è altro rimedio che insistere nell'azione democratica ». Era nemico giurato di ogni protezionismo, c dunque anche della politica di quei socialist italiani, che, col favorire gli operai del Nord, urtavano gli intc ressi dei contadini meridionali ostile a quegli industriali che con il solito « trucco dei poveri operai », tentavano di addossare allo Stato le loro imprese passive, e a tutti i « feudatari » del ferro, del cotone, dello zucche ro: quelli che più tardi Ernesto Rossi (carissimo a Luzzatto) avrebbe chiamato i « padroni del vapore ». Ed era avverso ogni forma di nazionalismo. Per questo diventò antifasci sta. E anche in questo, fu pia tico e coraggioso; diffuse 1; stampa clandestina; fu arrestato Si ritrasse negli studi, nell'in¬ smbnpmtlcrnrrssLfims segnamento. I suoi fortunatissimi manuali di storia economica, ben noti anche fuori d'Italia,! nacquero dalla sua eccezionale probità di insegnante. I giovani migliori gli si raccoglievano intorno. Sopravvissuto alla bufera delle persecuzioni razziali, ricominciò sereno a lavorare c insegnare, fino alla soglia degli 87 anni Riviveva in lui l'antica operosità dei padri. « Per ora occorre soprattutto lavorare », aveva scrino nel 1936 sulla Rivista di storia economica, fondata da Luigi Einaudi. Questo rimase fino all'ultimo, il suo programma di vita. Lo sorreggeva, in tale impegno di studioso c di cittadino, un istintivo, entusiastico amore per l'uomo. « con le sue abitudini, le sue passioni, i suoi bisogni, le sue aspirazioni ri. A. Galante Garrone

Luoghi citati: Bari, Italia, Padova, Urbino, Venezia