Claire in un drammatico confronto con Bebawi grida: Fu lui a pregarmi di non dire la verità»

Claire in un drammatico confronto con Bebawi grida: Fu lui a pregarmi di non dire la verità» II processo a Roma per l'uccisione di Farouk Courbagi Claire in un drammatico confronto con Bebawi grida: Fu lui a pregarmi di non dire la verità» « Sul cellulare mi disse che dovevo continuare a sostenere quello che avevamo detto in Grecia, che eravamo cioè entrambi innocenti » - « Non è vero — ha ribattuto l'imputato — non l'accusai allora perché non mi sentivo di buttare a mare mia moglie prima che la Giustizia italiana raccogliesse prove determinanti» Chiesta la citazione della governante tedesca Gisela Henke che secondo la Ghobrial fu l'amante del marito Pcxcemngplddcbsfm(Nostro servizio particolare) Roma, 29 marzo. «Cercai di salvare mia moglie Ano a quando ritenni che la giustizia italiana non fosse riuscita a raccogliere su di lei sufficienti indìzi. Poi, allorché mi convinsi che non c'era più nulla da fare e che ero stato travolto anch'io da quella brutta storia, dissi la verità e la accusai di avere ucciso l'amante *. Questa è la spiegazione con la quale, nella trentaseiesima udienza del processo per il delitto di via Veneto, Youssef Bebawi ha cercato di giustificare l'atteggiamento tenuto dopo la morte di Farouk Mohamed Courbagi, ucciso con quattro colpi di pistola e sfregiato col vetriolo nel suo ufficio il 18 gennaio 1964. Oggi, mentre sembrava che l'istruttoria dibattimentale fosse quasi giunta al termine con l'interrogatorio di un unico testimone che ha dato trascurabili ragguagli alla Corte d'Assise, Youssef Bebawi e sua moglie Claire Ghobrial, imputati di concorso in omicidio premeditato doppiamente aggravato, si sono trovati ancora di fronte, attaccandosi reciprocamente e cercando di sganciarsi dalle accuse che incombono su di loro. Il contrasto fra i coniugi, ritornato alla fase incandescente dell'inizio del processo, si è riacceso in seguito ad una serie di contestazioni rivolte alla Ghobrial dall'avvocato Giulia no Vassalli, difensore di Be bawi. Avv. Vassalli (alla Ghobrial) — Sappiamo che Farouk Courbagi, il 17 gennaio, dopo aver gridato per telefono all'imputata che non poteva sposarla le inviò un espresso a Losanna, indirizzandolo alla casella postale intestata al nome Ghobrial. Può dirci l'accusata se, quando si abbonò alla casella fornì un indirizzo? Ghobrial — Diedi quello di un albergo, ma non perché la posta mi fosse recapitata lì. Avv. Vassalli — La mattina del 18 gennaio 1964, al momento dell'ultima partenza per Roma, l'imputata tornò per un attimo nella sua casa di Losanna, si chiuse in una stanza, vi rimase pochi minuti, mentre la madre le chiedeva che cosa cercasse e la figlia, nervosa, rispondeva: «Nulla, nulla... :»? (Con questa domanda l'avvocato si riferisce alla pistola calibro 7,65 che il marito custodiva in un cassetto l'arma con la quale Farouk sarebbe stato ucciso). Ghobrial (scuotendo il capo) — No, no, no... Non tornai a casa. Avv. Vassalli — Il 28 feb braio 1964 lei scrisse una lettera al commissario Vincenzo Sucato, della Squadra Mobile di Roma, invitandolo ad an darla a prendere ad Atene perché desiderava essere interro gata da italiani. Aveva già deciso di accusare suo marito del delitto? Ghobrial — In Grecia fui circondata da impostori e da gente che complottava contro di me. Quando rividi mio marito nel cellulare che ci portava al Pireo per imbarcarci sul battello diretto in Italia mi pregò di confermare quello che avevamo dichiarato in Grecia: di non dire la verità, di sostenere cioè entrambi innocenti. Io non gli dissi di aver scritto la lettera a Sucato. Sulla nave, quando il dottor Salvatore Luongo, dirigente della sezione omicidi di Roma, cercò di interrogarmi, gli risposi che avrei parlato a Roma. In quel momento non intendevo accusare mio marito. Nell'automobile mi aveva detto: «A Roma vogliono te:»; gli chiesi se volesse approfittare di questa circostanza; lui rispose: «No. Continuiamo a regolarci come abbiamo fatto finora :». Presidente — Perché scrisse quella lettera al dottor Sucato? A questo punto il presidente ha fatto uscire dal recinto Bebawi per muovergli nuove contestazioni, a integrazione dell'interrogatorio reso. Presidente — E' vero quanto ha detto sua moglie sulla sua determinazione di mantenere anche a Roma la linea difensiva tenuta in Grecia? Bebawi (agitandosi) — No, mai. Posso riferire punto per punto i discorsi avuti con mia moglie. Non le dissi mai di confermare in Italia quanto avevamo detto ad Atene. Nel cellulare, l'ultima volta che la vidi sulla strada del Pireo, lei mi comunicò: «A Roma sostengono che sei stato tu ad uccidere Farouk ». Ed io sdegnato: «Non hai proprio coscienza! Guarda come sono ridotto, con le manette ai polsi t. Presidente — Lei non disse a sua moglie di accusarsi del delitto? Bebawi — Le cose andarono così: quando fui interrogato dalla polizia di Atene, dove arrivammo due giorni dopo la morte di Farouk, dichiarai: « Mia moglie rimase sempre vicino a me nel pomeriggio del 18 gennaio ». Ci proclamammo entrambi Innocenti a Youssef Bebawi, accanto all'interprete, durante l'interrogatorio di ieri; a destra, Claire Bebawi (Telef. A. P.) Poi arrivò dall'Egitto mio suoi cero con l'avvocato Raflk Makxoud, loro parente; mi dissero che c'erano indizi contro tutti, e due; fecero questo ragionamento: «Se la polizia italiana vi accusa entrambi, è segno che non vi sono prove':». Presidente — Subiste un' processo per l'ostradizione, sollecitata dall'Italia. Il giudizio durò tre udienze. Quando le domandarono se aveva minacciato di morte e ucciso Courbagi, perché lei non accusò subito sua moglie del delitto? Bebawi — Perché Claire uScì fuori col colpo di scena della mancanza -del difensore: disse avere un avvocato di e fece rinviare il giu¬ di noti fiducia dizio. Presidènte! — il giudizio fu rimandato al 3 marzo: perché nemmeno in questa occasione lei prese una' posizione netta né reagì quando sua moglie disse che Farouk era stato per lei un semplice amico? Bebawi — Che Farouk fosse stato l'amante di Claire lo sapevano tutti; 1 giornali erano pieni della storia dell'adulterio. Presidente — Quello era 11 vero momento di dire la «sua verità». », Bebawi — Volli prender tempo. Sapevo che sarebbero pas¬ sate molte settimane prima che la giustizia italiana si orientasse. Dovevano spiegare perché nessuno aveva udito i colpi e la mia pistola non era' adatta all'applicazione di un silenziatore: c'era da stabilire l'ora esatta della morte di Farouk; insomma bisognava raccogliere molti indizi e trasformarli in prove. Prima che tutto questo avvenisse, non me la sentii di buttare a mare mia moglie. Avv. Manfredi (parte, rivile) — Se è innocente, che importava all'imputato di sapere a quali risultati sarebbe giunta l'istruttoria in Italia? Bebawi — Fin da Atene avevo annunciato a mia moglie: « Se non confessi, dirò . tutto io:». Lei ribatté: «Nega, nega, nega, io farò lo stesso », Al termine dell'udienza l'avvocato Vassalli ha avanzato nuove istanze nell'interesse di Youssef Bebawi. Tra l'altro, ha insistito sulla necessità dell'interrogatorio della signorina Gisela' Henke, residente ad Amburgo, che fu per un anno governante in casa dell'imputato e che, secondo la Ghobrial, avrebbe avuto una relazione con il marito. Arnaldo Geraldini