Il ricatto della Cina di Luigi Salvatorelli

Il ricatto della Cina 13 OVE Z.'IMFERIAI.ISMO? La posizione presa dalizpresidente americano Johnson circa il conflitto del Vietnam, se spicca per la energica precisione e altresì per la perfetta coerenza con cui è stata sempre riconfermata, non può costituire nessuna sorpresa per quanti ricordano la « dottrina Truman » e l'applicazione fattane dal suo autore nella guerra di Corea. Ricordi a cui si aggiungono gli altri circa le oscillazioni verbali di Eisenhower conchiusesi con un ritorno, in fatto e in parole, alla ortodossia trumaniana, e con ripetute dichiarazioni in favore di pacifiche trattative, nel quadro di un effettivo equilibrio di situazioni e di posizioni Kennedy accentuò ancora quest'ultima disposizione ; ma quando l'altra parte si mostrò propensa a u« cambiamento forzoso di questo equilibrio (affare dei missili a Cuba) il cristiano e idealista Kennedy reagì con una mossa ultimativa. Questa non solo persuase Kruscev a far macchina indietro, ma avviò un periodo (piuttosto breve) di parziale collaborazione fra Usa e Urss per l'abbandono della guerra fredda, per una sostanziale distensione, e per un avviamento al bando dell'arma nucleare. Niente poteva riuscire più sgradito e preoccupante per la casta dominante della Cina Popolare di un simile avvicinamento russo-americano. Quella casta unisce al fanatismo comunista e allo spirito di dominio bolscevico l'eredità del mille nario orgoglio cinese; e già.| per questo era ed è portata ad esercitare, in tutte le parti del mondo in cui il comunismo è presente, una influenza preponderante. Si aggiunse a ciò il fatto che gli Stati Uniti avevano assunto la protezione di Ciang Kai-scek a Formosa; e così — pur escludendo, salvo oscillazioni momentanee, qualsiasi favoreggiamento di una riconquista del Kuomintang — avevano posto un fermo alla espansione cino-comunista : e in forza della dottrina Truman il fermo vigeva non solo per Formosa, ma per qualsiasi situazione in cui il comunismo volesse affer marsi con la forza. Se prima ancora dei nuovi rap porti Kennedy-Kruscev l'im perialismo cino-comunista si era visto obbligato ad accettare colpi di arresto in Corea, nel Vietnam, nel Laos, tanto più esso rischia' va di essere paralizzato da un accordo stab.le russo americano. E' qui che si trova la ra gione vera non della rivali tà e del dissidio russo-cine se, che era necessariamente in fondo alla situazione geopolitica asiatica, bensì dell'inasprimento aggressivo a cui Pechino si è spinta nei riguardi di Mosca E così, quando si è offerta una occasione di collocare Mosca innanzi al bi vio di una rottura con gli Stati Uniti o di una perdita completa di faccia rispetto al mondo comunista, gli uomini di Pechino ci si sono gettati sopra con quel miscuglio di brutalità e di cinismo che costituisce la caratteristica saliente della loro politica. Si rilegga l'intervista di Mao con un giornalista americano pubblicata fra noi daH'i?Mropeo, uno dei documenti più interessanti per la mentalità del comunismo o imperialismo cinese. Mao ha detto ben chiaro che la Cina non pensa affatto a scendere in guerra per iNord-Vietnam : e infatti ciò la porterebbe, o a far mostra della sua impotenza (la « tigre di carta » ), o a correre il rischio di ricevere colpi americani tali da distruggere quel poco che essa ha costruito finora. Il Vietnam del Nord — ha detto subdolamente Mao — è in grado di difendersda sé, e non si lascerà maintimidire e prostrare dalle armi americane. E per la verità tutti sappiamo — lo sa anche Johnson — che date le specialissime condigqIdpdlapinnpttesMqndmgqp—mtu Il ricatto della Cina zioni in cui la lotta si'svol- n ù r a e ge, questa può durare anni, quanto e più che in Corea. I vietnamiti, almeno quelli di Hanoi, ne uscirebbero a pezzi ; ma di ciò a Mao, così disposto anche ad accettare la strage nucleare, non importa nulla. Il ricatto contro Mosca intanto comincia a funzionare. Mosca ha rifiutato di partecipare a qualsiasi tentativo di avvìo a una trattativa, facendo sua l'assurda esigenza preliminare dello sgombero americano. Anche Mosca lotta per salvare qualcosa della sua posizione imperialistica nel mondo comunista e nel « terzo mondo » ; mi è incapace oggi di scegliere la giusta via, quella che Kruscev aveva perlomeno imboccato. La posizione di Johnson è — giuridicamente, politicamente, moralmente — inattaccabile; e il miglior contributo che atlantici e « terzo mondo » possono dare per un avvìo alla pacificazione è di farne riconoscimento non ambiguo. L'attaccante, in onta agli accordi del 1954 e alle regole comuni del diritto internazionale, è il Nord-Vietnam. Né si tratta soltanto di diritto, o di prestigio americano: non si tratta neppure soltanto della dottrina Truman. Si tratta di respingere (o accettare) la pretesa di certi Stati, e di certi partiti, di regolare a loro modo le faccende di due terzi almeno dell'umanità. Luigi Salvatorelli Aa