Vivissimo interesse al «Fidelio» di Beethoven

Vivissimo interesse al «Fidelio» di Beethoven La stagione lirica dell'Ente Regio al Teatro Nuovo Vivissimo interesse al «Fidelio» di Beethoven Le pagine bellissime, commoventi e austere - Diretti da Efrem Kurtz, cantanti stranieri hanno realizzato lo stile beethoveniano Riudire /''iddio, o ascoltarlo la prima volta, come avviene specialmente ai giovani in Italia, è non soltanto appagare l'alta curiosità eccitata dal nome di Beethoven, ma anche rievocare un singolare momento del melodramma all'inizio dell'Ottocento, e conoscere un'opera, che, pur condizionata da consuetudini teatrali e compositive, appare improntata dallo spirito di lui, e viva. Un solo, Cherubini, e una sola stia opera, quasi coeva, Fanisita, sarebbero da menzionare, ma, accertate, se mal, alcune influenze, subito si noterebbe, essenziale, il divario nel divenire sinfonistico e drammatico. Ed è appunto al risultato emotivo che conviene badare, non alle convenzioni formalistiche, e tanto meno all'espediente, sì fortunato nei secoli, del travestimento. Ecco, all'inizio dell'opera, il Quartetto. E' un'onda di tenerezza e di malinconia, che preannuncia un più ricco fluire di canti accomunati nelle varie gradazioni del dolore. Marcellina, cui la gioia d'amare Fidelio è velata dall'Incertezza, esprime prima a monosillabi, sul dolce controcanto dei clarinetti, la sua speranza nella felicità, poi lancia giulivi giubili fiorili. Leonora, dolentissima, ripensa il pericoloso suo stato, mentre i flauti, ripetendo il canto dei clarinetti, diffondono la soave mestizia onde fra poco tutta l'orchestra sarà un'eco. Rocco, affettuoso e tenero nell'amor paterno, e Jaquino, cui scema la speranza, si aggiungono nell'imitazione del tema. Perché l'imitazione a canone? Che han di comune le quattro persone? In fondo ai cuore tutte recano una lieve o una grave pena, tutte sperano attraverso il dolore la gioia. Questo le accomuna nel grande cuore di Beethoven. Chi bada ài canone, che è un compito scolastico? Creazioni siffatte non sempre risuonano parimenti intense. Il musicista non sempre ponderò, né sviluppò il melodramma con la riflessione e la tenacia attuate nelle maggiori sue sinfonie, sonate, o nei quartetti. E' vero che i suoi taccuini raccolsero appunti utili al Fidelio e che più d'una pagina della partitura fu più volte cangiata per le opportunità dei tre rifacimenti. L'opera pertanto non eccelle in quella artistica unità che splende nella contemporanee composizioni strumentali. Non trascurando le espressioni proprie dei singoli personaggi e dei singoli stati d'animo Beethoven coglieva nel Lied una larga risorsa. Infatti con un Lied abbozza la banalità bonacciona del Carceriere; col popolaresco piglio la < canzone dell'oro > gli s'addice perfettamente. E' anche una canzone quella che lo stesso Roc co intona scavando la fossa, Lied cui si contrappongono le ansiose risposte di Fidelio. Parimenti sono Lieder, si direb bei'O già schumanniani, quelli che Florestano intona, l'incantevole < Nella primavera della vita... > e il soave ringraziamento pel sorso d'acqua... E' da precisare che se gli inizi son felicissimi nella cantilena e nell'aderenza al testo, la espansione e soprattutto le conclusioni derivano dalla logica formalistica più che dall'assidua penetrante immedesimazione della melodia con la parola poetica. Il Anale del primo atto consta di ben connesse scene, sulle quali la potenza drammatica del compositore si riversò. L'episodio corale dei prigionieri è sublime. Alla tristezza delle lente armonie degli archi segue il primo saluto all'aria pura e libera, un lieve grido di anime smarrite, quasi dimentiche della vita stessa e delle cose. Il canto si diffonde aeroso con qualche cadenza liderìstica. E' comunicativo, commovente. Una voce Invita a pregare Iddio mi sericordioso. Ma l'incubo del terrore a della ferocia che in combe disperde la nascente speranza: un parlare sommes so e rotto, e di nuovo il mite inno alla libertà. Il duetto di Rocco con Fidelio accresce il drammatico Interessamento Tutto ciò che d'angoscioso, di orribile, è nell'animo della spo sa è rappresentato con lirica evidenza II canto dialogato talvolta s'inserisce nel complesso polifonico, talvolta spie ca negli scatti umanissimi, ne gli accenti varissimi, plegan dosi la nervatura musicale al le più fini esigenze della na turale dizione. E sono veramente due discorsi, due caratteri, Rocco e Fidelio, due anime e due persone scultoreamente distinte. La collera di Pizarro è concreta quanto la conciliante risposta di Rocco. Con la spietata decisione contrasta il nuovo e più soave canto del prigionieri, l'addio al caldo sole, Lied d'ineffabile malinconia centro del complesso vocale e strumentale Quando l'ultimo infe lice è tornato nella cella sembra risuoni ancora nell'anima il canto dei senza sole Una lirica tonalità freme e pulsa durante la scena del caicere: palpitante l'introduzione orchestrale; dolente il recitativo accompagnato di Florestano; delicatissimo lo spunto del Lied, che la vocalità dell'oboe fa anche più toccante. Sorgendo a sperare, Florestano sos'foè votrFndasocauil constimpnmnnchfrqcuvdsilapzsosteszmcdildsinstactnslgtdelcvl sogna d'un angelo liberatore e s'infervora nella visione; le forze gli mancano; l'orchestra è il battito d'un cuore affievolito. E poi il mélodram • 11 tragico duetto di Rocco con Fidelio. La melodia si piega nuovamente alla prosa rotta dall'affanno. Un vibrale intenso dell'espressione drammatica, un martellare di accenti, un incalzare di ritmi concitati, il dialogo nudo e naturale. 1 colpi di scena sono assorbiti nell'arte. Il pugnale e la pistola sono segni materiali di immateriali espressioni sempre più vigoreggiatiti. Distinte così, in breve, alcune fra le espressioni vividamente drammatiche dalle meno felici, e per ciò Fidelio non è da noverare fra le eccellenti creazioni di Beethoven, bisogna concludere con franchezza che le pagine nelle quali la spiritualità dovrebbe culminare risultano manchevoli di energia. La punizione dell'iniquo, la felicità degli sposi, la delusione di Marcellina, la gioia dei liberati potevano promuovere l'ascesa dell'emozione. Ma i singoli discorsi e soprattutto la coralità non sembrano adeguatamente determinati ed entusiastici, canti supremi di libertà e di ringraziamento, pari a quelli della miseria e della speranza. Qui, come nelle ultime elaborazioni del quarto tempo della Nona, il meccanismo costruttivo predomina, e non esalta. Ligio al dovere di tutto osservare e attuare, e di rendere integri gli elementi d'un'opera secondo le prescrizioni dell'autore, il maestro Efrem Kurtz aveva egregiamente concertato con l'orchestra torinese i cantanti, nella maggior parte stranieri, forse tedeschi. Costoro sono evidentemente esperti della declamazione e della congiunta vocalità propria della tradizione germanica, del tutto diversa dalla maniera italiana, e propria particolarmente del lo stile beethoveniano. Attori cantanti. Protagonista, Liane Synek. voce scattante e appassionata ebbe accanto Eugene Tobin, Florestano squillante e correttissimo, Melitta Muszely, graziosa Marcellina, Arnold van Mill, ottimo Rocco, TomislavNeralic, Pizarro, cui la moltaquantità fonica impedisce talvolta la nitidezza della dizione. Willi Brokmeier, Jaquino, Anton Diakov, Fernando, e Alberto Albertini e Gaspare Pa- ii iiiimiiiiiimi ninnimi iiimmiiiiimiii!i ce, entrambi Prigionieri, e parimenti bravi. I) coro torinese era stato bene istruito dal maestro Mario Tagi.ii. Bozzetti e figurini, tracciati per fortuna senza stramberie, da Peter Bissegger, ricalcavano press'a poco quelli tradizionali; ma pur si vuol notare l'esagerato trucco della « testa rapata ». una- ca¬ lotta gialla, ugualmente imposta a tutti i tenori e ai bassi. Opportuna, e non artificiosa, la regia di Frank de Quell Il pubblico colse l'occasione, letificante ed istruttiva, della rara udizione, affollò il teatro Nuovo, e, soddisfatto e grato, applaudì con molta insistenza il direttore, i cantanti e gli altri cooperatori. a. d. c. Eugene Tobin (Florestano) e Liane Synek (Leonora), in una scena di « Fidelio »

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