L'imperatore d'Etiopia sottolinea l'importanza del contributo italiano allo sviluppo del Paese

L'imperatore d'Etiopia sottolinea l'importanza del contributo italiano allo sviluppo del Paese COLLOQUIO CON AILÈ SELASSIÈ NELLA REGGIA Ol ADDIS ABEBA L'imperatore d'Etiopia sottolinea l'importanza del contributo italiano allo sviluppo del Paese Il sovrano vede nella scuola e nella sanità pubblica i due maggiori problemi dell'Africa orientale - I nostri connazionali possono fare moltissimo, soprattutto se hanno capitali - L'opera svolta nella costruzione di dighe e l'impianto di industrie - «Dovrei fare molti nomi, col rischio di dimenticarne qualcuno» - «Una visita ufficiale in Italia è il nostro desiderio più caro — conclude l'imperatore. — Se il presidente Saragat rinnoverà l'invito di Segni, saremo felici di accettarlo » (Dal nostro inviato speciale) Addis Allelui, 8 marzo. — Gl'italiani che si trovano in Etiopia tjno fra amici, e fra amici saranno coloro che decideranno di venirci con i loro capitali per partecipare allo sviluppo economico del Paese. Queste parole dell'imperatore d'Etiopia, Aitò Selassiè l, sono, insieme con altre pronunziate nel corso d'una lunga e cordiale intervista, una prova di più della simpatia di cui da tempo gl'italiani godono in Questo straordinario Paese dalle mille possibilità. Mi trovo nel suo studio privato, un salone del vecchio ghebi di Menelik II. L'udienza, chiesta pochi giorni fa, insieme con la lista delle domande, al rientro dell'Imperatore dopo un soggiorno di due settimane in Eritrea, è stata concessa con impensata rapidità. Una telefonata in albergo del capo del suo ufficio stampa, il giovane e amabile Meba Selassiè Alemu, ieri mi ha avvertito: « Sua Maestà la riceverà domattina alle nove e un quarto ». Eccomi dunque, accompagnato dall'amico Luigi Lino, addetto stampa della nostra ambasciata, nella biblioteca dell' Imperai ore. Inganno l'attesa, del resto breve, curiosando tra i libri affiancati nelle vetrine: Nel regno del leone, il sud-ovest etiopico; Il lavoro italiano nell'Impero; una serie di volumi L'Italia in Africa; Luigi C/soni, Risorse minerarie dell'Africa orientale; Franchetti, Nella Dancalia etiopica; Corsali, Storia della letteratura etiopica; C. Rossetti, La legislazione della Somalia italiani; I! 1" anno dell'Impero; Ile Bono, La preparazione e le prime operazioni; Badoglio, La guerra d'Ktiopia. Esce, in abito a code, l'ambasciatore di Francia, entra un giornalista a sua volta francese. Pochi minuti, poi tocca a me. Vengo introdotto in una grande stanza, guidato da Meba Selassiè; mi accolgono un ufficiale d'ordinanza, il ministro della Casa imperiale, e infine fa capolino il primo aiutante di campo. Una porta viene aperta, e intravedo l'Imperatore. Un salone, a destra un camino con un bel fuoco che rallegra la vista e addolcisce la temperatura mattutina, dinanzi al camino la pelle d'un grosso orso bianco. Sulla parete di fronte, l'Imperatore. Sulla soglia faccio un inchino, tre passi, un altro inchino, e mi trovo dinanzi alla sua mano tesa. La stringo, in silenzio egli mi fa cenno di sedermi, e a sua volta si siede su una poltrona che sembra un piccolo trono. Indossa la divisa cachi di generale, sul petto si allineano quattordici file di nastrini multicolori. Mi scruta come a studiarmi in quel pochi attimi che precedono la prima domanda: — Vostra Maestà ritiene che esista un contributo della comunità italiana al progresso dell'Etiopia? Il sovrano ha ascoltato con visibile attenzione, l'espressione impassibile; ma lo sguardo irradia, calore e benevolenza. L'accordo protocollare era che io avrei parlato in italiano, la domanda sarebbe stata tradotta in amarico da Meba Selassiè, il quale avrebbe poi tradotto per me. la risposta dell'Imperatore. Ma subito dopo aver pronunziato la mia domanda udii il sovrano attaccare a parlare. Aveva compreso perfettamente. — E' notissimo — è stata la risposta di Atlè Selassiè I — che l'Italia ha dato un grande nontributo al progresso del nostro Paese nei vari campi. E infatti, quale segno di riconoscimento dell'apporto italiano, in particolari casi abbiamo dato speciali concessioni ai più meritevoli. Anche le domande successive non vengono tradotte, l'Imperatore risponde in amarico subito dopo averle ascoltate in italiano. E questo darà occasione, al termine dell'intervista, a una sua arguta e spontanea dichiarazione al difuori dell'etichetta: forse la prima volta che egli si sia espresso in italiano. — I rapporti economici tra Etiopia e Italia potranno in avvenire essere intensificati? — domando. La. risposta è netta: — Certamente. Infatti 1 nostri due governi hanno già iniziato trattative per intensificarli. — In quali settori specificamente tali rapporti potranno migliorare? — Al riguardo l'Etiopia ha in corso un piano quinquennale. Da parte nostra aspettiamo che l'Italia dia il più valido contributo possibile alla realizzazione di tale piano. — .Ritiene Vostra Maestà — proseguo — che un maggiore afflusso di uomini d'affari e di capitali italiani possa accrescere l'interscambio fra i due Paesi? — Riteniamo di sì — risponde Ailè Selassiè. — Non soltanto gli uomini d'affari saranno ben accolti, con le loro iniziative e i loro capitali, ma lo saranno anche 1 turisti. Il turismo infatti occupa, nelle prospettive economiche dell'Etiopia, uno dei posti di primo piano, destinato a notevoli sviluppi. Tale attività è curata direttamente dall'Imperatore, che ne, ha affidato l'esecuzione all'entusiasmo dell'assistente ministro Hapte Selassiè Taffessa, da lui messo a capo delVEthiopian Tourist Organisation (Etoì. — In un nostro recente viaggio in Eritrea, infatti — continua il sovrano, — alcuni italiani, arrivati come turisti, ci hanno chiesto personalmente di fermarvisi in qualità d'imprenditori, e noi abbiamo accolto ben volentieri la richiesta concedendo le massime facilitazioni. — Quali categorie di operatori economici sarebbero più gradite in Etiopia? — Le cose più importanti che il nostro Paese intende realizzare sono l'Istruzione e la sanità pubblica. A tali problemi gl'italiani hanno collaborato proficuamente, ma validi contributi sono stati apportati anche in altri settori, e potranno esserlo ancora. — Quali sono gl'italiani che hanno collaborato più utilmente, con la loro attività, alla soluzione dei problemi tecnici dell'Etiopia? — Dovremmo citare molti nomi, col rischio di dimenticarne qualcuno. Ci limiteremo a ricordare che essi hanno dato un grande contributo dal punto di vista tecnico. In particolare nella costruzione di dighe, ma anche in molte industrie grandi e piccole. — Qual è la qualità che Vostra Maestà maggiormente apprezza negl'italiani? — Soprattutto il carattere, ma anche l'operosità insieme con molte altre. Gl'italiani che hanno deciso di rimanere in Etiopia lavorano e agiscono come etiopici. E il denaro che guadagnano lo spendono qui, con le loro famiglie, contribuendo a migliorare l'economia del Paese. — Vostra Maestà desidera rivolgere uno speciale messaggio agli uomini d'affari italiani già stabiliti in Etiopia, e a quelli che dall'Italia contano di uenlrui a svolgere un'attività? — Gl'italiani che si trovano in Etiopia sono fra amici, e fra amici saranno coloro che decideranno di venirci con i loro capitali per partecipare allo sviluppo economico del Paese — dice con calore Ailè Selassiè. — Ne vengano pure in gran numero, ci sarà da fare per tutti. E tutti saranno accolti a braccia aperte, com'è avvenuto per quelli che vi si trovano già da anni ed hanno tutti i diritti dei cittadini etiopici. Questo vale anche per le altre nazionalità — aggiunge il sovrano, il riuale logicamente, nell'equilibrio col quale conduce il suo Paese, non vuole mostrare preferenze e particolari simpatie. — Gli uomini d'affari — egli ha continuato nel suo messaggio — che qui lavoreranno di buona volontà per sostenere il piano economico dei Paese, otterranno risultati che andranno a beneficio dell'Etiopia ma anche di loro stessi. L'argomento italiani era esaurito. Un'ultima domanda, fuori lista, è venuta ad aggiungersi in coda: — Vostra Maestà desidera fare una dichiarazione circa la. posizione di Stalo guida assunto dall'Etiopia in Africa? La risposta è di un'elegante finezza diplomatica, non priva di quel fervore di pace collettiva che anima ogni azione dell'Imperatore: — Noi personalmente non abbiamo intenzione d'assumere una posizione pilota in Africa. Il nostro desiderio sarebbe invece di fare il massimo sforzo per collaborare con gli altri Stati del continente allo scopo di realizzare l'unità africana, mettendo cioè in atto la lettera e lo spirito della Carta firmata nel maggio 1963, qui ad Addis Abeba, da tutti i capi di Stato dell'Africa. Nel corso della conversazione lo sguardo dell'Imperatore si era fatto più cordiale, con una luce calda e amichevole. Ora mi dice in francese: — Parli pure in francese, se vuole. Nella stessa lingua rispondo: — Temo, Maestà, che il mio non sia così perfetto corno il vostro. E lui, con un aperto sorriso, in un chiaro italiano: — Non sarà certamente peggiore del mio italiano. La conversazione è continuata per Qualche minuto, su un tono privo di qualsiasi ufficialità. L'udienza infatti, preventivata in dieci minuti, si è protratta per trentacinque. — L'amicizia fra l'Italia e l'Etiopia non è nuova — afferma Ailè Selassiè. — E' noto che essa esiste da molto tempo, fin dall'epoca dell'imperatore Menelik II. Ricordiamo che nostro padre, il principe ras Maconnen, fu inviato da Menelik in Italia in missione ufficiale, ed essa ebbe ottimi risultati per le amichevoli relazioni fra i due Paesi. Purtroppo successivamente intervennero vari ostacoli che turbarono i buoni rappòrti. Ma con un po' di buona volontà sarebbe stato possibile evitarli. Vi fu poi il doloroso episodio del governo fascista, che voleva fare di noi un Paese coloniale e ci costrinse alla guerra per difendere l'indipendenza e la libertà del nostro popolo. Ma non fu che un episodio, e quando tutto ebbe fine e noi potemmo tornare in Etiopia abbiamo fatto il possibile per ripristinare i vecchi cordiali rapporti. Tutti qui ricordano che al nostro rientro In Etiopia avevamo detto di considerare gl'italiani come amici, e così è avvenuto. Ciò che abbiamo fatto per gl'italiani è meglio però che non sia detto da noi ma da loro stessi. — Gl'italiani lo dicono da tempo, Maestà, e ve lo ripeteranno direttamente quan¬ do verrete a visitare l'Italia. Il suo volto s'illumina. Sono anni che l'Imperatore di Etiopia desidera scambiare una buona stretta di mano col nostro Presidente della Repubblica. — Una visita ufficiale in Italia è il nostro desiderio più caro — dice Ailè Selassiè I. — L'anno scorso eravamo pronti a partire, dopo il cortese invito ricevuto dal presidente Segni. Purtroppo la ma malattia interruppe il progetto. Se però 11 nuovo presidente Saragat rinnova l'invito saremo felici di andarci. Giuseppe Faraci