I modelli dell'universo

I modelli dell'universo Qual è l'origine e la struttura del cosmo? I modelli dell'universo Le varie interpretazioni dell'espansione - Le galassie si allontanano da noi a velocità tanto maggiore quanto più sono distanti - Un invito ai fisici: verificare la neutralità elettrica della coppia protone-elettrone Capita, a volte, che qualche uccellacelo venga ad abbattersi anche sul nostro scrittoio. « Uccellacci » sono le teorie cosmologiche avventate, i modelli di universo, di cui essendovi una sorta di pletora già nel mondo degli studiosi, non v'è da stupire che esse prolifichino anche tra i dilettanti, tra sognatori ingenui, sprovveduti costruttori di mondi; e svolazzino poi come scartafacci spiegazzati di luogo in luogo, fermandosi volentieri nelle redazioni dei giornali. Come è noto, la cosmologia è la scienza che studia le origini, la struttura, lo sviluppo dell'universo nel suo complesso: ed ebbe vita queta fino a una quarantina di anni fa circa, fin che si credette cioè che la nostra galassia fosse tutta l'universo. Ma poi si scoprì che, di là della nostra, esistono milioni di altre galassie, non meno grandi; e, sorpresa maggiore, che esse tutto sembrano fuggire l'una dalle altre; come se fossero granelli di una massa in esplosione ; oppure, volendo usare un raffronto più tranquillo, come se fossero uvette in un dolce che cuocendo si dilata. Per le galassie più distanti peraltro le velocità di fuga reciproca sono paragonabili a quella della luce. L'immagine dell'uvetta (troppo bella perché sia lecito lasciar intendere che sia di nostra invenzione) abbiamo trovato, in un agilis simo succoso libretto, Teo rie Cosmologiche Rivali, di H. Bondi, W. B. Bonnor, R A. Lyttleton, G. J. Whitrow (della Piccola Biblioteca Ei naudi, Torino 1965), nel quale i quattro autori, ma tematici e astronomi inglesi, discutono appunto per sostenere o demolire i più im portanti e attuali modelli di universo. Alcuni di essi i lettori delle «Cronache del la Scienza» già conoscono, per esserne stato discorso o accennato da questa pagina: quello più popolare, secondo cui, a cominciare da un certo momento, tutta la materia del mondo, già im paccata e raccolta, è esplosa (e la conseguente dila fazione tuttora prosegue un'idea sconcertante perché pone un interrogativo sul « prima », che non può ave re una risposta soddisfacen te) ; l'ingegnosa variante del precedente modello (che eliminerebbe la suddetta difficoltà), secondo cui si seguirebbero nel tempo dila fazioni e contrazioni del l'universo (e a noi sarebbe capitato di vivere in una fa se di espansione) ; la teoria dell'universo stabile, e cioè sempre uguale a se stesso nonostante la recessione delle galassie, perché nuova materia « nascerebbe » di continuo nello spazio a prendere il posto di quella che si allontana nella immensità; infine una teoria dell'universo elettrico. Su quest' ultima teoria vorremmo fermarci, sia pure fuggevolmente, perché forse è meno nota delle altre. Fino ad oggi si è ritenuto (e per ottime ragioni) che le cariche delle due particelle elettriche presenti nell'atomo, l'elettrone e il protone, siano esattamente uguali e opposte. Se si suppone che tra le due ci sia una piccolissima differenza dì massa elettrica, che il protone abbia un minimo eccesso positivo rispetto alla negatività dell'elettrone, ecco che tutto l'universo verrebbe ad avere nel complesso una carica elettrica positiva; in tal caso ogni parte di esso respingerebbe tutte le altre (le elettricità di ugual segno si respingono) : donde la recessione. Questa teoria tra l'altro avrebbe sulle precedenti il vantaggio di suggerire ai fisici la possibilità di una verifica sperimentale (quanto ardua però: un miliardo di miliardi di protoni neutralizzerebbero altrettanti elettroni più due). Molti spunti suggestivi può offrire il libretto, nella sua elegante stringatezza. Dobbiamo accontentarci di rilevare l'impressione generale che se ne riceve: quanto grande sia l'incertezza in cui si smarrisce la solidità della scienza quando essa affronta questi temi, in cui le dimensioni, sia spaziali sia temporali, di tanto superano la misura umana. Alla quale incertezza (che appunto ha come risultato di portare alla sconcertante molteplicità dei modelli), si aggiunge la circostanza che l'accettazione ideale di questo o quello schema, anche dei più plausibili, vuole il sacrificio di qualcheduno dei più preziosi principii della scienza (per fare il caso più semplice, la teoria dell'universo stabile implica la creazione di materia dal nulla). Epperciò, qua e là, nella discussione, si affaccia il dubbio che le leggi della fisica, quali si sono formulate da questo cantuccio dell'universo, non siano valide per ogni luogo e per ogni tempo. Questo dubbio peraltro, se prendesse consistenza, toglierebbe ogni significato agli sforzi di costruire una cosmologia. Il Bondi racconta a questo proposito l'apologo dell'uomo che, a notte fonda in un vicolo buio, s'aggira ai piedi del solo lampione acceso. Un passante gli domanda che cosa egli stia facendo, ed egli risponde che sta cercando la chiave di casa. « Ma siete sicuro — dice il passante — di averla perduta sotto il lampione?». « No — risponde Tuo m0 —( ma se non è qui, non ho nessuna probabilità di trovarla». Morale: o noi partiamo dal presupposto che le leggi' fisiche, che noi conosciamo qui e adesso, sono valide per ogni tempo e luogo, o è inutile che si tenti di affrontare, con gli strumenti della scienza, il tema stesso dell'universo. Didimo ■V ii »« ft,' — No, non sento nessun complesso di inferiorità. Mi basta girare l'interruttore!

Persone citate: Bondi, H. Bondi

Luoghi citati: Torino