La più spregiudicata commedia del '500

La più spregiudicata commedia del '500 IW CAPOLAVOJtOJWVOLTO DI MISTERO La più spregiudicata commedia del '500 « La Vcnexiana comedia de »... Di chi? Proposito oppure caso, colui che stava per fare il nome dell'autore de La Venexiana si fermò e non lo scrisse. Così una delle più belle, delle poche memorabili commedie del Cinquecento (il Momigliano la nominò accanto alla Mandragola) è figlia di ignoti. La scopri in un manoscritto tanto scolorito da essere quasi illeggibile Emilio Lovarini (lo studioso del Ruzzante, un ottimo letterato nascosto in provincia, caro a Benedetto Croce e a Renato Serra): ricordo nel 19:8 la sorpresa che produsse. Poi il Lovarini ristudiandola pensò di trovarle un autore e propose Girolamo Fracastoro: gli pareva probabilissimo. Le sue ragioni non erano cattive, ma non ciano nemmeno buone. Doveva trattarsi, caso mai, di un'operetta -nolto segreta del Fracastoro se nessuno del suo tempo ne disse mai nulla. E perché doveva restar segreta? C'è il fatto che néH'explicit della commedia compare, latinizzato, un nome, Girolamo Zarello. Poiché nessuno ha mai scoperto chi fosse costui, si è deciso che egli non era l'autore, ma probabilmente il copista. Girolamo lui e Girolamo il Fracastoro: ciò aiutava l'ipotesi del Lovarini, e chissà, /.avello era forse uno pseudonimo del grande poeta scienziato umanista. Tutto sommato, poiché non lo si può scartare del tutto, non mi dispiace affatto che l'autore sia 10 sconosciuto Zarcllo^ a tanti può capitare di scrivere una cosa bella nella vita e per il resto coprirsi di silenzio. Dunque, La Venexiana che è rimasta nascosta per quattrocento anni ed è piaciuta tanto ai nostri giorni (a Croce in prima fila, che la giudicò « bellissima e originalissima ») è avvolta nei misteri, a cominciare dalla sua paternità. Un altro mistero sa rclibe : fu mai recitata? Il mano scritto ha tutta l'aria di essere un copione per gli attori. Fatta per la lettura, no; altrimenti, si dice, la commedia sarebbe stata messa alle stampe. Ma perché poi non doveva essere letta? « Lege », dice l'autore nei due distici latini posti in fondo al manoscritto. « Leggi » : dunque si rivolge a un lettore e non ad uno che ascolti. Sta di fatto clic .delle recite non c'è notizie. Fot se ce ne fu una soia, in qualche palazzo, in occasione di qualch festa. Nella commedia è un accenno al ritomo delle rondini, come novità del tempo: dunque, mettiamo, intorno al carnevale Un mistero ancora, o quasi, è 11 titolo. Facile è dire che La Venexiana significa, « la commedia veneziana », cosi veneziana da giustificare non genericamente il titolo. Certo, è scritta in veneziano (intrecciato con un italiano cortigianesco, di colorito umanistico, e con il rude berga masco di un facchino) e l'uso dialettale fa spicco in tutto il tea tro cinquecentesco conosciuto til grande Ruzzante a parte), ma non nel teatro di Venezia, di cui la nostra commedia di ignoto non è che la reliquia delle tante in linguaggio natio. Pro (labilmente dobbiamo cogliere qualche sfumatura: d'ironia satirica, per quel che di tipica mente veneziano dovevano trovarci gli ascoltatori di allora Una Venezia di donne vogliose d'amore, smaniosissime e liccn ziose anzichenò, che non hanno scrupolo di procurarselo. Senza dubbio, un'aria di se greto circola intorno e dentro la commedia. C'è un'atmosfera notturna, rintocchi di ore fra vespro e alba, filar cauto di gondole, parole mormorate agli usci e c'è il dito alle labbra di cui fa segno l'autore : « sile », cioè « taci ». Esattamente l'autore dice : « apprendi e taci ». Perché questo invito al silenzio? Perché la commedia sembra proprio che voglia alludere a uno scandaletto noto alla comitiva, a una piccante avventura che doveva essere riservata a pochi curiosi. Non si può pensare dunque a un carattere privato della Venexiana, il quale appunto doveva escludere una sua circolazione in teatri e per le stampe? Lo spunto di cronaca mondana (e l'autore dice esplicitamente che la sua è una « vera Historìa ») sarebbe questo, mescolato, s'intende, a invenzione: un giovinetto, Giulio, del Ducato di Milano, assai bello ed elegante, un gentilometto garbato e senz'altro problema in capo che di trovar moglie graziosa e ricca, viene a Venezia, diremo così a esplorar la piazza. S'innamora di una donna sposata, Valicra, appena intravista, e fa di conoscerla. (Ma prima che Valiera, si decida, una sua vicina, Angela, vedova, che ha sbirciato il bel Giulio e spasima d'amore per lui, trovandolo un angelo del Paradiso (« Madonna, tutti sono uomini » la rassicura l'avveduta fantesca), riesce a conquistarselo, spera, tutto per sé. La gelosia spinge Valiera all'assalto, la fa di prudente sfacciata, ossessiva. La Venexiana termina (un po' scialbamente) con il chiudersi della camera da letto alle spalle di lei vittoriosa sulla rivale e di Giulio ben disposto a secondare la sua accanita fortuna. C'è una morale? L'autore pretende di sì, tanto per darsi un tono e stare alle tradizioni: l'amore, dice, turba il giudizio e infiamma i sensi, tanto più quelli delle donne che sopravvanzano « la piccolezza del loro intelletto » (satira antifemminilc) e perciò gli spettatori, seguendone nella commedia gli effetti, apprendono l'amore col giudizio e non col senso. Ma è una gran morale questa? Non sembra troppo peregrina. La verità è che La Venexiana è una commedia dei sensi, la più cruda e sincera e prepotente che si sia mai osato scrivere e mettere in scena (la parte delle donne era, per verecondia, affidata ad attori travestiti) prima del cinema dei nostri giorni. Non c'è riso dell'autore, e non c'è da ridere, e non c'è traccia di una sua condanna o di una qualche severità. C'è solo una sensualità affocata di parole e gesti e confessioni senza veli — e il linguaggio veneto le dà intima grazia e brutalità tutt'insiemc — ma per nulla lubrica, proprio perché semplicemente schietta. Per questo La Venexiana, benché non sia che a tratti un capolavoro, ha entusiasmato. Non era l'opera di un incolto, sicuramente, ma non rispettava le regole tradizionali, non ripeteva soggetti plautini o terenziani, ma apriva liberamente uno squarcio nella vita contemporanea, e più ancora nello sconvolgente segreto dei sensi, che anelano a rompere i confini e li rompono, con tale appagamento di voluttà da infondere un sentimento di cosa scria e poetica, e non di triviale lussuria. Oggi La Venexiana la si può rileggere, ripreientata, con una versione italiana al fianco, da Ludovico Zor/.i nella collezione teatrale cinaudiana. So clic nel 1940 fu messa in scena da Pa-cuvio per iniziativa di Anton Giulio Bragaglia: oggi, a voler-la riprendere, c'è da sperare cherisulti, nonostante il linguaggio(forse nemmeno quello della Ce testina gli sta alla pari), innocente nella sua brutale oggettività. Franco Antonicelli

Luoghi citati: Milano, Venezia