Un passo avanti per la giustizia di Giovanni Leone

Un passo avanti per la giustizia Un passo avanti per la giustizia Nel 1955, su impulso di alcuni studiosi, il Parlamento reputò utile e necessario procedere ad una riforma « novellistica » del Codice procedura penale, ad una riforma cioè che tenesse conto delle più urgenti esigenze del processo penale, di cui si denunziava la grave crisi, senza rinunziare peraltro ad una integrale rielaborazione di tutto il sistema. Delle molteplici innovazioni, la più importante riguardava l'allargamento dei diritti della difesa nell'istruzione. Tra le due opposte ed inconciliabili tesi — quella del mantenimento del sistema attuale (istruzione segreta e scritta; dibattimento orale e pubblico) e quella della introduzione di un processo accusatorio portato al massimo della sua espressione — fu scelto il criterio intermedio di aumentare le garanzie della difesa nella istruzione. Gli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater introdotti con la riforma del 1955, miravano a garantire alle parti, ai loro difensori e consulenti una notevole partecipazione agli atti di prova generica ( perizie, esperimenti giudiziali, perquisizioni domiciliari e ricognizioni). Si trattava di un passo notevole sulla strada delle legittimo rivendicazioni dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio, che sono peraltro e in primo luogo garanzie della giustizia. La riforma del 1955 non fu accolta favorevolmente da un settore della magistratura italiana, come può accertarsi anche da talune posizioni assunte in alcuni discorsi inaugurali dei Procuratori Generali. In questo clima, mentre la giurisprudenza della Cassazione si dibatteva in un grosso contrasto interpretativo, venne fuori la sentenza 17 maggio 1958, delle sezioni unite, da cui prende origine l'attuale decisione della Corte Costituzionale. Con questa sentenza si disponeva che le garanzie introdotte con i predetti articoli non si applicassero all' istruzione sommaria (all' istruzione cioè compiuta dal Pubblico Ministero). In questa sede non possiamo dire di quali singolari argomenti e di quali sofismi si avvalesse quella decisione, che non può essere segnata nell'albo d'oro della giurisprudenza del massimo organo della giurisdizione ordinaria. Basterà dire che appare « ictu oculi » veramente aberrante che si adotti o no un provvedimento di garanzia per le parti a seconda che l'istruzione sia compiuta dal Giudice Istruttore o dal Pubblico Ministero, quando è indiscutibile che in ambedue i casi la garanzia da realizzare è sempre la stessa: ha la stessa funzione e mira allo stesso scopo. Ma questo non basta. Da quella infausta decisione ebbe inizio una catena di arbitrii che culminarono in situazioni veramente sconcertanti. Poiché, sempre secondo la giurisprudenza della Cassazione, la scelta del rito sommario o formale è nell'assoluta discrezionalità del Pubblico Ministero, è accaduto di frequente che il Pubblico Ministero abbia disposto l'istruzione sommaria anche nei casi in cui il Codice espressamente dispone l'istruzione formale (ad esempio imputazioni per cui è previsto l'ergastolo). E mi astengo da riferimenti espliciti a processi in corso o conclusi di recente per man trcslsvigdc tenermi in un clima di serenità. « Abissus abissum invocat! » ecco il cerchio assurdo in cui, per effetto della giurisprudenza della Cassazione, si è venuta a trovare la giustizia in Italia il Pubblico Ministero sce-1glie liberamente ed insindacabilmente se procedere con istruzione sommaria o formale; la prima mette fuori la porta del procedimento istruttorio le parti e i loro difensori; la seconda apre, sia pure con cautela, le porte della segretezza. Dunque, il Pubblico Ministero, adottando il rito sommario anche nei casi in cui glien'è fatto divieto, è arbitro assoluto di privare le parti di una tempestiva possibilità di difesa e di contraddittorio. Basterà enunciare la situazione in cui si svolgeva il processo penale nel nostro paese per rendersi conto della gravità di un tale sistema che si era consolidato senza speranza di riesame. Tutto sembrava perduto. Ma ciò fino a ieri. La sentenza della Corte Costituzionale — redatta da un eminente giurista come il Petrocelli — viene oggi a rompere questo sistema assurdo ed illegale. E dispiace insistere: si è trattato di un sistema che la Cassazione ha avallato e mantenuto con fermezza e costanza. La Corte Costituzionale con la consueta apprezzata cautela non dichiara « per ora » l'illegittimità costituzionale di alcune norme ; ma sanziona l'incostituzionalità dell'interpretazione che laCassazione ha dato alle nor-me introdotte con la riforma del 1955. E' una decisione veramente notevole nella quale la Corte Costituzionale esprime l'aspetto più inconsueto ma anche l forse il più significativo,! deiia sua funzione di «ve- stale» della Costituzione| — come la definì felicemente Enrico De Nicola —; l'aspetto cioè della garanzia di un'interpretazione delle norme di legge che non sia in contrasto con la Costituzione. shdj fLa giurisprudenza non tpotrà non adeguarsi alla di-|mrettiva interpretativa della!3Corte Costituzionale, traen-j'do anche le conseguenze suij'processi in corso. Così, dopolC I un lungo periodo di illegale esclusione dall'ambito dell'istruzione sommaria delle garanzie difensive introdotte con la riforma del 1955, la situazione torna alla normalità. Si chiude un periodo che non appartiene alla tradizione positiva della giurisprudenza italiana; si riafferma la validità della battaglia che la dottrina italiana va combattendo dal 1955 contro una paradossale mutilazione della riforma del 1955 e contro una ingiustificata sperequazione tra istruzione sommaria e istruzione formale ; si ammonisce la Magistratura a non convalidare taluni aberranti atteggiamenti che sono in aperto contrasto con la « mens legis » e con il significato esplicito della legge. Quando venne fuori la sentenza delle sezioni unite del 1958, un acuto giurista, il Ranieri, parlò di Cassazione legislatrice, per dire che si era sostituita al legislatore deformando in sede interpretativa la chiara intenzione e la non equivoca espressione del legislatore Quella definizione non era il riconoscimento di un merito; era invece la cruda constatazione di un arbitrio. Questo arbitrio oramai i appartiene al passato. E ne Isia data lode alla Corte Co'stituzionale, che ancora una volta ha dimostrato quale alta e decisiva funzione esercita nel nostro ordinamento. Giovanni Leone znfGq

Persone citate: Enrico De Nicola, Petrocelli

Luoghi citati: Italia