«Per il re e per la patria» di Losey vigorosa polemica antimilitarista

«Per il re e per la patria» di Losey vigorosa polemica antimilitarista SU LIO SCHERMO «Per il re e per la patria» di Losey vigorosa polemica antimilitarista «La congiuntura»: giallo-rosa all'italiana - «Tote d'Arabia»: pigra parodia di «Lawrence» (Romane) — L'inglese Per il re e per la patria («King and Country »), vincitore a Venezia, con l'attore Tom Courtenay, della Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, è una tragedia della prima guerra mondiale (che non avendo avuto a contrastare con Anticristi, più seppe di assurdo macello), dedotta col rigore d'un teorema e tuttavia accalorata da una condanna, senza remissione, del militarismo. Documento prima civile che cinematografico, il film di Joseph Losey è costruito intorno a un « esempio »: quello di Hamp, un soldato britannico combattente sul fronte francese, che abbacinato dal sangue ha lasciato la linea del fuoco Vedere in VII pagina la critica teatrale e altri servizi di Spettacoli e s'è incamminato verso Galais con l'intenzione di tornarsele a casa sua. Caso lampante di diserzione e quindi processo. Lo stesso difensore, il capitano Hargreaves, è mal disposto, avendo l'impressiona che non ci sia nulla da fare. Scopre invece più tardi, negli interrogatorii, che qualcosa da fare c'è: scavare nell'animo inorridito del ragazzo, toglierne le umane ragioni e quelle difendere appunto in nome dell'umanità. Il suo è un più che evidente caso di collasso psichico; ma i giudici militari vanno per dilemmi antitetici, e poiché non risulta che Hamp sia pazzo, vuol dire che era cosciente di quello che faceva e perciò deve essere condannato. E così, per drammatiche sequenze ambientate in luride baracche stillanti pioggia e fango, fetide di cadaveri e di carcami, si consuma il vero e proprio misfatto della condanna a morte del soldato, avallata dall'opportunità di « dare un esempio » in quei giorni che le forze inglesi sono in procinto di sferrare un assalto. Trionfa l'irrazionalità della guerra, di cui sono tracce nella stessa condotta, appassionata ma in certa, dell'impotente difensore E atroce è la scena dell'esecu zione, che isola come atto di carità la pistolettata con cui Hargreaves finisce l'innocente ragazzo. Fatta la tara alla struttura un po' teatrale, a qualche simbolismo ed « effetto > di troppo, il film afferra, e sulle tante precedenti denunce della guerra si impianta con tagliente vigore, con una più stretta dialettica. Splendidamente bilanciati, nella vivida sobrietà della loro eloquenza, i due interpreti: Courtenay (il soldato Hamp) e Dirk Bogarde (il capitano Hargreaves). * * (Reposi) - La congiuntura, a colori, regìa di Ettore Scola, soggetto e sceneggiatura di Scola e Maccari, è un piacevole «giallo-rosa» all'italiana, di cui si elogerà prima di tutto la pulizia delle situazioni e dei dialoghi, e poi la mano leggera con cui dall'aristocrazia « nera » romana, cucita a ftl doppio col Vaticano per una genealogia di «camerieri del sacro soglio y, è stato tolto il ritratto del giovane protagonista, principe don Amedeo, che dirazzando da un amenìssimo nonno tutto d'un pezzo, nella Roma « conglunturata » dei nostri giorni alterna l'un eione del bigotto con la frenesia del gaudente. Mirando alla « Mercedes » di lui, targata « Corpo diplomatico », una bella avventuriera 10 irretisce, e nascosto sotto 11 sedile un milione di dollari per trafugarli in Isvizzera, fingendo di essere aspettata a Lugano ria una zia, si fa accompagnare dall'ingenuo principe fino ai suoi complici, i quali avendo cercato di appropriarsi il bottino, saranno poi beffati dall'astuta ragazza, cui è accaduto, durante il viaggio pieno di avventure c palpitazioni per la sorte della preziosa automobile, d'innamorarsi, pensate un po', del suo augusto accompagnatore. La mano leggera, di cui si diceva, non è però sempre, rapida; e per aver voluto troppo particolareggiare, Scola ha, forse fatto un po' languire il ritmo nella prima parte. Ma si è ripreso nella, seconda, dove l'avventura stringe gli argini; e ha concluso benissimo, «a tavoletta», con la. lunga e pittoresca zuffa tra il principe e il contrabbandiere. Il «giallo-rosa» è un genere, quanto mai ricettivo, che si aiuta di richiami e reminiscenze. Sfiorata, appena la commedia di costume enunciata dal titolo, La congiuntura e saggiamente buttato in dinamicità e colore, sull'esempio dei « 007 » e di « L'uomo di Rio ». La cosa ha effetto anche su Gassman, che in un « carattere » in parte nuovo, a. fondo bonario, con esiti acrobatici da cinema muto, è d'una bravura meno rapace, ma più fine e ariosa della solita. Con Jacques Be.rgerac, gli dà la replica la rediviva smaf^ tata bellezza di Joan Collins. * * (Lux) — Miracolosamente tardi, gli anni incominciano a farsi sentire anche sulle spalle di Totò, che per tanti anni e In produzioni troppo spesso indegne del suo talento comico, ha rallegrato le platee italiane come un dono di natura. Intendiamoci: leoni sì muore; e della sua inconfondibile zampata è qualche traccia anche in questo Totò d'Arabia diretto a colori da Antonio Della Lorna, ma sono tracce appunto su un deserto dì sabbia quale è in sostanza questa pigra parodia del «Lawrence d'Arabia» con inevitabili implicazioni alla James Bond. Non sono certo queste le idee cinematografiche con cui si può dare una mano all'estremo Totò, ormai costretto all'avarizia dei movimenti e quindi più che maturo per le finezze del monologo; idee alla cui vuotaggine neppure il mimo dei verdissimi anni, ancora legato alle origini dell'avanspettacolo, avrebbe potuto sopperire. Per una (selva di microfoni appiattati fin nelle scollature, fra miraggi di gelatai e belle odalische in carne, il balordo agente «0-0-0 sbarrato-8> tra scina la sua melanconica avventura petrolifera, finendo adottato da un califfo e ricco a miliardi. Egli può ben concludere «'cca niscittno è fesso:»; non cosi il pubblico, purtroppo I. p. aadmldttfleimitmdcAtB Tom Courtenay (il soldato Hamp) nel tragico finale

Luoghi citati: Arabia, Isvizzera, Lugano, Venezia