Tremila miliardi d'investimenti per 750 mila vani inutilizzati

Tremila miliardi d'investimenti per 750 mila vani inutilizzati Tremila miliardi d'investimenti per 750 mila vani inutilizzati C'è stata una gara a costruire alloggi di lusso e costosi (a Roma, lo scorso anno, 1264 edifìci signorili; 69 di tipo comune) - Adesso la domanda s'è esaurita, il mercato è fermo - La crisi minaccia 400 mila muratori che potrebbero rimanere disoccupati entro pochi mesi - I grandi enti per l'edilizia popolare hanno fatto poco o nulla: i miliardi rimangono nelle casse - Le vicende della legge urbanistica e della " 167" prolungano la stasi (Dal nostro inviato speciale) Roma, 9 febbraio, «c L'edilizia deve creare case le quali corrispondano a esigenze effettive di abitazioni degli uomini », si legge nelle « Prediche inutili » di Luigi Einaudi. Il monito è rimasto inascoltato e c'è la crisi edilizia; grave, minacciosa, con 750 mila vani inutilizzati nelle città gran di e medie, con circa 3000 miliardi di investimenti senza frutto, con la prospettiva di 400 mila muratori e ma novali disoccupati fra pochi mesi (ma questi allarmi po trebberò essere attenuati se una ventata di energia spaz zasse l'aria di addolorata rassegnazione che stagna in troppi uffici d'ogni grado, nella Capitale). Non si è tenuto conto del le « esigenze effettive di abitazione » : nella sola Capi tale, che ha fame immedia' ta di 450 mila vani per dare condizioni di vita sopporta bili alla media dei suoi abitanti, si calcola che siano sfitti o invenduti 150-200 mila vani di fresca costru zione. Palazzi e palazzine di gran costo, vuoti e inanimati, testimonianze di un'età folle che grava sul paese come un'eredità enigmatica, assurda. I 150 o 200 mila vani invenduti o sfitti hanno questi prezzi: da 12 a 30 milioni per un alloggio di 4-5 stanze, da 70 a 200 mila lire al mese di affitto Ogni fenomeno trova spie gazioni complesse o nebulo se. Restano però, sul terreno, fatti elementari e illuminanti. Eccone uno, perfetto nella sua essenzialità: a Roma, nel 1964, erano in costruzione o ultimati 1264 edifici di lusso, signorili o medi (da 15 a 150 milioni per alloggio) contro soli 69 edifici di tipo popolare. La galleria degli esempi è immensa, da Nord a Sud, con caratteristìiche costanti; l'edilizia privata residenziale si era sviluppata, negli ultimi quattro anni, sul filo di un isterismo speculativo paragonabile a quello che colorì l'assalto alle Borse negli anni 1960-'61, senza tener conto dei costi, dei redditi, del mercato. A Palermo, dove occorro no subito 60 mila vani per risanare i quartieri del centro, l'87 per cento delle co struzioni è stato di tipo « si gnorile » o « medio ». Bari ha investito nell'edilizia re sidenziale un terzo del suo reddito per alcuni anni: su 30 mila vani costruiti o in costruzione nel 1964 meno di mille erano di tipo popò lare. Precisiamo le definizio ni : « alloggio medio » è oggi quello che costa da 8 a 10 milioni essendo compo sto di due stanze, cucinino, tinello e bagno. Troppi per chi ha veramente fame di un alloggio civile. Si è continuato a costruì re a prezzi sempre più lon tani dalle possibilità del mercato effettivo, per una reazione a catena. Compra va anche chi non aveva quattrini, grazie a mutui e doppi mutui, nella sicureza di rivendere dopo un anno con largo margine. I co struttoli si autofinanziavano: disponendo di un terzo della somma necessaria ac quistavano l'area e apriva no il cantiere, certi di ven dere tutti gli alloggi prima di arrivare al tetto. I prezzi delle arce salirono alle stel le; i mattoni pieni, unità di misura classica, passarono da 7 lire al pezzo nel 1961 a 23 lire nel 1963. I salari valicarono i limiti sindacali, Quando si profilò l'inevitabile saturazione, accompa gnata dallo spauracchio della legge urbanistica, molti costruttori continuarono ad aprire cantieri pur di utiliz zare le aree che avevano ac quistato per somme pazze sche. Cessarono le domande di alloggi a scopo speculat vo; ci fu un ridimensiona sigrpopefinduenmalteslreopdidestdnbenl'l'Cvte(bsgpfolampddszddimento naturale, ma awen-ne in modo brusco, senza fa- si intermedie. Toccava ai grandi enti per l'edilizia popolare prendere iniziative per colmare il vuoto e dare finalmente un indirizzo produttivo all'edilizia; ma gli enti erano afflitti da troppi mali (ne parleremo in un altro articolo) e persero tempo, facendo poco o nulla. Il « volano » per ridare slancio all'edilizia può essere avviato soltanto con una opera chiarificatrice, immediata: si definisca il testo della legge urbanistica (allo stato attuale condannato da destra e da sinistra) e se ne affretti il varo. Sarebbe possibile, contemporaneamente, mettere in moto l'edilizia popolare; pur nell'attesa del giudizio della Corte Costituzionale, ormai vicino, la legge 167 consente ai comuni di acquistare (non espropriare) le aree bloccate, a prezzi che oggi sono in molti casi vantaggiosi o accessibili. I finanziamenti? La legge prevede il meccanismo, e i fondi non mancano; si parla e riparla di centinaia di miliardi (forse 800 se non più) congelati nelle casse dello Stato e degli enti che dovrebbero appunto costruire case popolari utilizzando i contributi versati da tutti i salariati e stipendiati d'Italia. Ma i piani e i progetti dei Comuni devono essere approvati a Roma, e il viaggio di andata e ritorno delle « pratiche» richiede da uno a due anni. Qualche Comune, pur di costruire le scuole messe in programma, ha rinunciato ai contributi statali e si è rivolto a banche private. La ripresa può venire soltanto se si scuoteranno dal sonno certi uffici. Per evitare la crisi dell'edilizia (che sarebbe crisi della siderurgia e della meccanica) si deve ottenere un minimo di chiarezza sui fini e di efficienza nel raggiungerli. Il problema è continuare a costruire case, ma a costi economici e in modo tale che siano adatte a chi ne abbisogna. Mario Fazio lnaHlmmim multmdnimiM in Italia Il treno dopo il tamponamento avvenuto ieri nella stazione di Bagnoli (Telefoto)

Persone citate: Luigi Einaudi, Mario Fazio

Luoghi citati: Italia, Palermo, Roma