La grande battaglia a suon di musica decisa da ascoltatori dal cuore tenero di Gigi Ghirotti

La grande battaglia a suon di musica decisa da ascoltatori dal cuore tenero La grande battaglia a suon di musica decisa da ascoltatori dal cuore tenero (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 30 gennaio. Nell'ultima serata del Festival le telecamere di sedici Paesi erano puntate sui protagonisti del gran finale. Ma l'Eurovisione aveva mostrato interesse solo ai nostri atleti della canzone, rifiutandosi di occuparsi degli artisti stranieri. Così, per spartire esattamente a metà lo spettacolo, si è proceduto ad un diverso ordine nella presentazione dei cantanti e delle canzoni sulla passerella. Sono sfilati dapprima, uno in fila all'altro, i dodici cantanti italiani, a cominciare da Bobby Solo e a finire con Pino Donaggio; poi sono seguiti i dodici stranieri. Una novità è stata introdotta anche nel congegno elettorale. Oltre alle consuete « sonde » immerse nell'anonimo del pubblico italiano (stasera erano insediate giurie a Bra, Sondrio, Rovereto, Trieste, Pieve di Cadore, Cesena, Lucca, Ancona, Latina, Pescara, Brindisi, Melfi, Cosenza, Caltanissetta, Tempio Pausania) ne sono state immerse altre quattro in ambienti particolarmente qualificati per l'ascolto musicale: il Centro di addestramento delle reclute di Avellino, il Convitto maschile « Maria Luigia » di Parma, l'Istituto femminile delle Orsoline di Milano, l'Università per gli stranieri di Perugia. E' stato precisato che in quest'ultima sede erano davanti al televisore tre studenti tunisini, due francesi, due belgi e un rappresentante per ciascuno dei seguenti Paesi: Libia, Siria, Germania, Ghana, Iran, Giappone, Jugoslavia. E così, cala il sipario sul quindicesimo Festival della canzone. Tutto, in questo carosello musicale, sapeva di sofisticato: adulterate le voci, filtrate in laboratorio le musiche, scelti a tavolino i soggetti dell'esperimento, fatturati i personaggi, combinate macchinalmente le parole e le rime, accoppia ti cantanti e canzoni secondo criteri di mero sfrutta mento industriale. In fondo, di genuino non c'era che il sistema di selezione delle ventiquattro canzoni in gara. Dai risultati noti, è lecito ricavare qualche indicazio ne utile per individuare gusti e gli umori del pubblico italiano, all'apice dell'inverno congiunturale '65? Il Festival, purtroppo, non ama scoprire le sue carte e tiene gelosamente segreti voti riportati da ciascuna canzone. Così, si conosce solo la canzone vincente. Si sa che altre undici sono giunte in finale, tutte seconde a pari merito. Si sa infine che dodici sono state sconfitte, escluse dalla finale attraverso il giudizio popolare delle prime due sere. Il congegno con cui s'è arrivati a questa eliminazione progressiva è stato già più volte illustrato : venti giurie, composte ciascuna di quindici persone, varie per età e per sesso e per condizione sociale, sono state insediate e rinnovate sera per sera. In totale, quindi, novecento elettori, estratti a sorte un po' dappertutto, in a a e ae e, re re ù e, nà oer oa n ogni ordine di posti dell'enorme platea audiovisiva, hanno determinato le sorti della competizione. Quali orientamenti sono stati espressi? In generale, il grosso dell'elettorato sembra essersi pronunciato per il genere patetico-sentimentale. E infatti tra le dodici canzoni di stasera, almeno sette o otto tirano alla lacrimuccia. Con Le colline sono in fiore s'arriva alla pastorale, in uno scenario da presepio alla Walt Disney. L'ha cantata Wilma Goich, una ragazza dalla faccia tonda, capelli cordacei, efe lidi a spruzzo, con un velo leggero di voce. Evidentemente, basta un velo: per un processo d'identificazione abbastanza frequente, il pubblico ha preferito un cantar facile e accessibile a tutte le ugole, piuttosto che le minacciose esplosioni di voce che costituiscono rarità, eccezione, fenomeno inimitabile. Così, s'è affrettato a bocciare in prima istanza due artiste agguerrite che sembravano arrivate sulla ribalta del Festival per spopolarla, la scozzese Dusty Springfield, che si esibì iersera con la foga d'una diavolessa, e l'italo-negra Timi Youro. Nella prima serata, Timi Youro cantò un disperato autunno, colante lacrime ( funesti eventi. Nella secon da, ritornò in scena con un Ti credo, cantato e gesticolato con forza selvaggia. H pubblico ha respinto sia il suo autunno, sia il Ti credo. Ha accettato, invece, Ornella Vanoni, e il suo Abbracciami forte: la figura dell'artista s'inserisce in un quadro tipico di passionalità casalinga e nostrana. Timi Youro destava — in fondo — preoccupazioni: come andrà a finire? Ornella Vanoni offriva il dramma e anche la sua soluzione: l'ab braccio, ma forte, invocato a gran voce, assolutorio e liberatorio. L'appello al popolo s'è ri solto bene anche per il giovane dalle lacrime facili, Bobby Solo, l'eroe di Una lacrima sul viso, giunto in finale con Se piangi, se ridi, per Milva, recuperata all'ottimismo dal valzerone Vieni con noi, e per Gigliola Cinquetti. Alla ragazza veronese, avvolta in sete purpuree, titubante, aggraziata, un po' caramellosa, è stato facilmente perdonato l'amoretto liceale di Ho bi- smmula sogno di vederti. Dopotutto, meritava pure un riconoscimento la sua resistenza di un anno sulle frontiere dell'età acerba. Tra le « voci nuove », è mancato al finale il giovane torinese Franco Tozzi, forse apparso esuberante, eccessivo nella sua dichiarazione d'amore; è mancata anche utppsfiatmai ) una bella emiliana che partiva con il favore di tutti i pronostici, Iva Zanicchi. La platea ha fatto giustizia sommaria di alcune voci, francamente sgradevoli, e invece ha lasciato 0 passo all'ex muratore sardo, Vittorio Inzaina, che pure si muoveva visibilmente a disagio sul palcoscenico, e non imbroccò nemmeno tutte le note al tempo giusto. Il suo Si vedrà C sostenuto a buon punto dalla ballonzolante interpretazione dei « Surfs ») è stato probabilmente favorito proprio dal la manifesta grezzezza del suo protagonista. Su un palcoscenico che celebrava fasti della canzone indù strializzata, l'ex muratore ha ricevuto il premio che spetta ai semplici, rimasti fedeli alla loro semplicità. Per quanto, anche sul l'origine proletaria del gio vane Inzaina, siano sorti seri dubbi nelle ultime ore Sembra che il bravo giovane abbia realmente posto qualche mattone uno sopra l'altro, ma ai cenni del padre imprenditore, e non già come si credeva, in veste di muratore salariato. Tre so relle dell' Inzaina, comun que, lavorano come arredatrici nell' impresa edilizia paterna. L'ultima serata del Festi vai ha rivisto «Minstrels» « Surfs », la prestigiosa Petuia Clark, la garbata giap ponesina Yukari Ito, e Fred Bongusto con il suo Aspetta domani d'intonazio ne intimista, Bruno Filippini in contemplazione dei misteriosi occhi di Soraya (L'amore ha i tuoi occhi) Remo Germani e Audrey in Prima o poi, la potente Betty Curtis di Invece no, il corretto Pino Donaggio di Io che non vivo (Jody Miller partner). La .maggior parte delle canzoni riservate per l'ultima sera rivelavano una scelta di tipo prevalentemente conservatore da parte del corpo elettorale musicale. Forse l'unica indicazione di origine schiettamente minorile e d'avanguardia è emersa intorno alla voce di Nicola di Bari e di Gene Pitney di Amici miei: una canzone che non si canticchia in ufficio, né sulla strada della spesa quotidiana, ma va gridata con voce astratta e fortemente ritmica. Applausi per tutti, a proposito e a sproposito, come nelle aere precedenti. Era difficile orientarsi sulla genuinità di questi entusiasmi. In sala erano stati sapientemente disposti ben sessanta « claqueurs » agli ordini di tre « capiclaque », espressamente giunti da Napoli al soldo di compagnie discografiche varie. Nei cali di voce, nelle paventate eventualità di stecche, codesti applauditori di professione erano pronti a intervenire, scatenando reazioni. Sicché si stentava poi a decifrare i battimani au¬ teCdelamtrctpsic tentici da quelli mercenari. Cacciati dal meccanismo del suffragio, gli interessi editoriali sono rientrati per la finestra. Quasi l'intera massa dei biglietti, nelle tre sere, era stata comperata e ridistribuita dalle case discografiche impegnate nella competizione. Come abbiamo avvertito prima questo è stato il Festival della sofisticazione industriale applicata alle canzoni di consumo popolare. Gigi Ghirotti La giovane ligure Wilma uoiur., patiche esordienti del Festival una delle più sim- (Telefoto Moisio) Ornella Vanoni e Udo Jurgens, gl Moisio) Milva portato Maresca-Pagano (Telef. Moisio)