II folle generale di Sanremo è morto ieri all'alba Nel delirio raccontava le sue imprese di guerra di Luciano Curino

II folle generale di Sanremo è morto ieri all'alba Nel delirio raccontava le sue imprese di guerra L'allucinante sparatoria a Palazzo di Giustizia II folle generale di Sanremo è morto ieri all'alba Nel delirio raccontava le sue imprese di guerra Al momento del decesso la moglie gli era accanto - E' spirato alle 5, agli infermieri aveva detto: « Sono stato un brillante ufficiale » - Ancora gravissime le condizioni del pretore e del cancelliere - Il generale aveva affittato il garage per custodirvi le cassette di ordinanza: lì passava le giornate fra i ricordi della carriera militare - Lo sfratto dal piccolo locale gli ha sconvolto la mente - E' corso in pretura ed ha cominciato a sparare: ha esploso 70 colpi, altri 50 li aveva in tasca - Gridava: «Finalmente ho pane per i miei denti» - Calmo e gelido infilava uno dopo l'altro i proiettili nella pistola (Dal nostro invinto speciale) Sanremo, 23 gennaio. Quando il generale Alberto Concaro ieri, nel corridoio della Pretura, si è visto circondato d-'la polizia armata, si è esaltato. « Ho trovato finalmente pane per i miei denti » ha gridato. E' incominciato allora l'ultimo atto della pazza sparatoria. Il generale è morto stamane che era ancora buio. Una delle sue vittime è morta ieri poco dopo le rivoltellate, due sono ancora in pericolo di vita, altre due non preoccupano. Ora la signora Ida, moglie del generale, ci dice: «Bra un uomo rigido, duro con gli altri e con se stesso, ma non aveva mai latto del male». E' una donna di 76 anni, minuta, con i capelli rossi. Non ha figli, è rimasta sola in questo condominio di via Primavera 4, una casa all'inizio di Sanremo a due passi dal mare. I Concaro sono venuti qui due anni fa ria Casale, 'ui portandosi dietro alcune cassette grigioverde di ordinanza, con dentro la storia della sua carriera. Libri e carte militari, ricordi di tre guerre e di una decina di caserme, medaglie e promozioni. Il congedo nel '46 con il grado di colonnello. Più tardi era venuta la promozione a generale di brigata della riserva. Non aveva l'auto, ma aveva affittato un garage nella casa per porvi le cassette, perché il piccolo alloggio non le avrebbe contenute. Passava ore in quel box, prigioniero del passato. Altro tempo lo dedicava a curare un triangolo di giardino, dove ci sono iris e mimosa. Oppure usciva con la moglie. Mai solo, sempre con lei ma precedendola di tre passi, petto in fuori, capelli bianchi al vento. Sempre un soldato. La signora Ida, tornata dall'ospedale dove lo ha visto morto, ci ripete: «Era un uomo rude, ma non aveva mai fatto del male. I medici mi hanno detto che è stato per l'arteriosclerosi ». « Non si ero. accorta che non stava bene? ». Risponde di no, ma sembra una donna troppo ammirata del marito per ammettere una debolezza o una deficienza in lui. Comunque, da alcune settimane il generale era collerico e furibondo. Era in lite con l'amministratore dello stabile per il box. L'amministratore intendeva toglierglielo per venderlo; 1 generale diceva: « Dove metto le mie cassette? ». Erano radati avanti così, tra le « raccomandate con ricevute di ritorno ». Quattro giorni fa, un'altra raccomandata, ma questa non dell'amministratore. Gli comunicava la notizia della mancata promozione a generale di divisione. Quel giorno ha passato più tempo del solito chiuso nel suo box e dopo era quasi delirante. Ieri pomeriggio ha detto alla moglie: «Ida, esco». Lei ha fatto per mettersi il foulard e andare con lui, ma l'ha fermata: « Vado solo ». In una tasca aveva una rivoltella, l'altra era gonfia di caricatori e di pallottole sfuse. E' andato in pretura dove avrebbe dovuto essere convo cato posdomani per la questione dello sfratto. Erano le 17,10 e non era più ora per il pubblico. Ha insistito: « Vosriio un cancelliere o un pretore ». La dattilografa gli ha detto di ritornare stamane. E lui: c Sono un generale dell'esercito. Pos so parlare con qualsiasi can celliere quando voglio». Sono seguiti venti minuti tragici e folli, che solo oggi la polizia ha potuto ricostruire con esat tezza. Il generale gridava in corridoio, autoritario e ostinato. Il cancelliere Mario Bernasconi lo ha affrontato: «Ma al i a ia a é e a l i e a n e li n licome si permette? ». Sono intervenuti anche l'usciere Or' landò Durazzo e il carabiniere Orazio Rampulla. Il generale ha sferrato un pugno al Bernasconi. E' stato informato il pretore, Luigi Fortunato, che ha telefonato al commissario De Nozza: « C'é un individuo di là che dà in escandescenze, ha già dato un pugno al mio cancelliere. Mandi un agente. Anzi, siccome dice di essere un generale, venga lei ». I commissari De Nozza e Molinari, con due agenti, sono partiti in auto per la pretura. Qui il generale, rimasto con l'usciere e il carabiniere, sembrava Analmente tranquillo. Nessuno s'è accorto che con un gesto calmo ha preso di tasca la pistola. Ha sparato sul Durazzo. (La dattilografa Franca Ortiz, che era in corridoio, dice ora: c II Durazzo ha avuto un'espressione di meraviglia, si è portata la mano al petto ed è, caduto »). Il generale ha sparato poi al carabiniere, ma l'usciere, scivolando a terra, ha urtato il milite, che ha perso l'equilibrio ed è stato ferito soltanto di striscio. II pretore è accorso ed è stato colpito da quattro proiettili. Il cancelliere ha cercato scampo nell'ufficio del pretore, ha tentato di barricarsi spostando la libreria contro la porta a vetri, ma era pesante, ha rinunciato ed è corso alla finestra che dà sul cortile. Stava scavalcando il riavanzale quando è stato raggiunto da tre pallottole. Un inferno. Il generale, terribile e gelido in mezzo al corridoio, che infilava pallottole nell'arma quando era scarica. La dattilografa che gridava a una collega: « Delia, vieni, scappiamo dalla finestra ». Per terra i feriti gemevano. Dalla strada è accorso un passante, l'operaio Vittorio Caviglia. Ha sentito le detonazioni, ha pensato che qualcuno fosse in pericolo e non ha esitato. Inquadrato dalla porta, era un facile bersaglio per il generale, che ha preso la mira, ma il Caviglia si è gettato a terra, il folle allora ha abbassato l'arma ma lo ha colpito soltanto di striscio, al polpaccio. E' arrivata la polizia, mentre il pretore si calava dalla finestra nel giardino e fuggiva comprimendosi il petto. Il generale ha sparato ai poliziotti che si erano affacciati alle porte e alle finestre. Sono stati chiamati rinforzi. La Pretura è stata circondata da una quindicina ri: uomini armati. Colpi in aria, intimidazioni. Ciò ha esaltato la follia del generale, r Finalmente — ha gridato, e lo hanno sentito in strada — ho pane per i miei denti» («Allora ci siamo resi conto che era pazzo — ci dice ora il commissario Molinari. — E un pazzo fa più paura di un bandito»). Si è temuto che il folle si affacciasse sul corso Cavallotti — strada di grande passaggio, ed ora gremita anche di curiosi — e sparasse sulla gente: sarebbe stata una strage La polizia ha stretto l'accer- chiamento ed è entrata da vari ingressi e dalle finestre. L'agente Colzani, svoltato un angolo del corridoio, si è trovato ad un metro dal generale: ha fatto un balzo a lato e la pallottola prontamente esplosa rial pazzo l'ha soltanto graffiato alla tempia. Lasciandosi cadere, il Colzani ha sparato tre rivoltellate al ventre del generale. Dietro l'agente vi era il maresciallo Leoni, che ha lasciato partire una sventagliata di mitra ai piedi del folle, il quale, incurante delle ferite, ha avanzato verso il portone. Quando si è affacciato sul corso con l'arma in pugno (il pericolo tanto temuto), i commissari De Nozza e Molinari si sono gettati su eli lui. Poi altri due agenti. In quattro hanno faticato a strappargli la pistola. Quando l'arma è caduta a terra, il generale, di 74 anni, ha cercato di riprenderla; ma gliel'hanno impedito allontanandola con un calcio. Ferito, sconfitto, ma calmo, il generale Concaro si è rivolto al commissario De Nozza: «Lei è un questore? ». Gli è stato risposto di no, e si è mostrato deluso e indispettito. « Perché non è venuto un questore per catturarmi? ». Nel corridoio Ideila Pretura vi erano muri sforacchiati, porte scheggiate e vetri infranti. Stagnava un forte odore di polvere da sparo. Il generale — ha calcolato oggi la polizia — ha esploso una settantina di colpi, e in tasca ne aveva ancora cinquanta. Sembrava ignorasse di essere ferito o non gliene importasse. Comunque, non si è lamentato. Non ha chiesto notizie delle sue vittime, ma si è chiuso in sé, solo con i fantasmi della pazzia e con l'idea delirante di impossibili batta glie. Dopo mezzanotte si è rivolto agli agenti che lo pian tonavano in ospedale: «Ero un brillante ufficiale» ed ha cominciato a parlare delle sue imprese di guerra. Verso le 2 la polizia ha mandato a pren dere con un'auto la moglie del Concaro, poiché la fine appariva imminente. E' spirato alle 5. Folle, ha ucciso e ferito, ed egli stesso è stato vittima della sua pazzia. L'uomo che egli ha ucciso, l'usciere Durazzo, aveva 32 anni ed era sposato da tre: domani sarebbe andato con la moglie ed il figlio di diciotto mesi alla sfilata dei carri fioriti. Il pretore dott. Luigi Fortunato ed il cancelliere dott. Mario Bernasconi sono ancora in condizioni assai gravi. Dopo le visite di ieri sera del Prefetto e del Questore di Imperia, oggi sono venuti all'ospedale il Primo Presidente della Corte d'Appello di Genova ed il Procuratore Generale. Gli altri due feriti — 1 operaio Caviglia e il carabiniere Rampulla — sono stati dimessi: guariranno in pochi giorni. Stamane una trentina di marinai del « Cigno », una nave ria guerra all'ancora a Sanremo, sono saliti all'ospedale per donare il loro sangue ai feriti. Nelle tragedie più cupe e pau¬ rose vi sono spesso luci come queste: come la solidarietà di un gruppo di marinai e la ge nerosità di un operaio che rischia la vita pei- accorrere ad una invocazione d'àliito.' Luciano Curino Il generale Alberto Concaro, all'ospedale di Sanremo poco prima di morire (Telef. La vedova dell'usciere Durazzo, ucciso dal generale La signora Ida Concaro, vedova del generale (Telef.) L'agente Colzani, che ha sparato sul generale (Tel.)