«Passeggiate nel Canavese»

«Passeggiate nel Canavese» Un'opera mirabile di paziente erudizione e di affettuosa ricerca «Passeggiate nel Canavese» In otto volumi Antonio Bertolotti ricostruì tutto il passato e rappresentò il volto ottocentesco della sua terra Il cavaliere Antonio Bertolotti fu uno di quei buoni piemontesi del secolo scorso che versarono nel crogiolo dell'Unità il loro zelo municipalistico. Impiegato delle Poste di Torino e poi archivista di Stato a Roma, coltivò per passatempo (quando per passatempo s'intendeva il meglio dell'uomo) gli studi storici e corografici, facendone testimonianza con una quantità di lavori a stampa ancora ricercati dagli eruditi, e fra i quali primeggiano gli otto volumi delle Passeg aiate nel Canavese (Ivrea, ti pografia di F. L. Curbis. 1867), testé ripresi a pubblicare, in edizione anastatica con disegni e fregi squisiti ai margini, dalla torinese « Bottega d'Erasmo », infaticabile nel recuperare antiche ghiottonerie. Ne sono usciti i primi tre: quanto basta per desiderare il compimento della ristampa. Queste Passeggiate sono in sostanza una « guida > del Canavese (il quale in Lombardorè diede i natali al Bertolotti nel 1836), condotta con quell'agio podistico, quella meticolosità di notizie e gusto erudito del passato, che oggi, più ancora che disusati, sarebbero impossibili; oggi che il nostro viaggiare per linee obbligate ci porta via il meglio, e troppi paesi e villaggi, e in parte il paesaggio stesso, hanno mutato volto. Al tempo in cui il Ber tolotti, con le sue gambe d ferro, girava il suo Canavese per viottole e sentieri, compiendone il circuito da Leyni a Leyni, le pietre ancora parlavano di re Arduino e dei suoi rissosi discendenti, e ne parlavano, come di personaggi di famiglia, quanti osti e farmacisti e sagrestani e campanari il dotto pellegrino si dava cura d'interrogare. Di qui il fascino di questa ricognizione au ralenti: che quanto più è aliena da coloriture impressionistiche (il Bertolotti scrive simpaticamente maluccio, da erudito) tanto più ci sembra fantastica; perché fantastica è ormai in effetto quella puntuale insorgenza del passato dal presente. Da queste pagine spesso pedantesche il mito del buon tempo antico emana la sua verace fragranza; e per chi crede che la pietà* delle memorie sia il mezzo più sicuro per intendere la bellezza e il carattere di una terra, quella che ormai agli effetti pratici è la « guida s di un paese quasi di sogno può ancora rendere utili servizi. Il principale sarà di resti tuirci il gusto dei viaggi a piccolo raggio, delle esplorazioni domestiche. Perché, si sa, la vicinanza a un luogo famoso produce ignavia, e quanti sono i torinesi, che per avere il Canavese a uscio a uscio, non lo attraversano sbadati? Nelle sue stesse dimensioni ciclopiche, la guida del Bertolotti testimonia che questa bellissima fra le terre del Piemonte per isvariata natura e senso storico, onorata da una menzione di Dante nel poema, è una miniera pressoché inesauribile dì suggestioni dove più genuino prevale il ferro del Medio Evo, e che non v'è uno dei 150 luoghi presi in esame che da una chiesa, da una torre o magari da un semplice ostello non concorra a scrivere con minuti caratteri la storia d'Italia. Sarà la memoria del Barbaro3sa ricoverato nel castello del suo fedelissimo Guido di Biandrate durante la peste del 1168, e quella della conseguente ira della Lega antitedesca che si stogò su Biandrate atterrandola dalle fondamenta. Saranno le re T.quie delle tante guerre combattute tra castello e castello, dei tanti passaggi delle compagnie di ventura, dei tanti nidi di briganti e masnadieri; i segni di un'epoca di efferatezze che pur conosceva oasi di tolleranza come quella mirabile abbazia di Fruttuaria a San Benigno, sacra alla memoria di Arduino, che intorno al Mille fu « in miniatura, dice 11 nostro l'Inghilterra d'oggidì che dà asilo a chiunque purché non turbi le sue leggi*. E saranno, con salto di secoli, dopo le successive dominazioni angioina monferrina milanese e sabauda, in cui finalmente si spense la libertà dei comuni canavesani, le memorie di Napoleone a Montalenghe, dove il giovane condottiero, scortato da trenta uomini, giunse la mattina del 27 maggio del 1800, due giorni dopo la battaglia del ponte sul Chiusetta; e i paesani, come fanno e faranno sempre, dimenticarono un momento i loro guai per la curiosità dello spettacolo. Il Bertolotti, che pure era un alacre funzionario, si diede il lusso di viaggiare il Canavese per otto grossi volumi, sul doppio registro del presente e del passato, e tanto abuso di tempo, che sembra sposarsi alla pace della natura canavesana, gli frutta oggi la nostra riconoscenza di lettori affrettati. Leo Pestelli

Persone citate: Antonio Bertolotti, Bertolotti, Leo Pestelli

Luoghi citati: Biandrate, Inghilterra, Italia, Ivrea, Montalenghe, Piemonte, Roma, Torino