Un senso «profetico» nei laici di Firenze di Arrigo Benedetti
Un senso «profetico» nei laici di Firenze Possono amministrare la città con La Pira Un senso «profetico» nei laici di Firenze (Dal nostro inviato speciale) Firenze, gennaio. Anche l'altra Firenze, laica, agnostica, come quella dei cattolici ardenti vuole essere in pari col tempo; quasi si direbbe che vi siano delle presenze profetiche agnostiche accanto alle carismatiche. Intorno al Ponte, la rivista clic Piero Calamandrei fondò, subito dopo la guerra, vi sono i superstiti d'una battaglia vinta sempre con l'illusione d'averla perduta. Enzo Enriques Agnolctti, vicesindaco, seguita a fare il notaio, ma, appena ha un giorno libero, scappa in montagna. I monti, — l'Abctonc, il Mugello, il Casentino, — furono il rifugio, per tanti anni, d'intellettuali fiorentini, che vi cercavano un senso di purezza di cui le città gli parevano prive. Andare in montagna ebbe un scuso morale prima d'acquistarne, dopo l'armistizio, uno militare. Sono memorabili le scampagnate di Pietro Pancrazi coi suoi amici; e non parlavano solo di letteratura. Oggi, Agnolctti sale sui monti per ragioni di salute. Gli undici mesi di Firenze occupata dai tedeschi per lui furono duri. C'è il peso del presente, (appartiene alla minoranza che ha di continuo l'amarezza d'avere apparentemente torto, mentre poi, nella prospettiva degli anni, risulta che aveva avuto ragione) e c'è il passato. La sorella, medaglia d'oro della Resistenza venne catturata dalla banda Carità^ tentarono di farle confes sare a scudisciate le tante cose che sapeva sul Cln, sulla divi sione Arno (di cui era coman dante il famoso Potente, morto sul campo i giorni dell'insurrezinne), sui Gap, sulle pubblicazioni clandestine. Tacque c mori. Carlo Ludovico Ragghiano, presidente del Comitato di liberazione, d'allora, sta in una villa posata su un declivio, di là da Careggi. E' uno studioso; meglio parlarne, in un breve sommario della cultura fiorentina oggi. Il senso dei tempi gli intellettuali di Firenze l'ebbero nel 1953, quando a Roma uomini per altro di democraticità inso spettata, vollero preparare una legge maggioritaria per le elezioni politiche del 7 giugno 1953, un metodo già sperimentato per le comunali e le provinciali: la « legge truffa », come si dice. Dopo il congresso di Bologna, i socialdemocratici si erano riuniti a Genova in un congresso straordinario. Tristano Codignola, oggi deputato socialista, propose il rifiuto del sistema maggioritario e l'apparentamento di alcuni partiti che ne derivava. Seguì un discorso di Calamandrei. Conclusione: entrambi si trovarono esclusi dal partito; per un attimo, forse, dubitarono di essersi tagliati fuori. Avevano, però, alle spalle, una città dotata di particolare sensibilità, nei momenti straordinari. Passata una notte al tavolino ad analizzare i risultati elettorali del '48 e delle ultime amministrative. Paolo Pavolini arrivò a una scoperta che l'esaltò. Albeggiava. La mattina presto, corse in piazza Indipendenza, alla «Nuova Italia» (casa editrice dal nome crociano) e sottopose a Codignola i risultati della sua analisi notturna. Due sere dopo, coloro che alle elezioni del 7 giugno non sarebbero stati eletti, ma che avrebbero impedito lo scatto della legge maggioritaria, — vi contribuì da destra Epicardio Corbino con una lista sua. — si riunirono in casa Calamandrei. C'erano tutti, mancava solo Agnolctti, in viaggio negli Stati Uniti. I calcoli di Pavolini risultarono subito convincenti: sarebbe bastato distrarre i voti marginali dei partiti ufficialmente favorevoli alla legge maggioritaria, c, mancando alla coalizione democristiana, socialdemocratica - liberale - repubblicana, il so70, non ci sarebbe stato il premio. In seguito, quando la notte tra l'8 c il 9 giugno, cominciarono ad arrivare i risultaci, molti di coloro che avevano accettato, sia pure senza slancio, la legge preparata da De Gaspcri e da Scclba (c che entrambi non fecero nulla d'illecito per fare scattare) capirono ch'era meglio un insuccesso a un successo, causa chissà di quali sviluppi. Durante la campagna elettorale, però, i laici fiorentini (quelli che in gran parte aderirono a Unità Popolare) diventarono dei missionari. Specie i più giovani percorsero l'Italia in bicicletta. Basti dite che l'intiera operazione costò appena quindici milioni. Enriques Agnoletti, intanto, era tornato, s'era unito a Codignola. Insieme, dettero prova d'una alacrità proprio come nel 1944, quando armavano le brigate, distribuivano passaporti falsi, giornali clandestini, muovendosi in bicicletta. Lo scrittore Antonio Delfini adcri c tenne a Viareggio un comizio. Dopo lo scioglimento del Sena¬ t to, aderirono Parri, Zanardi, Gaetano Picraccini. Organo del gruppo fu « La Nuova Repubblica », cui collaboravano Aldo Garosci, Paolo Vittorclli. Carlo Levi. Ora gli intellettuali fiorentini I aspettano l'occasione di nuove intuiziont. E' gente difficile. Per I esempio, quando sono in un par- j tito, hanno una linea a sé. Nell'ultima giunta, videro la possibilità d'un risanamento urbanistico. Esaminandolo, si capirà importanza dei risultati. Ora, c'è il rischio del commissario Le ipotesi essenziali sono due: socialdemocratici collaborano con la de c il psi, e La Pira resta. Per i bilanci, a giugno, — da approvare con la maggioranza assoluta, — si vedrà. I cattoici fidano nella provvidenza, i laici negli sviluppi ragionevoli della storia. Ipotesi numero due, una giunta pci-psi; però senza Mario Fabiani, il sindaco comunista succeduto al socialista Gaetano Picraccini nel 1946, c di cui i fiorentini serbano buon ricordo. Il seggiolone di La Pira in tal caso toccherebbe all'avvocato Lagorio, socialista moderato. Enriques Agnolctti, più congeniale alla città, sarebbe sacrificato alla politica che esige equilibri suoi. E i comunisti li accettano volentieri. La possibilità d'una giunta monocolore democristiana è remota. Molti la vagheggiano perche dei diciotto consiglieri de solo otto sono lapiriani sicuri, e gli altri sfumano verso destra; però conterebbe solo sui liberali. Provo citerebbe un sospiro di sollievo nei ceti signorili di cui il sarto marchese on. Emilio Pucci riassume gli ideali, e, nello stesso tempo, un moto d'opinioni nel vasto settore di sinistra. Il commissario diventerebbe necessario Io stesso con conseguenze imprevedibili nella città che ha il vanto d'essersi liberata da sé. prima che gli alleati arrivassero sui colli d'oltrarno, e che della sua autonomia municipale ha fatto un mito. « Venga il commissario », dice La Pira. I trucchi della provvidenza sono infiniti. Quando lo buttarono nel pozzo, i fratelli di Giuseppe non volevano il bene, ma Giuseppe venne trovato, condotto in Egitto, diventò ministro del Faraone per la fortuna d'Israele. Come dire: dal male può nascere il bene nella città guardata dal Cielo e che dalla fine del fascismo in poi ha imparato a fare da sé, a non fidarsi degli estranei. In caso di nuove elezioni, lo spirito profetico fiorentino, reli- gioso e agnostico, si farebbe sentire e ispirerebbe, suggerendo la strada giusta. La de, aggiungono tutti, — non La Pira che forse in quel frangente, resterebbe nella clinica di via Venezia a pregare, — perderebbe i voti di ventimila fiorentini finora rac cattati a Rifrcdi, in San Frcdia ,,o, nelle stradine pulite, misere. dignitosc, dove corrono 1 gatti, tra la bella via Tornabuoni e il bellissimo Lungarno Acciaioli: dovunque, il povero coltivi, senza imprecare, un'illusione. Arrigo Benedetti
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