Al processo della Sanità si parla di corruzione

Al processo della Sanità si parla di corruzione Al processo della Sanità si parla di corruzione Hanno deposto due impresari, accusati di aver messo un milione nella busta contenente i documenti per una gara d'appalto a a , (Nostro servizio particolare) Roma, 18 gennaio. Il dottor Giuseppe Meli è tornato questa mattina davanti al giudici del tribunale, in veste di testimone. Verso la fine dell'udienza è stato anche messo a confronto con un imputato, Davide Pompa, uno dei due fratelli rimasti coinvolti nel processo per lo scandalo dell'Istituto superiore di sanità. La seduta c cominciata con l'interrogatorio dei due fratelli Pompa, titolari di una ditta specializzata nell'arredamento di laboratori scientifici. Sono accusati di istigazione alla corruzione, per aver allegato un assegno di un milione ai documenti necessari per partecipare ad una gara d'appalto indetta dall'Istituto di sanità. Davide Pompa, il più anziano dei due fratelli, si è difeso raccontando la storia dell'assegno circolare della Banca Nazionale del Lavoro. rinviai all'ente la documentazione riguardante la gara — ha spiegato — da un fattorino. All'ultimo momento avevo sa puto che l'appalto ammontava a venti milioni. Ritenni perciò di allegare l'assegno di un mi lione a titolo di cauzione, pari al cinque per cento dell'impor to. L'assegno era intestato alla nostra ditta e non 'poteua es sere trasferito. Nel caso aves Simo vinto la gara, avremmo provveduto a girarlo all'ente Qualche tempo dopo mi telefonò il dottor Meli, capo della divisione forniture e contratti, il quale mi fece presente che nell'ente circolavano strane voci sul fatto dell'assegno; m disse che non era stata richiesta alcuna cauzione e quindi l'invio di quel milione poteva far sorgere sospetti e perplessità. Gli risposi che era assurdo pensare ad un tentativo di corruzione. Meli non si con vinse e m'invitò a devolvere il mitione alta Fondasione Pa terno. Ma io rifiutai ». Pietro Pompa ha press'a poco confer mato le dichiarazioni del fra tello. E' stato a questo punto che Meli è tornato sull'etnici ciò come testimone. «Per la storia dei fratelli Pompa. — ha dichiarato — de vo dire che io non ho mai so stenuto che la presenza del l'assegno nella busta conte nenie ì documenti dei Pompa costituisse un illecito penale ho solo affermato die si trattava di una irregolarità di ordine amministrativo ». Quanto al colloquio avuto con Davide Pompa, Meli ha detto: «Lo convocai per telefono e gl chiesi spiegazioni sulla presen■a dell'assegno nella busta Mi disse subito che sì tratta va di una cauzione. Gli fec presente che le cauzioni anda vano versate alla Tesoreria centrale dello Stato. Lo invi tal a scrivere una lettera al Istituto per sollecitare la re stituzione del milione; questo per far cessare le chiacchiere sul conto della sua ditta. Pom pa mi rispose che, per il mo mento, non poteva scrivere la lettera perché doveva sentire il parere di suo fratello Pie tro, che era a Montecatini. Allora gli dissi: "In questi giorni si stanno raccogliendo sot toscrizioni per la Fondazione Paterno: per far tacere i pet tegoli e per dar loro uno schiaffo morale versi l'assegno alla Fondazione " ». Poi è avvenuto il confronto tra Meli e Davide Pompa, dal quale non è uscito nulla nuovo. Alla fine dell'udienza il Tribunale ha deciso la cita zione dell'onorevole Messinet ti, comunista, che sul caso dell'Istituto presentò un'inter rogazione alla Camera. Il pio cesso continuerà domani. r. s

Persone citate: Davide Pompa, Giuseppe Meli, Meli

Luoghi citati: Montecatini, Roma