«A proposito di tutte queste signore» e «Il balcone» dalla commedia di Genet

«A proposito di tutte queste signore» e «Il balcone» dalla commedia di Genet SULLO SCHERMO «A proposito di tutte queste signore» e «Il balcone» dalla commedia di Genet (Romano) — Rivedendo A proposito di tutte queste... signore che con prudente elezione inaugurò dall'esterno, come «fuori concorso », l'ultima Mostra veneziana, si rinnova l'impressione di un prezioso fallimento della musa comica di Ingmar Bergman, quella musa che pur ci dette «Sorrisi di una notte d'estate» e «L'occhio del diavolo». Si direbbe che uscendo affumicato dalla sua lunga frequentazione con gl'inferni dell'uomo, il regista svedese abbia disimparato la semplice operazione del sorriso, e che il simbolismo di cui si è altrove caricato gli abbia giocato un pessimo scherzo sul terreno meno adatto. Perché è chiaro che un « riivertissement » deve in primo luogo divertire, e che soltanto dopo che avrà adempiuto (mesto ufficio, se ne potranno cercare i significati. Ora A proposito ecc. t": una mascherata boreale che non diverte altro che per qualche vecchio gag riesumato; e in quanto ai significati essi sono cosi vaghi contraddittori e riposti che anche i più volonterosi esegeti sonò giunti al ragionevole dubbio che non esistano. Introducendoci in persona del critico musicale Cornelius nell'edonistico sacrario di un «genio» (il violoncellista Felix, che non si mostra mai), e quello trasformando in un gineceo dove il critico s'impiglia senza giungere a conoscere del grande ospite che i più fatui riflessi, Bergman potrebbe rispondere di aver voluto appunto canzonare i critici che si danno da fare nella ricerca dei significati, e insieme allegorizzare in persona propria (Felix è lo stesso Bergman) la vanità dei creatori, la cui biografia veramente valida è soltanto quella delle opere. In più, tutte quelle donne che fanno corona al grande assente, esemplificato in altrettanti manichini, starebbe a significare l'esaltazione e al tempo slesso la dissoluzione dell'eterno femminino, giusta l'assioma che un film c tanto più antifemminista quanto più è pieno del gentil sesso. Con tanto autobiografismo al fuoco, o appunto per questo l'allegoria c oscura, la satira anemica; e la stessa tecnica di questo scherzo, imprestata quando da Clair, quando da Chaplin, quando da Resnais accusa frigidità. Si apprezza il colore trattato con squisi tezza oggettiva e qualche mo vimcnto farsesco riassunto dal repertorio del «muto »; ma ove non si trattasse, di Bergman un regista clic ha pieno diritto di riposare ogni tanto, il senso di un cinema nel vuoto trasparirebbe anche dall'opaca prestazione degli interpreti (Jarl Kulle, Harriet e Bibi An dersson, Eva Dnhlbeck, Karìn Kavli e altri) che eseguiscono perfettamente, ma senz'anima il faticoso esercizio. * * (Cristallo) — Dubbia e perigliosa trasposizione dell'omonima commedia di Jean Genet nel film II balcone, girato a Parigi dal regista americano Joseph Strici: e presentato nel settembre scorso a Venezia, fuori Mostra; un acre apologo di sapore brechtiano che sullo schermo ha fatalmente subito storture e contaminazioni varie, atte a sconcertare lo spettatore clic non voglia prenderla in ridere. In una città ideale, dove è scopi,iota la rivoluzione, non i rimasto ritto che « il Balcone, un bordello ultramoderno, con tv a circuito chiuso e contabilità elettronica, dove le ragazze non vendono soltanto amore, ma in grazio d'un congruo apparato scenografico, anche sogni e illusioni, ili cui specialmente approfittano un impiegato del gas. un lattaio e un compii Usta. Volendo riassoggettarsi la città, il capo della polizia Giorgio chiede a Irma, la direttrice della «casa», di presentarsi al popolo camuffata da regina. -Volt acconsente la donna, ma propone che tre ospiti, i quali nelle rispettive camere stanno recitando le parti del vescovo, del genera¬ tsscscmvltocfnbsdanscdsto -|je e del giudice, scendano hi . e e è e a e o o e o piazza in vece sua; e quelli accettano e prendono tanto gusto alla simulazione del potere, che non vogliono più abr bandonare la loro mascherata, neppure sotto la minaccia della rivoltella di Giorgio, che del resto è finta. Ed ecco Roger, il capo rivoluzionario, che vuole a sua volta mascherarsi da capo della polizia per provare l'illusione di aver vinto; Giorgio s'oppone, i due s'azzuffano ma per ordine di Irma vengono divisi e nudi come bruchi gettati in mezzo alla strada. toli si rida troppo, ammoni sce la stessa Irma (non ci pen siamo nemmeno), perché ancìie noi, senza le nostre illu sioni e bugie, saremmo nudi come quei due. Insomma lusuria e prepotenza fanno l'uomo; e il resto è maschera, sovrastruttura. La fiammante insolenza dell'originale è perduta nell'adattamento cinematografico che oscura i simboli a favore delle crude apparenze. E ne viene fuori meglio l'urtante sconvenienza delle situazioni e delle battute, la quale non deve più sembrar tale ai censori quando è ancorata, o sembra, ad ambizioni ideologiche. Alternando interni di teatro e esterni di documentario, con bruschi salti di linguaggio. Il balcone ?ioii si è però cosi allontanato dalla commedia da perdere ogni traccia di vigore e di sarcasmo. Di molte spanne superiore ai suoi mediocri compagni (Peter Fall:, Leo Grant, Rubi/ Dee) la malcapitata Shelley Winters nella parte della tenutaria. 1. p.

Luoghi citati: Parigi, Venezia