Condannato a 5 anni il giovane che sparò senza motivo al tassista che lo portava a casa

Condannato a 5 anni il giovane che sparò senza motivo al tassista che lo portava a casa li drammatico episodio a Gollegno nel marzo del 1963 Condannato a 5 anni il giovane che sparò senza motivo al tassista che lo portava a casa Alla Corte d'Assise di Torino - La vittima, ferita al capo, riportò lesioni permanenti all'udito e alla favella - L'imputato, un operaio di 23 anni, riconosciuto seminfermo di mente - Dovrà scontare anche un anno di casa di cura o o a a o a i a e e La Corte d'Assise di Torino (pres. Moscone, p.m. Amore, cane. Santostefano) si è riaperta ieri con il processo contro Albino Crose, 23 anni, nato a La Valle (Belluno) e residente nella nostra città, piastrellista. Il Crose era imputato di un delitto assurdo e inspiegabile: all'alba del 3 marzo 1963, dopo aver accompagnato a casa in taxi una bal- erina di night club, sparò un colpo di pistola alla testa del- 'autista Antonino Bono, 35 anni, via Vigone 35, ferendolo gravemente. Il proiettile trapassò la mandibola del Bono e gli uscì poco sotto la tempia destra. Dopo più di tre mesi di degenza all'ospedale l'autista fu dimesso, clinicamente guarito, ma con un indebolimento permanente nell'udito e con difficoltà nella favella. Perché il Crose ha sparato? E' strano, ma non si conosce il movente dì questo tentato omicidio. Il giovane, interrogato dal giudice, ha detto: «Ho sentito improvviso e prepotente il bisogno di far del male a quello sconosciuto, ma ancora adesso non capisco perché ho sparato ». Una crisi di pazzia è dunque alla base del sanguinoso fatto? I periti, prof. Portigliatti e dott. Gallina, hanno ritenuto possibile, nel loro giudizio, che il Crose non fosse del tutto sano di mente, ma non sono stati in grado, nonostan te le più attente osservazioni, di diagnosticare la vera malattia dello sconcertante soggetto. La figura dell'imputato lascia perplessi. Un volto magro, un naso affilato sul quale posano grandi occhiali, un'incipiente calvizie, un aspetto dimesso e striminzito: dimo stra almeno dieci anni di più. Presidente — Perché ha sparato all'autista? Crose — Non lo so, non ho mai fatto del male a nessuno Ho sempre lavorato come piastrellista e guadagnavo bene In un primo tempo era stata prospettata anche l'ipotesi della rapina, ma poi la stessa accusa l'abbandonò. Crose non rubò nulla, non lo tentò nemmeno. Sparò, scese tranquillamente dal taxi e si allontanò a piedi. Arrestato due giorni dopo, immediatamente confessò: «Sì, sono stato io. La pistola è su in soffitta». Presidente — Lei frequenta va abitualmente i night clubs.» Crose — Andavo qualche voi ta al « Columbia »: avevo una amica che lavorava là. Quella notte, con il taxi, accompagnai a casa un'altra ragazza, una ballerina, e poi ini feci portare verso Collegno, senza una meta. Non ricordo assoluta mente cosa sia successo. Presidente — Mi parli un po' della pistola. E' un'arma da guerra, una « P 38 » calibro 9 lungo, piuttosto voluminosa. Crose — L'avevo comprata a Porta Palazzo, perché mi avevano picchiato e minaccia to. La sera, qualche volta, me la infilavo nella cintola. L'autista Bono, che si è co stituito parte civile con il pa trocinio dell'avv Guidi, dice « Fui chiamato dal "Columbia" e portai l'imputato, che era in compagnia di una ragazza, fino in via Nizza 348. Entrambi mi parvero del tutto normali e tranquilli. In via Nizza si salutarono e la donna rin caso. Allora il Crose proseguì la corsa e, cambiando tre o quattro volte direzione, si fece condurre fino a Collegno, in una strada senza sbocco. In seguito seppi che si chiamava via Podgora. Mentre guardavo il tassametro, senza una parola, il Crose sparò. Sentii un gran colpo alla testa e, prima di perdere i sensi, trovai la forza di guidare fino in corso Francia, con una mano premuta sul clacson ». La ballerina di night club, Gisella Amato, racconta: «Conobbi il Crose quella stessa sera. Si offrì di accompagnarmi a casa in taxi e accettai. Voleva salire da me, ma non glie lo permisi. Non insistette; piuttosto si lamentò, dicendomi che aveva paura a tornare a casa da solo ». Altri testimoni, compagni di lavoro e conoscenti, descrivono il Crose come un ottimo lavoratore: « .Era soltanto un po' scontroso e talvolta aveva reazioni rabbiose, sempre soltanto a parole ». Il p. m. dott. Amore non ritiene che la perizia psichiatrica affermi decisamente anche solo la parziale infermità dell'imputato e chiede 11 anni di reclusione per il tentato omicidio e 7 mesi di arresto per la detenzione ed il porto abusivo di arma da fuoco. La difesa, avv. Chiusano e Zancan, dopo aver prospetta¬ tinsdfhpudszlCl11lscAlCtdoddnspètdgd to la tesi delle lesioni gravi, insiste sulla malattia del Crose: «I periti non hanno creduto di poter classificare l'infermità dell'imputato, non ci hanno detto, cioè, se è uno psicopatico, un neurotico o uno schizofrenico, pur propendendo per quest'ultima ipotesi. Ma hanno affermato, senza possibilità di dubbio, che la malattia mentale esiste». La Corte, concedendo al Crose la seminfermità mentale e le attenuanti generiche, 10 ha condannato a 'ó anni per 11 tentato omicidio, 5 mesi per la detenzione e il porto abusivo della pistola, 1 anno di casa di cura. g. a. Albino Crose al banco degli imputati ieri a Torino Antonino Bono, il tassista gravemente ferito dal Crose, ieri durante il processo in Corte d'Assise a Torino

Luoghi citati: Belluno, Collegno, Columbia, Torino