Perché l'economia inglese soffre e i laburisti non l'hanno guarita di Alberto Ronchey

Perché l'economia inglese soffre e i laburisti non l'hanno guarita UN BILANCIO PROVVISORIO DOPO TRE MESI DI GOVERNO WILSON Perché l'economia inglese soffre e i laburisti non l'hanno guarita I socialisti hanno ereditato una situazione pesante nel momento più difficile; presi alla gola, l'hanno peggiorata con discutibili misure -1 provvedimenti deflazionistici rallentano gli affari ; l'annuncio di riforme, per il momento irrealizzabili, scoraggia gli imprenditori -1 prezzi continuano a salire e la sterlina attraversa la crisi più grave del dopoguerra - Non bastano le misure finanziarie per un rilancio : occorre che l'intero sistema economico, stagnante da anni, accresca la produzione senza aumentare i costi (Dal nostro inviato speciale) Londra, gennaio. Da tre mesi ormai i laburisti governano la. Gran Bretagna. Questa doveva essere la volta buona, l'inizio di un'era. In tutta la sua storia, il Labour Party non aveva mai avuto fortuna al potere: né con MacDonald nel '«k e nel '29-'31 (gli anni della grande crisi) né per molti versi con Attico dopo l'ultima guerra, fra le rovine del sistema imperiale. Ma l'avvio, ancora una volta, è stato sfortunato, secondo la tradizione. Dietro a Wilson c'è un rispettabile « trust dei cervelli» (economisti di Oxford, premi Nobel per la fisica, tecnologi agguerriti) che ha meditato a lungo, per tredici anni, sugli errori del dopoguerra; ma oggi i brillanti piani di trasformazione strutturale devono aspettare. « E' impossibile — dice Wilson — aggiustare un tetto che fa acqua mentre dura il temporale ». Vo!ei;nno aggiustare il tetto, ma per ora devono aprire l'ombrello. Da molte settimane piove senza misericordia sulla sterlina. Aumentano i prezzi, sia dei supermarkets che del piccolo commerciante della High Street. Aumentano gli affitti e le tariffe ferroviarie. Wilson ha ereditato una economia debole nel momento più sfavorevole, ma già c'è chi dice: « Quant'era bello il laburismo sotto i conservatori ». «Passerà, è questione di tempo », mi dicono alla Congress House, sedo centrale delle Trade Unions. In Upper Belgrave gli economisti indipendenti dell'istituto di ricerca « Politicai and Economie Planning» non nascondono invece il loro scetticismo. Nel salone della Borsa di Londra, sui quattro pannelli indicatori del tasso di sconto della Banca d'Inghilterra, spicca dal 23 novembre il numero sette (sette per cento), simbolo di deflazione; gli schermi translux comunicano dati scoraggianti sulle società finanziarie. Alla Borsa sono nervosi, tutta la City è nervosa. « Anche la rivoluzione fiscale annunciata da Wilson — dicono gli agenti di cambio — ha distolto il capitale ». Nicholas Davcnport, l'au- tare di The Split Society, Sia collaboratore di Lord Keynes, mi elenca con distacco equanime una serie di atti del governo che possono essere considerati oggettivamente < errori tecnici», anche se un giovane redattore deff'Economist osserva: < Ma Wilson è stato preso alla gola! ». Pare una fatalità che la sinistra europea, ancorché liberale, quando arriva al governo commetta sempre errori tecnici o venga presa sempre alla gola. Il 15 ottobre il partito laburista vinse le elezioni con soli quattro seggi di maggioranza alla Cambra dei Comuni. L'evento non ebbe una grande eco, anche perché in quelle stesse ore Kruscev cadeva a Mosca e i cinesi facevano esplodere la loro prima bomba atomica. Subito dopo per Wilson cominciarono i guai, che invece furono clamorosi. La crisi valutaria, sotto molti aspetti, fu una bomba a scoppio ritardato, anche se ora l'entità del danno Ita superato le previsioni. I conservatori s'erano guardati dal prendere misure tempestive ma impopolari sotto le elezioni, nonostante la prospettiva di un deficit di settecento miiioni di sterline nella bilancia dei pagamenti del '61f. L'ha ammesso, non senza cinismo, lo stesso ex cancelliere dello Scacchiere, Maudling. Da parte sua, Harold Wilson decise il temporaneo aumento delle tariffe doganali sulle importazioni industriali nella misura del 15 per cento, senza nemmeno consultare i partriers dell'Efta e suscitando nel mondo un coro di proteste (e adesso, come afferma il presidente dell'Imperiai Chemical, se il 15 per cento riduce le importazio ni, l'ira altrui può ridurre anche le esportazioni inglesi). All'interno, Wilson voleva conquistarsi il favore dei sindacati per ottenere il controllo dei salari, chiave della pianificazione. Annunciò alcune misure di Welfare, ossia nuove spese per le pensioni, i disoccupati e l'assistenza sanitaria; annunciò pure, ma senza dettagli, che in primavera avrebbe modificato il sistema fiscale (fra l'altro le imposte sulle società e i guadagni di capitale). Tutto questo, insieme con la conferma delle nazionalizzazioni dell'acciaio e delle aree fabbricabili spaventò il business, mentre una soprattassa sui carbu ranti molestava il com mercio, E' quasi una legge biologica, oltre che economica i conservafori lasciano eredità pesanti (anzitutto squi libri strutturali), la sinistra spaventa, la moneta perde quota. A metà novembre, la « vecchia signora di Threadneedle Street» (la Banca d'Inghilterra) ha conosciuto giorni che peggiori non potevano essere. Il tasso di sconto è stato elevato dal cinque al sette per cento: è toccato ai laburisti (come in Italia al governo Moro) prendere in mano la clava deflazionistica. Il prezzo dell'oro era già al livello più alto dopo la crisi dei missi- o è l o a a a e i a ; i e li cubani: per la sterlina è stata la crisi più grave del dopoguerra. Le crisi della sterlina non riflettono solo le condizioni della bilancia dei pagamenti e dell'economia intern'i, bensì anche il peso della posizione di prestigio che tale moneta occupa nel mondo. Poiché dopo il dollaro è tuttora la divisa più usata dalla finanza e dal commercio mondiale, ogni difficoltà della sterlina è aggravata da una corsa generale e precipitosa a vendere. Del resto è la legge del banking, inventata dagli inglesi: basta il sospetto d'insolvibilità a rovinare la ditta. Ma la ditta, come tutti sanno, non è andata in rovina, poiché Wilson ha ottenuto un pronto soccorso di tre miliardi di dollari da 13 banche di undici paesi e ha utilizzato il soccorso di un miliardo di dollari già concesso dal Fondo monetario internazionale. Oggi la sterlina laburista è ancora malata (la pressione non cessa sui mercati di New York, Zurigo, Francoforte), ma la malattia è sotto controllo a forza di dollari. Vi è pure chi pensa alla svalutazione (una «scuola» di economisti teorizza da tempo su tale problema); e tuttavia se salta la sterlina salta anche il dollaro, come dicono alla City: dunque dietro le spalle di Wilson c'ù l'America, che continuerà a soccorrere il governo laburista fino a quando le misure a tutela della bilancia dei pagamenti avranno dato risultati apprezzabili. Nell'attesa che spiova, restano dinanzi ai laburisti i problemi di fondo: i dati della crisi strutturale, che sono alla base essenziale degli eventi. Non ci sono i mezzi per affrontarli, il governo per ora continua a sfitdiarli e la stampa a riassumerli. Nell'ultimo decennio, la Gran Bretagna ha avuto un tasso d'aumento annuo del prodotto lordo non superiore alta media del 2,4 per cento, la più bassa dell'Occidente. Del resto se l'economia fosse stata dinamica, il Labour Party non avrebbe vinto. Finora l'Inghilterra è stata una Stagnant society, secondo il titolo del celebre best-seller di Michael Shank, anche se stagnante ad alto livello. Le strutture economiche inglesi devono ancora convertirsi — com'è stato detto — « dalla fase imperiale dei mercati protetti alla fase competitiva ». Tale processo non s'è compiuto, così come è mancato un lungo boom, sia al modo europeo che al modo americano. La scarsa competitività è tanto più grave in quanto quella britannica è un'economia « di trasformazione pura »: il paese importa metà dei generi alimentari che consuma e tutte le materie prime tranne il carbone; l'agricoltura offre appena il !,,2 per cento del prodotto nazionale lordo ed è ridotta al minimo, anche se altamente meccanizzata. Anzitutto per nutrirsi, gli inglesi devono esportare manufatti; e se l'industria non è competitiva, l'economia oscilla fra inflazione e deflazione: ora il pareggio degli, scambi con l'estero viene ottenuto comprimendo lo sviluppo e i consumi, ora l'espansione porta con sé effetti inflazionistici. E' come un passo di danza: gl'inglesi lo chiamano «stop and go». Negli ultimi anni di governo tory, attraverso quattro successivi cancellieri dello Scacchiere, la Gran Bretagna ha oscillato fra deflazione con Thorneycroft e inflazione con Amory, ancora deflazione con Selwyn Lloyd e di nuovo inflazione con Maudling. I laburisti cercano la pietra filosofale: ottenere lo sviluppo senza inflazione. In condizioni analoghe, sotto certi aspetti, il governo Moro in Italia cerca la stessa cosa; in condizioni diverse, negli Stati Uniti Lyndon Johnson ha trovato lo sviluppo senza inflazione. La prima regola per venirne a capo è che i sindacati accettino una pianificazione dei salari, e anzitutto il principio che gli aumenti salariali non superino gli aumenti della produttività: senza di che la scarsità dei profitti genera la stasi nel rinnovamento degli impianti. Un altro presupposto, legato al primo, è che il business privato accetti da parte sua il controllo sull'uso dei profitti (fra l'altro, un piano globale sull'ordine di priorità degli investimenti) e la sorveglianza sui prezzi. I conservatori avevano tentato di indurre le Tradc Unions su questa via; ma i sindacati non si fidavano dei tories, così come la City non si fida dei laburisti: il problema della « fiducia » è dop¬ pio nell'economia moderna. Il mondo operaio può cedere sul terreno delle rivendicazioni immediate, se davvero è immaginabile che ceda, solo quando si sente rappresentato dal potere politico e vede in ogni caso svolgersi sotto i suoi occhi una rivoluzione tecnologica che incute rispetto, come quella in corso negli Stati Uniti. Ora i laburisti sembrano sulla via di riuscire, sia pure a scadenza differita. Almeno in questo sono favoriti rispetto ai conservatori. Il 1S dicembre il ministro dell'Economia, George Brown, ha ottenuto che sindacati operai e industriali firmassero una < dichiarazione d'intenzioni :» vincotanfe al controllo di salari, profitti e prezzi. Brown ha definito quel documento un fatto storico; l'enunciazione di principi, tuttavia, deve essere confortata dai fatti. Per ora, lo stesso Brown ha dovuto incitare manifatturieri e commercianti a spiegare perché nelle ultime settimane sono saliti 3200 prezzi dei generi di largo consumo; gli imputati accampano il pretesto che in ottobre il governo impose la sovrattassa di sei pence per o.ani gallone di carburante (ma non c'è proporzione fra la causa e gli effetti), o citano gli ultimi aumenti salariali ricominciando da capo con la questione dell'uovo e della gallina, nonché i prossimi aumenti degli oneri assistenziali, anche se andranno in vigore solo in aprile, e i costi presenti e futuri delle materie prime. E' chiaro che il business s'è messo in corsa per aumentare i prezzi prima che venga insediato il Price and Income Review Board, mentre la dichiarazione d'intenzioni è ancora del tutto « senza denti ». Afa è pure chiaro che se il governo non riuscirà a vincere la vischiosità dei prezzi, i sindacati diranno addio a George Brown. Senza un clima di prestigio per il governo laburista, sarà difficile ottenere dai sindacati anche il ripudio delle pratiche restrittive eh* scoraggiano il capitale, la rinuncia al bizantinismo litigioso che costringe per esempio la, Ford di Dagenham a trattare nella stessa fabbrica con 21 leghe, o l'abbandono dei veti al lavoro straordinario che hanno provocato la orisi dei porti, congestionati e paralizzati aal venerdì al lunedì. Vi è poi chi sostiene (come l'Economist), che sm davvero Wilson vuole un'economia dinamica, deve incidere sullo stesso « caratter» britannico ». Ma questo è un discorso meno specifico. Rimane vero che l'impresa di restituire velocità allo sviluppo, concepita dai laburisti, urta contro innumerevoli difficoltà: dalla crisi della sterlina alla tensione dei prezzi interni, alla psicologia del business e agU stessi costumi della class0 operaia. L'economia britannica è stata paragonata m Gulliver in Lilliput, legato da centinaia di funi, che tutte insieme risultano più forti d'una catena. Alberto Ronchey