Studentesse americane a Firenze di Laura Lilli

Studentesse americane a Firenze OLTREOCEANO HANNO "RISCOPERTO,, LA CULTURA UMANISTICA EUROPEA Studentesse americane a Firenze Vengono per perfezionarsi, prima e dopo la laurea - Uno sguardo basta a riconoscerle - Camminano malsicure sui tacchi alti, l'occhio un po' malinconico e carico di determinazione, perdute in un loro sogno - Soltanto poche, le giovanissime in collegio a Poggio Imperiale o a Villa Mercedes, appartengono a famiglie ricche, e appaiono a volte frivole e spensierate - Un'intera classe trasportata di peso dalla California ad una casa di Barnabiti sui colli toscani . Villa Schifanoia: nei maestosi giardini all'italiana si studia solo pittura, scultura e musica (Nostro servizio particolare) Firenze, gennaio. Le vacanze sono finite, e le ragazze americane stanno rientrando. Lunedì ricominceranno a studiare. Già se ne incontrano in giro per la città: sono inconfondibili. Hanno, di solito, fra i diciannove e i ventun aiini: le guance rosse, lo sguardo acceso, infantilmente avido di esperienze, « intellettuali » o c sociali » che siano. Camminano malsicure, sui tacchi alti — in Atalia se li mettono, di puntiglio, così come appaiono sempre fresche di parrucchiere, e rigide negli abiti troppo « formali ». Per la maggior parte sono junior al college, frequentando cioè il terzo anno. Ma ce ne sono anche di meno giovani: laureate da un pezzo, o donne che non hanno fatto studi regolari, e all'improvviso hanno scoperto in se stesse una vocazione artistica per la quale hanno abbandonato ogni. cosa. Anche esse si riconoscono dal vestire, dallo sguardo, dall'andatura Sonò trasandate, l'occhio malinconico e insieme carico di determinazione. Camminano rapide ma con pesantezza, leggermente curve in avanti, come perdute dietro il loro sogno: diventeranno pittrici, cantanti — o professoresse di lingua. In genere sono povere. Viuono di una borsa di studio, o dei risparmi di qualche anno d'insegnamento. I loro luoghi sono le biblioteche, i musei; e passano anche ore sulle colline, a fissare il paesaggio. Assai più frivole — e molto più ricche — sono le giovanissime, in collegio a Poggio Imperiale, o a Villa Mercedes, per istruirsi nelle lingue, nel disegno e soprat- tutto nelle buone maniere. Gli Uffizi e le porte del Ghiberti non le interessano, ma via Tornabuoni la conoscono metro per metro; e vi passeggiano a piccoli gruppi, spesso a braccetto. Oltre ai suoi dodicimila universitari, Firenze ospita ogni anno circa duemila studenti stranieri. Di questi, quattrocento almeno sono ragazze americane. Esse costituiscono una categoria a parte: la più numerosa, forse; certo quella di tradizione più solida e antica. Fin dal secolo scorso Firenze è la Ojsford, o la Cambridge, delle ragazze anglosassoni: il sigillo di una educazione elaborata e costosa. Nell'Ottocento la società considerava le arti come un fatto aggraziato e femminile: e Firenze, con la sua radiazione rinascimentale, era l'ideale per ingentilire le sportive ereditiere inglesi ed americane. Qui, inoltre, avrebbero fraquentato un'aristocrazia fra le più intelligenti del vecchio continente. In principio le famiglie ce le mandavano, ogniuia per conto suo, da parenti o da amici — come la «ragazza* di Henry James. In seguito, un poco per colla, nacquero le flnishing schools, le «scuole in cui ci si affina»: Poggio Imperiale — che però è italiana — è forse la più famosa. Negli anni Trenta del nostro secolo Smith College, il più ricco e importante college americano femminile, modernizzò questa tradizione, inserendola in un preciso quadro accademico. Per le studentesse del terzo anno che già parlassero italiano, diede vita al suo « terzo anno in Italia ». Le ragazze venivano ospitate da famiglie fiorentine, e intanto frequentavano i corsi all'università: alcuni «regolari», altri, di letteratura e storia dell'arte, tenuti apposta per loro. Ma non erano mai più di Quindici, venti all'anno: il programma di Smith rimaneva un fatto di élite. Con la società di massa, la tradizione «fiorentina» si è allargata ad un numero sempre maggiore di studentesse e di istituzioni: e il suo livello accademico si è ancora innalzato. Ora ci sono perfino delle scuole di specializzazione postuniversitaria: come quella di Middlebury, che ospita ogni anno una trentina di future professoresse di italiano; e, per le arti. Villa Schifajioia Nei tardi anni Cinquanta l'America si apriva improvvisamente all'Europa, cosi come l'Europa, nel dopoguerra, si era aperta all'America. Il nuovo mondo si era accorto di non potere fare a meno di quello vecchio. Si riscoprivaiio i valori della cultura umanistica, prettamente europea, a scapito di quelli tecnici; si studiavano le lingue. Le istituzioni accademiche tendevano a mettere un piede in Europa. Aprirono succursali in Germania, in Francia — alcune si spinsero fino in Oriente. E soprattutto vennero a Firenze. Nel 'SS la Syracuse University diede tnizio a un programma per due gruppi annuali di cinquantasei studenti; nel '60 seguì Stanford (due gruppi annuali di ottanta studenti); nel '63 l'università cattolica Gonzaga 'due gruppi annuali di centoventi); e così via, a decine. Anche ì ragazzi ora sono ammessi;.ma, con l'eccezione di Stanford, che li manda in numero pari, le ragazze continuano ad essere la stragrande maggioranza. Naturalmente conducono vita diversissima, a seconda dei metodi è degli obbiettivi delle varie istituzioni. Stanford, per esempio, è una specie di campus trasportato di peso, dalla California, in una villa di Barnabiti sui colli fiorentini: vi si studiano l'italiano e la storia europea, ma vi si fa la stessa vita in comune del college. L'università si preoccupa che gli studenti, pur venendo «esposti» all'Europa, non perdano l'anno. Questo preme anche a Syracuse: che tuttavia punta anche sul contatto con l'Italia di oggi e con le sue strutture sociali: le ragazze sono fatte alloggiare presso famiglie fiorentine, e si ha cura di cambiarle dopo due mesi. Esse passano così dalle ville sui poggi alle case operaie, agli appartamenti scuri c meticolosamente spolverati delle signorine decadute. Quanto a Villa Schifanoia, bastano l'alterigia e l'eleganza del nome a descriverla. Si trova su un poggio; la parte centrale del parco che la circonda è costituita da giardini all'italiana, digradanti, maestosi come quelli di Versailles. Qui si studiano solo pittura, scultura, musica. Nel parco si incontrano « le artiste al lavoro »; a tratti arrivano le note del pianoforte, e i gorgheggi dei soprani. La villa appartiene a monache benedettine; sono anche esse elegantissime e colte, si muovono leggere lungo i tappeti, puntano l'indice bianco a mostrare il soffitto moresco importato dall'Andalusia o il Murillo del salotto-parlatorio. C'è un tono fra l'aulico e il sacro — non si capisce se per via delle monache, o del Murillo — o di futf'e due: una delle monache si chiama suor Giotto. Fuori di Villa Schifanoia l'esperienza delle ragazze americane è probabilmente meno aulica e meno sacra, ma non meno intensa. « Ognuna di noi è tornata a casa migliore americana », ha commentato una studentessa di Stanford alla fine del viaggio. E per un americano è dire tutto. Quasi. Laura Lilli Studentesse americane della Villa Schifanoia a passeggio per il giardino. Sul fondo le colline di Fiesole