Anche Lutero diventa un fantoccio nel teatro di Osborne, l'«arrabbiato» di Francesco Bernardelli

Anche Lutero diventa un fantoccio nel teatro di Osborne, l'«arrabbiato» Anche Lutero diventa un fantoccio nel teatro di Osborne, l'«arrabbiato» Sulla disperazione assoluta e nichilistica è difficile costruire un dramma L'atteggiamento che ha dato celebrità e successo a John Osborne, giovane drammaturgo inglese, è quello dell'arrabbiato. Di scrittori che si siano rivoltati contro la società del loro tempo sono fitte le storie: ribelli, poetes maudits, gente che non poteva più sopportare mode, costumi, tradizioni, psicologie, Istituzioni, moralità, linguaggio, e l'atmosfera stessa di un mondo invecchiato. Ma il mondo è sempre invecchiato, e vecchio, per quelli che sono appena nati. Comunque il rancore, da Cecco Angiolieri ai romantici alla < scapigliatura > a Lautréamont a Rlmbaud, da Byron a Strindberg, agli scrittori dell'Acerba è, sulla vena dell'istintivo anticonformismo giovanile, uno dei momenti più sinceri e più falsi dello spirito umano. Niente dunque di particolarmente nuovo, nulla di davvero originale e sorprendente nel teatro di Osborne. Ma originale e sorprendente nell'arte è sempre e soltanto il modo di esprimere questo o quello stato di coscienza: e ciò che può distinguere Angiolieri da Odborne non è 11 loro contenuto ma la loro forma, l'arte e la poesia, raggiunte o no. Il rancore contro tutti ha già assunto nei nostri giovani anarchici un carattere preciso e riconoscibile, Impuntatura irrazionale della nevrastenia, Ira e compiacimento nell'ira, minuziosa ricerca dell'odio e Insistenti provocazioni all'odio; per l'appunto l'arrabbiatura. La quale, cosi fatua, è poi anche inguaribile perché si accresce di se stessa; è uno sdoppiamento futile, è l'uomo che inveisce contro gli altri perché il suo io segreto gli è antipatico. Con costoro è inutile essere concilianti, dolci, arrendevoli, l'arrabbiato non ce l'ha con la moglie, con l'amante, col figlio, col padre col re o con 11 facchino; far rabbìato ce l'ha con se stes so, e poiché l'oggetto del suo male se lo porta con sé, nel profondo della sua miseria morale, e' non può liberarse ne mai, cosi l'arrabbiato ap pare bensì minaccioso ma non è che un poveraccio un Impotente. Un poveraccio; e non è dif fieli» discernere nel groviglio una specie dì patetica paura della vita, e un'acre Invocazione all'impossibile pace. La condizione umana di Osborne appare chiara nel suo pezzo non diclamo più bello, ma più caratteristico: quel Ricorda con rabbia che lo ha reso rapidamente famoso (rappresentato pure in Italia) e che inizia il suo volume Teatro, pubblicato ora da Einaudi. Tra altri drammi il libro comprende anche L'istrione (The Entertainer), che interpretato da Laurence Olivier ebbe grandissimo successo, e 11 Lutero che ha sollevato polemiche e discussioni. Il protagonista di Ricorda con rabbia, Jimmy Porter, è tratteggiato con finezza penetrante e acerba, è un personaggio che modula sulle sue piaghe un dolore assurdo Non tanto lo caratterizzano le invettive volgari, la violenza turpe della parola quanto il soffocante delirio Interiore e la pessima, bassa rettorica del comportamento e di un discorso-confessione che straripa e non riesce tuttavia a giustificarlo mai (come egli invece vorrebbe). Perciò Jimmy Porter, anzi che uno scardlnatore del mondo si rivela un infelice che non sa governare neppu re se stesso e affoga nella banalità; è un ammalato tri ste e sadico che soltanto torturando la moglie si placa. E la moglie ci sta, perché, anche lei, di quelle torture non può fare a meno. Il ne vropatico Jimmy, nel sordido appartamentino che è poi per lui tutto 11 mondo (il mondo mostruoso e infinito ch'egli vorrebbe sovvertire) soffre orribilmente, e fa ricadere sugli altri la sua sofferenza antica. Certe scene con la moglie, la soave Alison, non sono che un lungo sproloquio di ingiurie e di crudeltà: egli butta sterco In faccia alla moglie: e ci gode e ne patisce fino allo spasimo. La poveretta resiste come può, anche il comune amico Cliff resiste, ma di queste cose si può morire, snervati tediati impazziti. E la commedia stilla a goccia a goccia su questa immobile, tetra, oscena disperazione. Orbene, non si può rinfac- [ ciare a Osborno la materia che si è scelta: ogni scrittore può scegliersi ciò che vuole. Non è quel viscido, quella violenza a incantarci 0 a Irritarci. Ma ci lascia perplessi la considerazione che il mondo morale di Osborne, che 1 suoi personaggi e 1 loro stati d'animo sono assolutamente negativi, e che la celebrata arrabbiatura ne segna esattamente il limite, così svuotata subito, cosi vana e inconcludente: un'abiezione che si affloscia, si ripiega e si Impantana nella goffaggine acidula delle sevizie senza domani. L'arrabbiatura, con la sua patologia e irresponsabilità, ci par proprio la manifestazione umana che meno di ogni altra può fare dramma. Che rappresenti con spirito, brio, accortezza scenica il personaggio assurdo dell'Istrione, questo fallito del Varietà che trascina o vorrebbe trascinare nella sua frivola rovina il mondo Intero, o abbozzi la tragedia intima di Lutero convogliando in pagine strambe, e qua e là suggestive, fatti volgarmente fisiologici e turbamenti religiosi, Osborne si ritrova pur sempre, sul punto della scelta drammatica, sarcastico e infatuato, aggressivo e rinunciatario, con una specie di fantoccio tra le mani; fantoccio di cui avvertiamo bensì la furibonda e sommessa rivolta, ma anche l'incapacità di sopportazione e maturazione tragica. L'arrabbiatura è un modo di vomitare l'anima e il cuore, nauseosa poltiglia: e senza anima, senza cuore, il dramma, chi lo fa? Queste impressioni non vogliono soltanto denunciare una carenza drammatica, ma sottolineare le sottigliezze di una psicologia sensibile e delicata. Delicata tra tante villanie; accenno poetico, che, anche in Osborne, e forse suo malgrado, si può. trovare. Il furore di Jimmy si frantuma e svapora nel martirio soave di Alison; orrenda tenerezza, e la buona moglie alza 11 viso verso di lui. Brutta, stupida, ridicola, povera e cara Alison, che importa. E' questo che Jimmy voleva da lei. *Non vedit Ci sono, alla fine, nel fango! Mi ci sto rotolando, ci striscio dentro! Oh Dio... ». E la buona moglie crolla ai piedi del torturatore amato. I drammi di Osborne tendono a specchiare In una specie di tinta unica, tra i balenanti strali e le satire pittoresche, sotterranee .psicologie. Si odono strappi di voci laceranti, rifulge una vaga intuizione tragica che attrae, sgomenta e tosto si dissolve. Manca a questo scrittore violento l'energia di ripudiare 11 proprio mondo, di cancellarne l'intima delusione: ma dalle sue atrocità traspare tuttavia la figura Incompiuta e ripudiata di un poeta sentimentale, di una mal repressa nostalgia. Francesco Bernardelli

Persone citate: Cecco Angiolieri, Einaudi, Jimmy Porter, John Osborne, Laurence Olivier, Lutero, Strindberg

Luoghi citati: Italia