Perché uno scalatore conquista un «8000»? di Carlo Moriondo

Perché uno scalatore conquista un «8000»? Perché uno scalatore conquista un «8000»? La penultima volta che abbiamo sentito parlare di Mario Fantin, questo straordinario tipo di bolognese .fotografocineasta-scrittore di cose di montagna, era appena rientrato dalla Groenlandia con qualche chilometro di pellicola. Pochi giorni dopo ci scrisse come se niente fosse che aveva scalato il Demavend nell'Iran. Si era nell'agosto. Da allora ad oggi la sua attività di instancabile giramondo deve essere stata altrettanto frenetica: il che rende inesplicabile come abbia potuto dare alle stampe, per la collana edita da Zanichelli e diretta da Walter Bonatti, questo suo straordinario I quattordici 8000: un'antologia, probabilmente la prima al mondo, che riunisce, narrate dagli stessi protagonisti, le scalate alle guglie che punteggiano 11 tetto dell'Asia, dall'Himalaya al Karakorum. Al ristrettissimo club degli Kottomilisti » Fantin appartiene ad honorem, da quando cioè fece parte della spedizione italiana che conquistò il K2, documentando quasi tutta la vittoriosa impresa. Ma da allora il morbo delle altezze lo ha contagiato in un modo che egli stesso non sa spiegare, sì che, quando non percorre o fotografa ghiacciai, ne parla e ne scrive. Negli anni seguiti alla grand* rivelazione della montagna, cioè posteriori al '54 (quando per molti l'età felice delle rischiose imprese sta per chiudersi) Fantin ha partecipato a dodici spedizioni alpinistiche extraeuropee, In Africa, nell'America del Nord, nelle Ande, nel Medio Oriente. In totale, secondo l suoi calcoli, diciannove montagne fra i 5 mila ed i 6 mila metri. Maggiore ancora deve però essere l'altezza complessiva della pila di libri e documenti vari che Fantin ha compulsato per questo suo volume. Nel quale, oltre tutto, gli italiani fanno la loro brava figura, a partire dal Duca degli Abruzzi fino al prof. Desio ed alla sua pattuglia, per non dimenticare i ragazzi del GasherbrumlV, anche se questo arriva solo a 7925 metri (c alcuni dicono 7980 metri precisa il pignolissimo Fantin) e quindi non può entrare, sia pure per un'Inezia per un capriccio della geologia, nella suprema aristocrazia degli ottomila. A parte il rigore della documentazione, che imporrebbe di per sé una certa aridità, oc corre precisare che il « tono > dell'opera è dato anche dalla scelta dei testi: tutti di prima mano, che conservano e comu nicano l'angoscia dei momenti supremi, quando l'uomo, anima e corpo, lotta ai confini della vita. In tutti, nel < solitario » Buhl, In Hlllary, nel giapponesi del Manaslu, neicinesi del Pangma, una volontà feroce di continuare adogni costo, contro tutte le prò-babilità di riuscire, a prezzodi torture feroci, con la piena coscienza della gratuità del gesto che può costare la vita Perché sulla cima sognata e conquistata non c'è niente altro, la cerimonia è sempre la stessa: una stretta di manoqualche fotografia, una bandie rina legata alla piccozza e lasciata a sventolare come segno di conquista, e poi la discesa con tutte le sue incognite paurose. Ma il valore del gesto assume un signifl cato simbolico enorme, e lo dice molto bene Tensing, lo scalatore dell'Everest, quando giunto alla massima altezza del la terra, costringendosi in una anglosassone freddezza, dap prima stringe correttamente la mano ad Hillary, ma subito dopo, pazzo di felicità, dimen tica di essere il povero, piecolo asiatico, e getta le brac ela, al collo del lungo neozèlandese, e tutti e due si baciano sulle guance e si danno grandi manate sulla schienaQuesto lassù, sul « tetto demondo »: ed il loro abbraccio sembra essere un esempio pele centinaia di milioni di uomini delle regioni che dallvalli dell'Himalaya prendono vita. Carlo Moriondo

Persone citate: Buhl, Fantin, Mario Fantin, Tensing, Walter Bonatti, Zanichelli

Luoghi citati: Africa, America Del Nord, Asia, Groenlandia, Iran, Medio Oriente