Le spese per i brevetti stranieri e la ricerca scientifica in patria

Le spese per i brevetti stranieri e la ricerca scientifica in patria Un problema economico, Gutturale e politico Le spese per i brevetti stranieri e la ricerca scientifica in patria Ora siamo debitori di brevetti e di tecnici con la Svizzera (12 miliardi nel 1964), i paesi del Mec, l'Inghilterra e soprattutto gli Stati Uniti (34 miliardi) - Abbiamo invece «venduto» la nostra assistenza ai paesi tecnicamente meno evoluti per 20 miliardi - E' in questo settore che potremo soprattutto sfruttare i nostri progressi scientifici - L'utilità della collaborazione internazionale Alcuni giorni or sono La Stampa riportava, da Roma, la notizia che l'Italia, tra le sue esportazioni invisibili del 1963, doveva includere la cifra di circa 67 miliardi, che noi paghiamo per sfruttare brevetti esteri o per compensare tecnici stranieri in relazione all'assistenza ch'essi ci danno. Forse il problema — poco noto nei dettagli agli stessi tecnici del settore economico — merita un maggiore approfondimento ed una più vasta conoscenza da parte del pubblico. Esso coinvolge, infatti, una questione di grande importanza per il nostro paese, nel momento in cui esso si avvia verso la programmazione econo mica: conviene pagare brevetti e tecnici esteri, oppu re incrementare la ricerca scientifica all'interno del paese ? E', indubbiamente, segno di alta civiltà e di efficiente collaborazione internazionale il fatto che brevetti siano scambiati tra Stati e che i tecnici di un paese aiutino gli operatori economici di un altro. Ma, visto sotto al tro aspetto, il problema si risolve nel fatto che i paesi poveri, quelli nuovi e quelli male organizzati, pagano ogni anno un certo scotto agli Stati, piccoli o grandi che hanno un progredito sviluppo tecnico e sanno sfruttare appieno le risorse intellettuali dei propri cittadini, valorizzandone le invenzioni e la capacità scientifica. Il materiale che si passerà ad esaminare deriva da una indagine speciale, opportunissima ed utile, che il ministro per il coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica ha fatto condurre dall'Istituto Italiano Cambi. Le cifre che seguono riguardano quanto noi paghiamo ad altri Stati (o da essi riceviamo) per l'uso di brevetti, disegni, marchi di - fabbrica, invenzioni e relativa assistenza, o per aiuto tecnico che pren de forma di consultazioni, trasferimento di esperti, controlli di fabbrica, studi di mercato, consigli o collaborazione nella distribuzione o nella produzione di beni e servizi, ecc. ecc. L'ammontare degli introi ti e degli esborsi qui riportato deve molto avvicinarsi alla realtà; possono infatti esistere pagamenti per le ricordate voci che slittano in quelle relative ai movimenti di capitale o alle operazioni commerciali ; ma con tutta probabilità, avviene anche il contrario, e vi è un compenso. L'Italia, per quanto concerne lo sfruttamento dei propri ingegni e della prò pria attrezzatura scientifica, ha introitato, nel 1963, L. 20.361.790.000; ma ha speso L. 86.951.795.000 per pagare questi vari tipi di royalties ai paesi esteri. H saldo negativo, è, quindi, di L. 66.590.005.000. A chi paghiamo e da chi ricevia mo? Dai dati esistenti divisi paese per paese abbiamo tratto il seguente prospetto LdptmatliscmvvTlImgmmlctnwtrr Liechtenstein e Principato di Monaco. Nell'Europa (esclusi i paesi satelliti e la Russia, tutti in debito verso di noi, meno la Cecoslovacchia) noi abbiamo crediti forti soltanto con la Spagna (2,5 miliardi), in particolare per il settore della metalmeccanica e, presumibilmente, per merito della Fiat e dell'Olivetti. Altri debiti modesti verso l'Italia concernono la Turchia (mezzo miliardo), la Grecia e il Portogallo. In Europa, ancora, ben 8,3 miliardi nostri vanno all'Inghilterra. Fuori Europa, 200 milioni sono versati al Commonwealth e ad alcune colonie inglesi. Siamo, per contro, modesti creditori di tutti i paesi dell'Asia (che non siano del Commonwealth ), degli Stati del Centro e Sud America (meno la repubblica di Panama e l'Uruguay) e di un certo nu¬ mero di paesi africani (esclusi: Liberia, Somalia, Senegal e Togo). Ma il nostro massimo debito è quello con gli Stati Uniti: oltre 34 miliardi. Questo breve esame territoriale indica subito le linee politiche da seguire: poiché non possiamo prescindere dall'aiuto di chi ne sa più di noi, bisogna che cerchiamo di insegnare a chi ne sa meno: abbiamo grandi possibilità nel Centro e Sud America, in Africa, in Asia e nei paesi dell'Europa orientale; verso queste zone dobbiamo dirigere la nostra opera di assistenza tecnica. Se consideriamo i grandi gruppi di industrie, non ve n'è uno solo nel quale noi non paghiamo più di quel che guadagniamo e ciò anche per i rami in cui l'Ita Ha eccelle. Sono queste le cifre che potranno indicare le strade dell'incremento della ricerca scientifica. Il saldo è in passivo di 22,5 miliardi per le industrie metalmeccaniche; di 12,4 per le elettriche; di 11,6 per le tessili; di 10,2 per le chimiche, ecc. ecc.; spendiamo persino 15,5 milioni per brevetti di giocattoli. Non è possibile diffondersi, per ragioni di spazio, sull'interessante problema. Esso andrebbe esaminato, alla luce delle sue relazioni con le nostre importazioni ed esportazioni, con le correnti migratorie, con l'affluenza di studenti stranieri negli Atenei e così via. E' certo, però, che la politica oggi in atto in Italia, di favorire largamente la ricerca scientifica, in pochi anni coprirà, con il miglioramento di questo solo campo, gran parte del proprio costo e ne risulteranno quasi gratuiti i benefici interni. Diego de Castro Noi siamo debitori di tutti i paesi del Mercato Comune; diamo 8,8 miliardi alla Germania; 4,3 alla Francia; 3,4 alla Olanda; mezzo miliardo al Belgio e 82 milioni al Lussemburgo. Siamo tributari di tutti i paesi scandinavi, con un massimo di 1,2 miliardi che vanno alla Svezia; versiamo alla Svizzera 12,3 miliardi e siamo debitori perfino di Stati piccolissimi:

Persone citate: Diego De Castro