Crisi delle classi dirigenti di Luigi Salvatorelli

Crisi delle classi dirigenti Crisi delle classi dirigenti Possiamo delincare per sommi capi tre periodi della politica interna italiana nel 1964 (di quella estera, che ebbe corso assai più facile e prospero, ci sarà occasione prossima di discorrerei. Primo periodo, quello del primo ministero Moro (4 dicembre 1963): ministero di prima piena realizzazione parlamentare-governativa del centro - sinistra, dopo quella parziale (senza partecipazione governativa socialista") del quarto ministero Fanfani. e il ministero « interinale » Leone seguito al ritiro di Fanfani, dopo le elezioni generali del 28 aprile 1963. All'inizio del primo ministero Moro il fatto politico più strepitoso fu la consumata scissione socialista, che dette luogo in gennaio alla formazione del psiup. Non fu per sé un fatto di importanza politica primaria; e si potrebbe dire che contribuisse a un chiarimento definitivo della posizione del psi. rafforzando il centro - sinistra medesimo, se non fosse che all'interno del psi rimase, con premeditato calcolo, qualche elemento ben deciso a trascinare tutto il partilo, col tempo e con l'occasione, sulla via di un neofrontismo. L'attenzione si distolse presto dalla scissione socialista tornando a concentrarsi intorno alla congiuntura e alle sue incidenze sulla situazione governativa-parlamentare. La destra, o diciamo il centro-destra, seguitò nella campagna contro il nuovo indirizzo politico, insistendo sull'ostracismo ai socialisti; l'estrèrria sinistra fu ancor più insistente nella politica di attizzamento dei malcontenti economici e delle lotte sindacali-sezionali, e di impedimento a provvedimenti organici secondo l'indirizzo della politica dei redditi. Questo indirizzo, oggi in attuazione in Inghilterra con il concorso degli imprenditori e dei sindacati operai, fu combattuto dalla demagogia massimalcomunista come calcolato sacrificio dei lavoratori al mantenimento del privilegio capitalistico, mentre era proprio codesta campagna a tentare la instaurazione di un privilegio delle aristocrazie sindacali. Particolarmente deplorevole fu la disorganizzazione dei servizi ferroviari provocata — non senza pericolo della incolumità dei cittadini, e con grave danno materiale e morale del Paese — dallo sciopero a singhiozzo a indefinite ripetizioni. Nel maggio le polemiche contro la politica congiunturale del governo invelenirono e poterono sfruttare l'occasione di un . dissidio particolare interno alla coalizione per la questione scolastica. Il rigetto di un articolo del bilancio portò a una crisi di governo, e alle trattative difficili e minuziose per la costituzione del secondo ministero Moro i 22 luglio), avvenuta sulla base di accordi in cui si volle vedere un annacquamento del centro-sinistra, mentre si trattava semplicemente di un adattamento alla realtà immediata. Si ebbero adesso, di fatto, due scissioni entro la de e il psi, rispettivamente dei fanfaniani e dei lombardeschi, tuttavia non spezzanti il vincolo formale del partito e del quadripartito, a cui favore andava il migliorato avviamento in corso della situazione economica, a dispetto degli uccelli di malaugurio. La nuova, grande battaglia politica si arenò. Il turbamento nuovo provenne dalla infermità del presidente Segni, clic prolungandosi tà . con improbabili- di piotio ristabilimento aprì la questione presiden-j ziale. Fu lo stesso illustre infermo, con risolutezza ispi- rata da alta coscienza, a troncare gli indugi e le discussioni, non condotte sem- spre con la discretezza e sc.| renità necessarie. La nobil- tà del suo atto.non servì a ispirare a tutti i partiti, e soprattutto a certe correnti interne ai partiti stessi, un giusto senso della funzio-| ne presidenziale, e dei cri-! tori a cui il corpo dottora-1 .le tutto avrebbe dovuto ispi- Lrarsi nella sua scelta. Non lè possibile sbrigarsela, do-|po quanto è accaduto, scm-jplicemente col ripetere: «Tout est bien ce qui finit]bien ». ! Primo e principale erro-[re fu quello della direzio-;ne democratico-cristiana la'quale, con speciose parole, |proclamò in sostanza il suo diritto di designare a preferenza di altri il candidato presidenziale in forza del suo « status » di partito più forte: « Quia nominor leo ». A ciò i tre partiti <; laici » (termine di cui fu fatto soverchio uso) opponevano che non conveniva attribuire continuativamente a un; partito — e tanto meno al più grosso partito — la carica suprema, superpartitica per eccellenza; e ciò, anche perché essa rimanesse aperta alle diverse capacità. I tre dunque presentarono un candidato che dava i maggiori affidamenti di equilibrio e capacità superpartitica, anche per il fatto delle dimensioni modeste del partito suo proprio. Attraverso le prime votazioni apparve, che proprio il partito pretendente al quasi diritto per la presidenza della Repubblica era scisso molteplicemente sulla scelta del Presidente. Di più: si vide che il principale candidato interno concorrente col designato ufficiale — a lievissima maggioranza, salvo errore — contava di farsi eleggere combinando la porzione del partito che avrebbe trascinato con sé progressivamente (come in una certa misura avvenne) con i voti comunisti, e quindi naturalmente anche con quelli socialisti, trasfor- mando così l'elezione presi denziale in una operazione neofrontista. La triplice rcpubblicanasocialdcmocratica - socialista si mantenne, ner una serie cospicua di votazioni, com J«r| ! 1 patta. Ma a un certo punto'il psi fece banda a parte, ; proponendo la candidatura ;PNonni: sembra certo che ili Deus rx machina di questa deviazione fosse la minuscola fazione lombardesca, da cui Nenni stesso si .lasciò trascinare con la prò Lpettiva di una rottura del lghiaccio e di unagrande vit. |toria dem„Cratica. Fu quinjdi accettata infine dalla de la rinunzia di Leone, men]fre ritornava, per iniziativa ! socialdemocratica, la candi- [datura Saragat, unica de-| ;stinata al successo, che si j 'ebbe con la sua accettazio | ne da parte democristiana ; l a a i e comunista, dopo assurdi tentativi di discriminazione da una parte e dall'altra, e non senza il perdurare sino alla fine di una notevole dis-j . , , ... sidenza democristiana, procacciante ai voti comunisti quel valore determinante anatemizzato dalla de. Ha scritto il Times: « Scelta| dell'uomo migliore per la via peggiore possibile ». Non c'è stata, neppure in prospettiva, una crisi di regime; c'è stata, e c'è, una crisi di classi dirigenti. Non la partitocrazia è il male, ma la scarsa consistenza e omogeneità dei partiti costituzionali, scindentisi in fazioni. Non può essere compito del nuovo Presidente della Repubblica provvedere a ciò: il presidente Saragat ha già enunciato, con la chiarezza di pensiero e la dirittura di volontà che lo distinguono; compiti e limiti della sua funzione. Ma tenendo fermo, e richiamando a ogni buona occasione, con la precisione e la discrezione da lui possedute, a quei principi e a quelle direttive fondamentali così felicemente e integralmente enunciate nel suo discorso inaugurale, egli eserciterà una influenza altamente benefica per questo necessario processo di educazione politica italiana. Guardiamo tutti a lui con fiducia e con speranza. Luigi Salvatorelli

Persone citate: Crisi, Fanfani, Nenni, Saragat

Luoghi citati: Inghilterra