Il processo di Galilei di Luigi Salvatorelli

Il processo di Galilei SCIENZA, FEDE E 1)1 K ITTI DELLA COSCIENZA Il processo di Galilei Fra le pubblicazioni galileiane in occasione del quarto centenario della sua nascita (15 febbraio 1564: lo stesso anno e mese, con soli tre giorni di precedenza, della morte di Michelangelo; e lo stesso anno, con due mesi di anticipo, della nascita di Shakespeare) tiene e terrà uno dei primi posti Vita e opere di Galileo Galilei del compianto (m. dicembre '62) nions. Pio Paschini, opera edita dalla Pontificia Accademia delle Scienze come primo e secondo volume di una « .Miscellanea Galileiana » in tre volumi. Si tratta di opera postuma, redatta più di venti anni fa, né dal Paschini — per quel che sappiamo — riveduta prima di morire. Essa si presenta pertanto in condizioni particolari, su cui non c'illumina, né 10 poteva, la brevissima «Premessa dell'autore », contemporanea della redazione. Nella presentazione che ne fu fatta a «Paesi Nuovi» al momento della pubblicazione vennero tuttavia indicate data e circostanze della redazione. Questa, cioè, fu compiuta dall'egregio studioso, universalmente e giustamente stimato, per incarico dell'Accademia suddetta, in vista del terzo centenario della morte del Galilei (164;). Quel centenario cadde — occorre appena ricordarlo — in piena guerra mondiale, proprio al suo momento culminante; e pertanto la pubblicazione non avvenne allora, e una volta accantonata, non fu più ripresa fino a che sopravvenne il centenario galileiano della nascita a farla ritornare attuale. Questa la storia esterna del libro; ma non si può non ricordare che contemporaneamente a quella sua presentazione venne raccontato in più quotidiani — senza che, a mia cognizione, seguisse smentita — che la ragione intrinseca dell'accantonamento era stata la contrarietà del pontefice Pio XII a una rievocazione vaticana della condanna di Galileo, che veniva ad assumere come l'aspetto di un mea culpa. Non ho, per conto mio, nessun dato per affermare esatta, od errata, questa versione. E' liti fatto che l'opera del Paschini mette in primo piano l'episodio famoso non tanto con 11 racconto di quella vicenda — condotto, come tutto il libro, con tranquilla, cronistorica diligenza, senza nessuno scalpore — quanto con la Introduzione sulle « Concezioni scientifiche al tempo di Galileo », la quale si accentra (come era naturale) sulla disputa fra i due « massimi sistemi ». Disputa che peraltro viene dal Paschini opportunamente inquadrata nella contrapposizione generale tra la vecchia scienza e la nuova. Non diremmo tuttavia che questo porti a un aggravio particolare per la condanna del Sant'Ufficio; piuttosto, a una maggior comprensione psicologica della medesima. Quello che nell'età nostra ha preso un posto culminante — che evidentemente non è un posto d'onore — nell'elenco dei conflitti tra scienza e autorità dommatica cattolico-romana, potè allora apparire a molti, forse ai più anche non cattolici, come una confluenza, un accordo fra scienza e fede. L'aristotelismo scolastico anticopernicano e antigalileiano ci appare allora, dalle testimonianze del tempo, ancora largamente dominante, sostenuto da quel senso comune di fronte al quale — ci ha insegnato Manzoni — il buon senso corre qualche volta a nascondersi, per non avere troppe noie. E' cosa abbastanza nota (o almeno dovrebbe esserlo) che la contrarietà contro il sistema copernicano fu larga e profonda nel campo protestante non meno che in quello cattolico, già vivente Copernico: basti citare Lutero, che lo chiamò pazzo e buffone. Copernico sapeva tanto bene di questa ostilità, che, pure acconsentendo a una divulgazione delle sue idee, non si decise alla pubblicazione del classico De reiolutioiiihiis orbitari coelestimn se non l'anno ultimo della sua vita (1543): e anzi si racconta che ne ricevesse il primo esemplare sul letto di morte. E occorre anche tener presente che il sistema quale risulta da quella esposizione personale e integrale era ben lontano ancora dalla semplicità e dalla forza dimostrativa della elaborazione definitiva. Dato, pertanto, il concetto letterale e totale della ispirazione biblica allora comune n protestanti e a cattolici, non era privo di qualche fondamento il consiglio del cardinal Bellarmino (• non soltanto di lui; ma egli era certamente il più autorevole) di limitarsi ad esporre il sistema copernicano in via ili ipotesi matematica. Sennonché chi rese materialmente impossibile l'applicazione di questo metodo prudenziale fu proprio la sentenza 25 febbraio 1616 del Sant'Ufficio, emanata con la partecipazione del Bellarmino sotto la presidenza del papa. Essa affermò assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, l'opinione del sole centro immobile del mondo; e altrettanto assurda e falsa in filosofia, e per lo meno erronea nella fede, l'opinione che la terra non fosse centro del mondo, né immobile. Dopodiché il Bellarmino comunicò ufficialmente al Galilei il divieto di professare tali dottrine erronee. Sul carattere e sui termini precisi di questa comunicazione bcllarminiana si è disputato e ti disputa. Ci sono due documenti curiali in proposito, il secondo dei quali, formalmente più grave, e stato impugnato come apocrifo. Chi si è distinto recentemente nel sostenere tale tesi è stato uno studioso statunitense, Giorgio de Santillana, di cui si veda lo studio Processo a Galileo (trad. it. Mondadori, iy6o). Il de Santillana pretende addirittura di spostare le basi dell'interpretazione storica e del giudizio morale circa il processo inquisitoriale a Galileo del 1633. Il vero scandalo di questo consisterebbe non nell'abiura richiesta al Galilei, e ottenuta, ma nella imputazione giuridica fattagli di violazione di un precetto personale che non c'era stato mai. Bellarmino, teologi del Sant'Utììcio, papa Urbano Vili, tutti quanti, non sarebbero i più gravi colpevoli, ma piuttosto le vittime e parallelamente Galileo non avrebbe violentato la propria coscienza con un vero e proprio mendacio; ma ci sarebbe stata una specie di errore giudiziario in seguito a quella falsificazione ai suoi danni della comunicazione fattagli nel 1616. Sembra a me che il de Santillana abbia enormemente esagerato la portata della presunta falsificazione Anche ridotta la comunicazione del Bellarmino a Galileo nei termini accettati dal Santillana come autentici, essa conteneva pur sempre il divieto di professare la dottrina copernicana; e il processo a Galileo, con la intimazione tinaie e la pronuncia dell'abiura, furono pur sempre basati sulla imputazione di aver violato quel de¬ creto professando o almeno favorendo la dottrina giudicata ereticale, e rendendosi cosi « veementemente sospetto di eresia ». Significa travisare e svilire la portata storica e morale del processo e condanna di Galilei) ridurli alla questione giudiziaria della violazione o no di un precetto formale. Essa, invece, continua a sussistere nella pretesa di far intervenire la valutazione religiosa di ortodossia o di eresia in una questione scientifica, in cui né la religione né a morale potevano ragionevolmente considerarsi compromesse, nella violenza fatta alla coscienza di uno scienziato credente ponendolo innanzi all'alternativa o di provocare la propria rovina religiosa e temporac. o di mentire rinnegando ciò che egli riteneva verità. Luigi Salvatorelli am 1 it 1111111111111111111 ■ in 1 ■ un in 1111111 Miii