La rinuncia del Capo dello Stato e le prime indicazioni dei partiti di Michele Tito

La rinuncia del Capo dello Stato e le prime indicazioni dei partiti La rinuncia del Capo dello Stato e le prime indicazioni dei partiti (Dal nostro corrispondente.) Roma, 5 dicembre. Il presidente Senni si dimetterà domani. Domattina l'on. Moro sarà invitato al Quirinale, il segretario generale della Presidenza delta Repubblica gli rimetterà una lettera in cui Segni comunica al Presidente del Consiglio, affinché ne informi gli organi costituzionali interessati, la propria rinuncia alla, carica motivata dalle condizioni fisiche in cui versa e dal bisogno di un lungo periodo di riposo. Moro darà notizia della cosa al presidente-vicario Merzagora, al presidente della Camera Bucciarclli Ducei e al presidente anziano del Senato Zelioli-Lanzini. Il Consiglio dei ministri, che non può essere convocato prima che esistano le dimissioni, .si riunirà « d'urgenza > alle 18: Moro vi leggerà la lettera di Segni e la dichiarazione dei medici curanti che attesta della piena capacità di intendere e di volere dell'infermo e in¬ formerà i colleglli delle conversazioni avute con Merzagora, Bucciarelli Ducei e Zelioli-Lanzini perché siano tratte le dovute conclusioni d'ordine politico-costituzionale. Verrà poi naturalmente decisa, sulla base dell'intesa con Merzagora, Bucoiarelli Ducei e Zelioli-Lanzini, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei due documenti: l'annuncio delle dimissioni e l'attestato dei medici. Alla fine, si presume verso le 20,30, lo stesso Presidente del Consiglio informerà il paese dell'accaduto attraverso la televisione. Tutto questo, materia preziosa per i dubbi dei costituzionalisti che hanno dominato la vicenda fino all'ultimo minuto, potrebbe, a quanto pare, subire una. modifica soltanto in un punto: vi sono, cioè, pressioni affinché la lettera di dimissioni non sia consegnata al solo Moro ma anche a Merzagora, Zelioli-Lanzini e Bucciarelli Ducei. Altri ancora ritengono fondamentale che la lettera sia consegnata al solo presidente della Camera in qualità di rappresentante dell'intero Parlamento. Sono le ultime dispute. Comunque ri solfe, non toccano la sostanza; non modificano- il eorso della vicenda e non investono la, validità della rinuncia di Segni. Tutto quel che esse possono fare è di dar corpo all'ipotesi, giudicata stasera estremamente improbabile, del rinvio di ogni cosa a lunedì. Le ragioni che hanno indot to il Presidente infermo e suoi familiari a scegliere la soluzione delle dimissioni prima dell'avvio della procedura di accertamento che doveva portare alla dichiarazione di impedimento permanente sono ragioni facilmente comprensibili: anche se comandata dalla legge e dalle superiori esigenze della normalità costituzionale, la procedura prevista sarebbe riuscita mortificante al Presidente e ai suoi familiari. Il fatto die la si sia evitata trova, soddisfatti un po' tutti. E, per una ragione di umano riguardo, dell'attestato medico sul pieno possesso di Segni delle proprie facoltà intellettuali non verrà data lettura pubblica, neppure alla Camera. La pubblicazione sulla. Gazzetta Ufficiale dovrebbe bastare a dare il massimo di garanzie. L'annuncio formale alla Camera dei deputati e al Senato verrà dato lunedì o mercoledì (martedì è giornata festival sempre da Moro. Preso atto delle dimissioni, e constatato che non esistono obiezioni, né a Montecitorio né a Palazzo Madama, toccherà al presidente della Camera convocare deputati e senatori e i tredici rappresentanti delle Re giovi a statuto speciale per la seduta congiunta in cui dovrà essere eletto il nuovo Presidente. La convocazione è prevista per giovedì 11 dicembre: quando cominceranno le votazioni, Segni sarà già a Napoli, ospite dello Stato in Vil- [la Rosebery (è probabile, aniiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiitiiiiiii :;tiiiMiiiiiiiii:tie3 zlpllmndsmsgdctiddsvsblgctmsd i a è e - e, oi tsa ò rre a nne tnee ll¬ zi, che egli lasci U Quirinale lunedì o martedì). Queste sono, con qualche possibile variante marginale le cose sicure. Per il resto l'incertezza è totale. Il problema della successione, esaminato oggi in una lunga serie di incontri da tutti i respon sabili, è un problema total mente aperto: nella sua sostanza politica, nelle sue esigenze di metodo, nella proce dura da seguire all'interno di ciascun gruppo. Il primo pun to che la de e i suoi alleati intendono stabilire è quello della possibilità di una candì datura concordata del centro sinistra. Non c'è soluzione in vista: i partiti laici (sociali sti, socialdemocratici e repubblicani) propongono alla de la candidatura dell'on. Saragat: la de non ha ancora de ciso, ma il gioco delle correnti nel suo interno fa in modo che, almeno sul terreno preliminare delle trattative per la candidatura unica, essa si tro vi costretta a rispondere negativamente. La risposta non verrà dalla segreteria del partito, verrà dai gruppi parlamentari che saranno invitati a pronunciarsi dall'on. Rumor, e i gruppi parlamentari lo faranno giovedì. o venerei. . Il secondo punto riguarda esclusivamen te la de: dovendo presentare una candidatura democristiana, conviene invitare i gruppi parlamentari a fare una designazione unica o a proporre una rosa di nomit E' il quesito, difficilissimo, che tormentò la de per molti giorni prima delle elezioni di Segni. Nel partito c'è divisione: costringere i parlamentari a pronunciarsi per una candidatura unica sì gnifica correre rischi, poiché la votazione è segreta, per la disciplina di partito; consentire candidature numerose significa per la de presentarsi alle votazioni in condizioni di debolezza e lasciare arbitri gli altri partiti della scelta: diventerebbero più insidiose le manovre dei comunisti che aspirano a sostenere un democristiano contro Saragat. All'interno del gruppo democristiano i nomi che si fanno sono tre: Fanfani, Leone e Taviani. Il primo ha il sostegno, soprattutto dei propri seguaci di corrente; Taviani sarebbe invece proposto come candidato del centro-sinistra col rifiuto dei voti dell'estrema sinistra e dell'estrema destra, Leone, € uomo di riserva », per una soluzione più largamente unitaria. Né Leone né Taviani ambiscono a contrapporsi a Saragat, né l'uno né l'altro intendono comunque personificare una divisione all'interno del centrosinistra. In queste condizioni, il compito della segreteria democristiana è di una difficoltà estrema e, come le esperienze passate hanno dimostrato, manca la sicurezza della compattezza dei parlamentari del partito al momento della votazione, che è segreta. E' scontato fin d'ora che le prime tre votazioni non daranno risultati, perché occorre una maggioranza di due ferzi. E' così facilmente prevedibile che le decisioni che contano verranno prese soltanto dopo le prime tre vo fazioni. Per completare il quadro, va segnalato che rimangono va lide le candidature di Merzagora, favorito dalle difficoltà u. un accordo, e di Buccia-rei li Ducei. Per ora, quel che si riesce a capire è che la fase inizia le della, battaglia trova il cen tro-sinistra diviso sulla stra tegia da adottare: l'A vanti! avverte che è essenziale stringersi intorno a un laico (cioè intorno a Saragat) e auspica una maggioranza composta da socialisti, socialdemocratici, repubblicani e le correnti democristiane più favorevoli alla formula attuale; la democra zia cristiana sembra, compatta almeno in questo, decisa a far prevalere un proprio uomo; i comunisti hanno un solo obiettivo: creare difficoltà al centro-sinistra, G che significa che tutte le sorprese sono possibili. Michele Tito

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